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STRUMENTI ED EIDOTIPI
Le matite: La matita è costituita da un bastoncino di legno in cui è inserita la mina,
ossia un cilindro di grafite e argilla. Le mine si distinguono in base alla durezza o
morbidezza, che determinano la gradazione tonale del segno. Le mine dure
(maggiore percentuale di grafite) producono segni leggeri e grigiastri, le mine tenere
segni pastosi e scuri. Oltre alla matita classica esistono i portamine, contenitori a
molla che consentono di regolare la fuoriuscita di mine e micromine dello spessore
di 0,3, 0,5 e 0,7 mm. Per affilare la punta della matita o della mina si usano appositi
temperini o tavolette di legno provviste di carta abrasiva, mentre per cancellare i
segni tracciati si utilizzano gomme di diverso tipo. Nel disegno tecnico la matita va
fatta scorrere lungo il bordo della riga o della squadra tenendola leggermente
inclinata ma ben salda per controllare la pressione del segno sul foglio. I tratti dei
disegni tecnici richiedono matite dure e punte ben affilate. Per il portamine è adatta
la tavoletta abrasiva, sulla quale si fa ruotare la punta leggermente inclinata fino a
ottenere l’affilatura voluta. Subito dopo conviene pulire la punta per evitare di
sporcare il foglio con la polvere. Cancellare un segno è un’operazione delicata, per
cui è preferibile usare gli strumenti adatti. Segni morbidi e pastosi si cancellano con
la gomma-pane; gomme dure in plastica sono invece usate per cancellare i segni
lasciati dalle matite dure.
Il compasso: Il compasso è formato da due aste metalliche snodate e collegate fra
loro da una cerniera. Alle estremità vi sono una punta d’acciaio usata come perno e
un morsetto per il fissaggio della mina. Uno dei compassi più usati è il balaustrone,
dotato di vite micrometrica regolabile, che consente di determinare con esattezza
l’apertura scelta. Per cerchi molto ampi si utilizza una prolunga, mentre per
circonferenze molto piccole lo strumento adatto è il balaustrino. La mina del
compasso deve sempre essere ben affilata e a scalpello, con l’inclinazione di circa
60° posta all’esterno. Per ottenere i risultati migliori, mina e punta metallica devono
avere la stessa lunghezza ed essere quindi perpendicolari al foglio.
Il tracciamento della circonferenza si esegue impugnando il perno superiore con
pollice e indice e ruotando in senso orario il compasso leggermente inclinato.
Righe e squadre: Per tracciare linee rette si utilizzano righe, righe a T e squadrette,
spesso combinate tra loro. Per rispondere alle esigenze di tecnici e disegnatori,
questi strumenti sono realizzati in materiali diversi (legno, plastica, alluminio) e varie
misure. I più diffusi sono quelli in plastica trasparente, che offrono il vantaggio di
vedere il disegno sottostante. La riga è una sottile lamina rettangolare provvista di un
lato millimetrato e di un altro lato con scalino
La riga a T è simile alla precedente ma provvista di un braccio corto fisso o
inclinabile. Appoggiata al banco e fatta scorrere, permette di tracciare rapidamente
linee orizzontali parallele. Le squadrette, chiamate per convenzione a 45° e 60°,
sono a forma di triangolo rispettivamente isoscele e rettangolo. La prima presenta un
angolo di 90° e gli altri due di 45°, la seconda un angolo sempre di 90°, un angolo
acuto di 30° e uno di 60°. Il loro uso combinato permette di tracciare con rapidità
segmenti e angoli: una squadra viene tenuta ferma nella posizione voluta, mentre
l’altra scorre sul bordo della prima. Un utilizzo analogo è reso possibile appoggiando
una squadretta alla riga. L’uso delle squadre è facilitato se sono propor-zionate tra
loro, di conseguenza conviene acqui-starle in coppia. Gli strumenti in plastica si
sporcano facilmente con i residui di grafite, per cui vanno puliti spesso con acqua e
sapone e asciugati prima dell’uso. Per non passare sopra le linee già tracciate
rischiando pertanto di rovinarle, conviene eseguire linee parallele orizzontali
partendo dall’alto verso il basso del foglio e linee verticali da sinistra verso destra.
Le norme grafiche: Il disegno è un insostituibile mezzo di comunicazione visiva per
architetti, designer e ingegneri. Grazie a esso, i dati descrittivi di prodotti, progetti o
procedure vengono trasmessi con esattezza da un operatore a un altro, favorendo
così lo sviluppo del lavoro. Proprio l’importanza del suo ruolo, insieme alla necessità
di una lettura chiara e inequivocabile di segni ed elementi grafici, hanno lentamente
condotto alla creazione di un sistema di norme e convenzioni universali.
