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Estratto del documento

XV-XVI.

Lavagetto, importante critico sveviano, si è spesso mosso nelle sue osservazioni sul

versante psicoanalitico.

L’interpretazione psicoanalitica del romanzo, tuttavia, non è l’unica: un piano è quanto è

stata importante la psicoanalisi nella stesura di Zeno, un altro è dare un’interpretazione

psicoanalitica dell’opera in modo retrospettivo, facile in questo romanzo per via del rapporto

problematico con la figura paterna, tema chiave in Freud, che parla di complesso di Edipo.

Edipo, protagonista dell’omonima tragedia greca, uccide il padre e sposa la madre, tutto

inconsapevolmente. Secondo Freud, che rielabora il mito in chiave psicanalitica, il padre per

il bambino è rivale nell’amore della madre. Questo schema si inserisce in un concetto

spiccatamente borghese e tradizionale, suscitando non poche critiche a Freud per via della

sua prospettiva maschiocentrica e borghese centrica.

In Tozzi e Svevo, il problema del rapporto con il padre è un tema generazionale,

determinato storicamente per via dei cambiamenti storici fra le due generazioni, ma anche

universale, e non esente dalle influenze della psicanalisi, che lo inseriscono in una teoria

scientifica affermando che alla base vi è un complesso e non superarlo crea una nevrosi.

Un libro come La coscienza di Zeno, con la prefazione di uno psicanalista, può essere

facilmente letto in modo immediato in chiave freudiana, nella misura in cui vi è non solo un

padre, ma anche un padre surrogato, il Malfenti: un padre senza contrasti che, proprio in

virtù di non essere il vero padre, può essere fonte di consigli e ammirazione a tal punto di

voler essere come lui e sposare una qualsiasi delle sue figlie, ad esclusione della piccola

Anna che in alcuni momenti cerca di smascherare Zeno, dandogli del pazzo e squarciando il

velo, uscendo dalla logica costruita dal personaggio principale.

Quando Anna fa scenate, Ada, imbarazzata, arriva ad essere affettuosa verso Zeno, che

scambia il suo imbarazzo per interesse sentimentale: la bambina diventa uno strumento del

possibile gioco di seduzione che Zeno imbastisce.

Nel passo di Lavagetto, al narratore inattendibile viene accostata quella del lettore

incredulo. La credulità del lettore è necessaria nell’economia di un romanzo: il lettore si

immagina anche cosa i personaggi fanno nelle parti del testo non raccontate. Svevo vuole

allontanarsi da questa dimensione per tematizzare questa questione, mettendo al centro il

rapporto fra verità, personaggio e confessione. Affinché questo diventasse il tema del

romanzo, bisognava rinunciare alla credulità del lettore.

Non per questo il romanzo è meno avvincente: il fatto che la confessione di Svevo non sia

attendibile non la rende meno affascinante.

La psicoanalisi serve a Svevo come strumento narrativo che dà la possibilità di creare un

romanzo della superficie con la versione dei fatti e un romanzo più profondo che scava

nel non detto, nelle auto giustificazioni, nelle difese.

Si configura quasi una confessione giudiziaria in cui Zeno deve difendersi dal

lettore-giudice, che la legge sapendo di dover cercare indizi nascosti nei lapsus e nelle

contraddizioni del narratore. Non vi è una verità dei fatti da stabilire, nessuno ha la chiave

dell’inconscio di Zeno; tuttavia, esiste la questione del doppio piano, quello della confessione

e quello che vi si cela dietro.

Svevo intende esattamente questo quando definisce la psicoanalisi come un “alibi per i

romanzieri”: è uno strumento narrativo che offre la potenzialità di capire di più sugli uomini.

Un altro tema è il problema del desiderio, un oggetto romanzesco per definizione, ad

esempio in Elias Portolu.

Nel parlare del matrimonio, Zeno sostiene che lo abbia diretto la Natura: in realtà, è il suo

desiderio di stare vicino al Malfenti che lo spinse a prendere in moglie una delle sue figlie:

sceglie il suocero, e nonno dei suoi figli, prima ancora di scegliere la moglie.

Quando, sul letto di morte, il Malfenti afferma che darebbe a Zeno la sua malattia, anche

raddoppiata, pur di tornare a camminare, quest’ultimo non solo non si offende, ma la sua

stima per il suocero aumenta: in Malfenti ammira ciò che lui non ha, compreso il cinismo: il

voler essere come lui è dovuto al fatto che il Malfenti è completamente altro rispetto a lui,

anche in questo cinismo premorte.

Addirittura, il fatto che il Malfenti attribuisca a Zeno “ubbie umanitarie" gli pare un

complimento assoluto e che conferma le sue auto spiegazione sulle sue debolezze.

Vi sono sempre due sguardi: quello di Zeno giovane, che si sentiva debole e spiegava ciò

con il suo altruismo, e lo Zeno maturo che riconosce che fosse un'auto spiegazione di

comodo: “l’occhio sprovveduto e l’occhio onnipotente” (N. Ginzburg).

Nel passaggio successivo, Zeno afferma che piange sulla tomba del Malfenti non solo per la

sua morte ma per la parte di sé che ha perso con lui: un pensiero egoistico. Malfenti dava

risalto alla sua cultura, alla sua debolezza: non è un generale sentimentalismo, ma la

presenza del suocero, così diverso da lui, metteva in risalto Zeno.

Malfenti è il “secondo padre”: il Malfenti dal racconto appare come un personaggio

meschino, e non è chiaro perchè Zeno decida di raccontare determinati episodi: per lodarlo

o denigrarlo.

