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SPONTANEITÀ/SEMPLICITÀ VS “TABE LETTERARIA”: IL TEMA DELLA MALATTIA = TEMA
DELLA LETTERATURA
In coerenza con la rappresentazione della malattia come il luogo dell’arte, quale si incontra nella letteratura fra
la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento (Thomas Mann, D’Annunzio, Svevo, ecc.), Gozzano congiunge
arte e malattia, morte e poesia. La malattia dell’artista è il simbolo della malattia mortale della poesia nel
mondo borghese, respinta, rifiutata, negata: ma quella malattia è pure il privilegio del poeta, che l’usa come
difesa contro gli sforzi di assorbimento e di integrazione che il contesto sociale, più o meno terroristicamente,
compie su di lui (si legga, ad esempio, Alle soglie).
Il commesso farmacista
❖ L’analfabeta
❖
IL RAPPORTO CON IL MONDO BORGHESE (PERDITA DELL’AUREOLA) À IMPOSSIBILITÀ
DELLA POESIA, TEMA DELL’ESILIO
Infine, c'è il vero e proprio esilio, quello di Totò Merumeni nella vecchia villa del Canavese, con la madre
inferma, la vecchia prozia, lo zio demente (le figure dell'anormalità rispetto alla regola borghese: la malattia, la
vecchiaia, la follia), con la compagnia del gatto, della ghiandaia, della bertuccia di nome Makakita: ed è un
esilio fisico e simbolico, al riparo del quale gli è possibile far nascere “una fiorita d'esili versi consolatori” (e,
al tempo stesso, al riparo da ogni tipo di commozione e di emozione borghese, nella più completa aridità, nel
deserto di ogni convenzione e pateticità, quale Totò Merumeni si è costruito o ha ottenuto all'interno di un'altra
malattia, quella dell'anima, che si è inaridita fino in fondo). La poesia, insomma, è sempre altrove rispetto allo
spazio dominato dalla norma borghese. La sua astuzia (disperata) consiste nel trovarsi i luoghi dove durare e
attuarsi, al prezzo della morte, dell'esilio, dell'impiego in essa della giovinezza, che così si perde e consuma e
vota alla malattia, alla distruzione.
Ma il discorso di Gozzano sull'impossibilità della poesia nel mondo borghese, che coincide con la
coscienza di trovarsi alla fine dell'esistenza dell'arte, di assistere alla morte dell'arte, vuole anche tentare la
salvezza e la conservazione dello splendido passato di bellezza, raccogliendolo, come in una specie di
museo, all’interno della propria opera
Totò Merumeni
❖
Esiliato dal mondo dove scrive per una funzione autoconsolatoria > poesia è sempre altrove rispetto allo
spazio dominato dalla borghesia. Il prezzo della poesia è l’ESILIO, della SOLITUDINE in Totò (Albatros).
Una della NOVITÀ peculiari della poesia gozziana > gli elementi del mondo borghese entrano nel testo
poetico: sono le BUONE COSE DI PESSIMO GUSTO. C’è una volontà di preservare questi elementi di
quotidianità (es mobili che arredano salotto borghese, conversazioni sulle novità, sull’arte e sulla politica) >>
ironia ma al tempo stesso NOSTALGICO.
La rinuncia alla grande parola della lirica (fine del tempo del Poeta) si riflette su un’altra rinuncia > la sua
ESTRANEITÀ verso il tempo in cui si trova: rimpianto del passato, sognare un’amore impossibile da vivere
pienamente… > consapoevolezza che si è arrivati troppo tardi >> la letteratura e il troppo pensiero ci allontana
e inaridisce la spontaneità.
|
Nell’artificio della letteratura amare davvero diventa impossibile >> i poeti cantano grandi amori FINTI
(D’Annunzio lo fa sempre, non è lirica vera) e approntano una storia, un prodotto che non ha niente di
spontaneo e non è la vita vera.
