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L’idea, per un verso, che il diritto di elaborazione scientifica incarni la ratio scripta, tuttavia in grado
di attingere non solo al grande serbatoio degli istituti giuridici di matrice europea ma anche a quel
formidabile veicolo di legittimazione che è rappresentato oggi dal mercato concorrenziale.
La scelta, per altro verso, di imboccare la strada della codificazione, in ossequio alla tradizione
continentale di civil law, non a caso avversata da quanti, in ossequio alla tradizione di common law,
preferirebbero il ricorso allo strumento meno impegnativo del Restatement.
I progetti di codice sin qui elaborati in sede dottrinale, i Principi Unidroit, i Principi di diritto
europeo dei contratti (PDEC), il Code Européen des contrats (Codice Gandolfi), i Principles of
European Law (PEL), si inseriscono in un contesto poco chiaro a tal proposito.
Infatti, il Parlamento, ha invitato la Commissione Europea a proseguire il lavoro di edificazione di
un Common Frame of Reference (CFR) per il diritto dei contratti europeo, ossia di un corpo di
principi e regole volti alla disciplina del contratto in generale e dei contratti più frequentemente
utilizzati nei rapporti tra imprese transfrontalieri, con l’importante precisazione «che il risultato
finale a lungo termine potrebbe essere uno strumento vincolante».
Ciò si evince nella Risoluzione del Parlamento Europeo del 2006 con la quale si formula la
convinzione che un mercato interno uniforme non può essere pienamente funzionale senza
ulteriori progressi verso l’armonizzazione del diritto civile.
Tuttavia, le perplessità manifestate dalla Commissione Europea e dalla House of Lords del Regno
Unito, hanno revocato in dubbio nello stesso torno di tempo l’opportunità che il cd. CFR consista in
un vero e proprio codice o comunque in uno strumento non opzionale, ma hard e cioè vincolante.
L’ultimo passaggio degno di nota nel moto pendolare europeo è costituito dal Draft Common Frame
of Reference (DCFR) ad opera del Gruppo di studio per un codice civile europeo diretto da Christian
von Bar e del Gruppo Acquis che è stato inviato alla Commissione 2007.
L’idea di un «Quadro comune di riferimento» si è così precocemente affievolita nella
predisposizione di un progetto preliminare che a sua volta è incappato nella mannaia della
Commissione la quale nel 2010 ha optato expressis verbis per un diritto europeo dei contratti
facoltativo.
L’ambito sembra, infine, ulteriormente restringersi ad opera della Commissione con la recentissima
Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on a Common European
Sales Law del 2011.
Essa vorrebbe introdurre uno strumento opzionale a disposizione dei contraenti per le vendite
transfrontaliere tra professionisti e consumatori ma anche b&b, purché almeno una delle parti sia
un’impresa medio-piccola, che consente ai contraenti la “deroga consensuale al diritto
internazionale privato e l’adozione di una disciplina uniforme a sfondo protettivo della parte
debole”.
Il Diritto Privato Europeo in Senso Formale
Il diritto privato europeo in senso formale, munito anche del requisito della territorialità, si ritiene
solitamente che promani dal diritto europeo in senso proprio, quello dell’Unione europea, contenuto
in particolare nel Trattato di Roma come aggiornato successivamente, nelle direttive, nei regolamenti
e poi nella Carta dei diritti di Nizza e nella proposta Costituzione europea.
In mancanza di fonti vincolanti o successivamente ad esse, quando vi siano, il diritto privato europeo
in senso formale può sempre farsi consistere nei «principi comuni ai diritti degli Stati membri»
secondo l’espressione dell’art. 340 TUE.
La norma si riferisce alla materia della responsabilità extracontrattuale della Comunità, ma viene
ormai estesa nella communis opinio a tutte le materie nelle quali la rilevanza europea dei fenomeni
da regolare non abbia dato luogo ad una apposita disciplina di fonte comunitaria - od ancora -
nelle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri in tema di diritti fondamentali di cui all’art.
6.3 TUE.
Il diritto privato europeo in senso formale come diritto para-costituzionale dell’Unione
europea
Il discrimine corre tra “norme precettive” come i Trattati i regolamenti e le direttive sufficientemente
dettagliate da consentirne la diretta applicazione e “norme programmatiche” come le altre direttive
bisognose necessariamente di attuazione.
Allorché ci si ritrovi dinnanzi a principi o regole immediatamente rivolte ad un’autorità
istituzionale (nella specie statuale) competente a tradurle in precetti normativi erga omnes, si dovrà
parlare non di diritto privato in senso proprio, ma, di diritto para-costituzionale riguardante le
guideline dell’ordinamento unitario in materia di rapporti interprivati.
Il diritto privato europeo in senso formale come diritto applicabile dalle corti
sopranazionali e nazionali
La Corte europea di Giustizia e, in prima istanza, il Tribunale di I grado, non si limitano al controllo
del rispetto, da parte dei Paesi membri, degli obblighi sanciti dal diritto comunitario od
all’annullamento degli atti legislativi di fonte, od ancora al vaglio della legittimità dell’eventuale
inerzia delle istituzioni comunitarie, ma provvedono anche alla condanna dell’Unione europea al
risarcimento dei danni causati ai cittadini ed alle imprese e, in virtù del rinvio pregiudiziale da
parte dei giudici dei Paesi membri, al l’interpretazione vincolante erga omnes del diritto
comunitario.
La Corte europea dei diritti dell’uomo, a sua volta, che opera pur sempre nello spazio europeo
ed ha affermato un suo ruolo anche nell’ordinamento dell’Unione europea, è competente a
decidere, sui ricorsi interstatali in caso di inosservanza di una parte contraente della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
Le Corti nazionali dei Paesi membri, infine, secondo l’insegnamento della Corte europea di
Giustizia, invece, applicano le norme precettive di fonte comunitaria senza dover attendere la previa
rimozione delle norme interne contrastanti.
Possono, inoltre, applicare immediatamente persino le direttive non attuate, che istituiscono diritti in
capo ai singoli, a condizione che tali direttive siano sufficientemente dettagliate.
Si tratta, però, di un’efficacia diretta che, tuttavia, funziona solo verticalmente nei rapporti anche
privatistici tra il singolo e lo Stato e non orizzontalmente nei rapporti tra i privati.
Il diritto privato europeo come riparto di competenze tra il diritto comunitario e i
diritti nazionali
L’idea di un riparto di competenze tra i diritti nazionali ed il diritto di matrice sovranazionale non è
certo una novità dei nostri giorni e non riguarda solo l’Europa.
È un’idea primordiale che implicitamente richiama la distinzione tra «mercato» e «non mercato» e, per
questa ragione, si muove ancora in orizzontale adottando per così dire un criterio di competenza per
materia.