Zeno afferma di aver “studiato” il Malfenti: probabilmente si riferisce proprio all’atto di

scrivere la sua autobiografia, che sta avendo un potere conoscitivo.

Zeno piange dunque essenzialmente per due motivi: perché le caratteristiche negative del

Malfenti esaltavano le sue positive, e perchè, dopo la sua morte, perde per sempre la

possibilità di conoscere una parte di sé: è legittimo chiedersi se la sua relazione con il

Malfenti fosse utilitaristica.

Il fatto che tutte le figlie del Malfenti si chiamino con un nome che inizia per “a-m”, così come

sembra che vadano prese “in fascio”, tutte insieme, fa capire che a Zeno paiano, come è

esposto in modo impertinente, un’emanazione del padre.

Zeno era legato a una ragazza, che prova a farlo ingelosire, ma ottenendo l’effetto opposto:

primo, perchè Zeno era invaso dalla smania del matrimonio (in contraddizione con quanto

affermato poco prima, cioè che si era sposato per noia) e poi perchè questa ragazza non

avrebbe apportato novità, il principale beneficio del matrimonio.

La visione è maschiocentrica: sposarsi, per Zeno, è stipulare un contratto che debba

basarsi: su una serie di caratteristiche: di tutte le donne di questa storia, Zeno parla senza

trasporto o desiderio, come avveniva ad esempio in Tozzi (la donna è “altro”, ma

desiderata): qui, esse sono sempre viste di squarcio, mai come oggetto diretto del desiderio.

Storia alla mano, Svevo aveva preceduto Pirandello e Tozzi a meno che la novità di

Pirandello non si voglia riportare ai suoi primi lavori del decennio 1890-1900. Il primo

romanzo di Svevo, Una vita, risale al 1892; il secondo, Senilità, al 1898. Ma quei due libri

avevano avuto pochissime recensioni, al loro apparire, e ai lettori non erano arrivati.

Insomma, erano rimasti lettera morta. Nel 1923, dopo venticinque anni di apparente silenzio,

cioè di vita letteraria strettamente privata, Svevo pubblica un terzo romanzo, La coscienza di

Zeno. Nel 1925 e negli anni successivi la critica e il pubblico (meno il pubblico, però, che la

critica) si accorgono che Svevo è un romanziere di importanza eccezionale.

La domanda più ovvia è: perché prima di allora non se ne erano resi conto? La risposta più

ovvia, dal nostro punto di vista, è che Svevo, coi suoi romanzi, presenta l’immagine

dell’uomo che la nuova narrativa cerca e persegue; che anche i suoi romanzi, come tutti i

romanzi moderni, sono romanzi interrogativi. Interrogano per cercare, forse invano, di

sapere il significato della vita, il senso del destino di un uomo dissociato, dilacerato. Forse

parrà banale, ma è necessario, soggiungere che formulare più o meno distintamente una

domanda non vuol dire promettere o far sapere una risposta.

L’idea che porre un problema sia già risolverlo è tipica degli uomini e delle età ottimistiche

(una simile idea, per esempio, era molto cara a Benedetto Croce. Ma il Croce, per l’appunto,

era un ottimista, sia pure nel modo più complesso e meno ingenuo). Il romanzo

interrogativo, anche in Svevo, è quello che affaccia, e lascia aperto nella sua drammatica

problematicità, il problema di trovare il senso di ciò che si vede.

Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento

Il romanzo è costruito in tale modo perché è un “romanzo interrogativo” pone un problema

che non risolve: i personaggi dilacerati, “brutti”, costruiscono un romanzo sempre meno

affermativo e sempre più interrogativo.

Zeno, prima ancora di incontrare le quattro figlie di Malfenti, già ha deciso che ne eliminerà

tre e ne sposerà una: sarà “giudice severissimo”, ma la possibilità di non sposarne nessuna

non è presa in considerazione.

La prima incontrata è Augusta, di cui Zeno dà una descrizione fisica poco lusinghiera.

Il successivo passaggio sulla suocera è imperniato su un'anticipazione: la donna interverrà

per informare Zeno di essere consapevole delle sue attenzioni verso una delle figlie (quella

sbagliata); per il lettore, che ancora non sa nulla, risulta incomprensibile. Nel romanzo, come

in una confessione, i piani temporali sono completamente sfasati; inoltre, l’elemento del

“ritegno” che Zeno prova verso la suocera fa sì che si cada in un dire-non dire che fa sì che

emerga un'immagine negativa, di una donna manipolatrice. Zeno afferma di voler riprodurre

il rapporto matrimoniale dei suoi suoceri, che però al tempo stesso è ritratto in modo

oggettivamente negativo, pieno di compatimento; la donna prova ammirazione verso lo

spirito imprenditoriale del Malfenti, ma si tratta di una descrizione chiaramente sarcastica: la

donna assiste muta davanti ai monologhi del marito.

Il lettore rimane combattuto: non si capisce se Zeno stia mentendo o sia sincero. Questa

ambiguità di fondo costruisce un personaggio credibile: non dice solo la verità, ma la

costruzione del suo personaggio è verosimile, plausibile, coerente anche nell’incoerenza:

mente agli altri e a sè stesso, glossa e ingrossa, finge di lodare qualcuno facendone un

ritratto terribile, mette in atto una serie di strategie nella costruzione del discorso che il

lettore riconosce come credibi

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
132 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ireeemoreeee di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Ferrara o del prof Mengoni Martina.