C’è, in Gozzano, presente sempre una duplice posizione nei confronti della durata della poesia e del rapporto
della poesia con il mondo borghese: da un lato, la dichiarazione di impossibilità e di morte; dall’altro, l’ironica
(e un poco masochistica) rappresentazione dell’unico e degradatissimo modo in cui si può tentare la poesia
nel contesto sociale e borghese. Il rapporto (strettissimo) di Gozzano con D’Annunzio, che è uno dei temi
costanti della critica gozzaniana […] si chiarisce proprio nell’opposta risposta che essi danno alla coscienza
dell’impossibilità della poesia nel mondo borghese: per d’Annunzio, la contrapposizione della propria
eccezionalità solitaria alla banalità e alla volgarità borghese; dalla parte di Gozzano, invece, il senso
dell’illusorietà, quindi dell’improponibilità di tale prosopopea, donde l’ironia e la parodia come le figure entro cui
le citazioni si sistemano all’interno del discorso gozzaniano, capaci di misurare lo stacco ormai incolmabile tra
il sublime dannunziano e la condizione degradata delle situazioni e delle cose nel mondo
contemporaneo, dominato dall’economicità borghese, G. Barberi Squarotti, Introduzione a Gozzano, Poesie, BUR 2018
L’ipotesi (parodia e sogno proiettato “in avanti”: una vecchiaia borghese)
❖
Amare d'amore non è possibile, oggi: non rimane che la coscienza del gioco fra l'intellettualistico e il
dissacrante (che è poi quello che perfettamente si accorda con il rapporto con le donne sofisticate che
meditano Nietzsche, le donne che vivono nell'atmosfera rarefatta e d'eccezione del poeta e della poesia,
malate anch'esse come è il poeta, almeno di quella malattia preziosa e raffinata che è tipica degli intellettuali,
quale è la nevrosi […]), intorno alla brutalità del sesso. L'ironia misura ancora una volta il distacco che c'è fra
la contemplazione del passato autentico e adeguato al sentimento e alla poesia e il presente arido,
brutale, volgare, negatore, al tempo stesso, dell'amore e dell'arte. Il presente è di ragazze come Ketty, «bel
fiore del carbone e dell'acciaio », « cerulo-bionda, Ie mammelle assenti, ma forte come un giovinetto forte », «
signora di sé, della sua sorte», che gira il mondo prima di convolare a giuste nozze con il cugino di Baltimora:
Ketty, che misura ogni cosa secondo la misura del denaro, esattamente integrata nelle convenzioni e nelle
regole della produzione capitalista, Di fronte a lei il più bel verso della poesia italiana diventa
impronunciabile, provoca il riso (come la scoperta che Carlotta non si è davvero reincarnata, che
l'esperimento è fallito, la finzione è subito caduta). È ridicolo, infatti, di fronte alla ragazza americana,
emancipata e padrona di sé, adoratrice del successo e del denaro, rievocare la grande poesia del passato, e,
al tempo stesso, citare i grandi archetipi romantici di Amore e Morte
Ketty
❖ L’esperimento
❖ Il rapporto con Baudelaire
❖
Gozzano […] spinge fino in fondo il pedale dell’autoironizzazione nostalgica. La sua poesia (La via del
rifugio, 1907; I colloqui, 1911) è stata raggruppata con quella di altri poeti di tono minore (Moretti, Corazzini,
Govoni), per farne una esperienza: quella «crepuscolare». Più il tempo passa, e più ci si accorge che Gozzano
è un caso unico e va isolato. L’interno borghese, che egli compone, è esemplare. C’è, tutta intera, la
consapevolezza di una condizione sociale, che le vicende mettono al margine, in una specie di museo liberty
vivente, e c’è, al tempo stesso, la nostalgia per una realtà passata, dove il poeta e il borghese (secondo
modelli dannunziani parodisticamente rifatti) contavano ancora assai. «Gozzano... attraversa D’Annunzio
come Baudelaire aveva attraversato Hugo. Sia Baudelaire, sia Gozzano, da buoni romantici (Baudelaire, si
capisce, romantico autentico; Gozzano, si capisce altrettanto bene, romantico rovesciato), intendono
perfettamente la precisa antinomia che si pone, storicamente, tra poesia e civiltà borghese» [E. Sanguineti].
Ma l’effetto di choc, sebbene non manchi, è come attutito e soffocato dal senso di dignità del borghese, che si
rinchiude nel proprio guscio, perché non è riuscito ad annullarsi del tutto nel poeta e ha vergogna di farsene
accorgere; e nella dimessa semplicità del verso, nel gioco ironico delle rime – poiché ormai la poesia non è
più una cosa che conta -, cerca di farla passare per un gioco di ragazzo ingenuo, riluttante a crescere e
a farsi borghese sul serio.
IMPOSSIBILITÀ DI AMARE (IMPOSSIBILITÀ DEL VERO SENTIMENTO)
Il fatto è che Gozzano verifica l'impossibilità, anche, del sentimento autentico, nella contemporaneità
borghese. Anche l'amore è sempre altrove rispetto al mondo in cui il poeta vive: nel passato, soprattutto,
così come nel passato è la poesia, è la possibilità di fare poesia; amore e poesia sono, romanticamente, due
aspetti di uno stesso problema. Totò Merùmeni non può « sentire », in quanto « un lento male indomo / inaridì
le fonti prime del sentimento », e, nell'impossibilità dell'amore, l'aridità è la sua scelta, e a essa perfettamente
si adegua la sostituzione a ogni sogno sentimentale del più semplice esercizio del sesso (egli ha, infatti, per
amante la cuoca diciottenne: in più, in questo modo, brutalmente opponendo alle convenienze borghesi tutta
una serie di situazioni trasgressive: l'amante minorenne, la posizione amorosa non canonica, ecc.). Il gioco del
silenzio, Una risorta, Un'altra risorta confermano, nel contempo, l'impossibilità dell'amore e la praticabilità
esclusiva del sesso, in un mondo in cui domina l'inautenticità del sentimento, di ogni sentimento, ma
soprattutto di quello d'amore. Gozzano rinasce nel 1850 per contemplare Carlotta, l'amica di nonna
Speranza, l'unica che, in quanto conclusa nel passato, avrebbe potuto amare d'amore, proprio perché quel
passato romantico, pur svenevole e goffo e mediocre, era il tempo dell'amore non ancora adulterato,
cancellato, distrutto dall'inautenticità della vita borghese. G. Barberi Squarotti, Introduzione a Gozzano, Poesie, BUR 2018
L’amica di nonna Speranza
❖ L’esperimento
❖ Il responso
❖
LA PROMESSA DELLA FELICITÀ/DELLA VERITÀ: SEMPRE ALTROVE, “UN PO’ PIÙ IN LÀ”
La più bella (personaggi femminili gozzaniani: Il responso, L’amica di nonna Speranza…)
❖
IL COMMESSO FARMACISTA
Ho per amico un bell’originale alle gioie del vino e dei tarocchi?
commesso farmacista. Mi conforta Piangeva. O morta giovane modista,
col ragionarmi della sposa, mort