Il controllo di questo sistema normativo è oggi affidato ad apposite istituzioni attive in
ogni parte del mondo e coordinate a livello internazionale. In Italia, per esempio,
esiste l’Ente Italiano di Unificazione per l’Industria (UNI, fondato nel 1921). Altri enti
sono l’International Organization for Standardization (ISO) e il Comitato Europeo di
Normazione (CEN). Le norme per i disegni tecnici riguardano tutti gli aspetti formali e
grafici connessi alla loro preparazione e presentazione.
Formati dei fogli – Norma UNI 938: Secondo le norme UNI, i fogli di carta da
disegno hanno dimensioni standard derivate dalla piegatura di un rettangolo base.
Nella serie A, la più diffusa, il rettangolo base (siglato A0) ha i lati di 841 x 1189 mm.
Dividendo a metà il rettangolo base nel senso della lunghezza, si ottiene un
rettangolo con la stessa proporzione tra i lati. Con ulteriori divisioni si ottengono
formati rettangolari che mantengono costante il rapporto proporzionale tra i lati lungo
e corto. Ogni formato della serie è contrassegnato da un numero progressivo che
indica le piegature necessarie per ottenere quella dimensione. Per esempio, il
formato A3 (420 x 297 mm) è ottenuto da tre piegature successive del rettangolo
base A0.
Tipi e spessori delle linee: Una tabella redatta dall’UNI (rappresentata di fianco)
illustra la diversità delle linee e la loro applicazione nei disegni. Per quanto riguarda
gli spessori (o grossezze), è contemplata la possibilità di variarne l’uso, tenendo
conto delle dimensioni o della complessità dei disegni ma avendo cura di riportare
tali variazioni in un’apposita legenda sul disegno stesso. Riguardo agli spessori delle
linee, le norme UNI considerano le grossezze in millimetri secondo una progressione
calcolata in decimi di millimetro: 0,18 - 0,25 - 0,35 - 0,50 - 0,70 - 1,0 - 1,4 - 2,0.
Qualora in un disegno si sovrappongano
tipi di linee differenti, l’ordine di priorità da
rispettare è il seguente:
● contorni e spigoli in vista (linea
continua grossa, tipo A);
● contorni e spigoli nascosti (linea a
tratti, tipo E o F);
● tracce dei piani di sezione (linea
mista fine-grossa, tipo H);
● assi di simmetria (linea mista fine,
tipo G);
● linee per applicazioni particolari
(linea mista fine a due tratti brevi,
tipo K).
Con Eidotipo si intende un disegno
realizzato a mano libera, accurato,
dell’area o dell’oggetto da rilevare, sul
quale andranno poi segnate le misurazioni
effettuate.
Esso non è però solo un supporto per le misure, può essere considerato un vero e
proprio quaderno di appunti sul quale il rilevatore annota anche particolari e dettagli.
Il concetto teorico sotteso agli eidotipi è che essi devono rendere «discreto» ciò che
è continuo, riproducendo con un numero limitato di segni, il soggetto che
rappresentano. Sull’eidotipo va riportato tutto quello che si deve rilevare, facendo
riferimento alle dimensioni e alle proporzioni. Viene realizzato a matita per
permettere eventuali correzioni o cancellature, frequenti in campagna, e un supporto
rigido per appoggio.
- Sono da evitare: segni sovrabbondanti e concessioni al gusto pittorico, viste
prospettiche o assonometriche.
- Sono preferibili: proiezioni ortogonali, gerarchia dell’eidotipo, progressione dal
generale al particolare.
Eidos: aspetto, forma, figura, modello
Fase interpretativa: si deve scegliere cosa rappresentare (e quindi misurare) e cosa
tralasciare. L’unicità di ogni architettura e la specificità delle esigenze che motivano il
rilievo impone di stabilire, caso per caso, il livello di sintesi necessario, le
caratteristiche oggetto di analisi, ecc.
Dati da riportare SEMPRE:
nome dell’operatore
➔ luogo
➔ data
➔ numerazione foglio
➔ richiamo ad altri fogli (per disegni di dettagli e particolari)
➔
L’eidotipo va realizzato rimanendo quanto più possibile fedeli alle proporzioni delle
parti, in quanto su di esso andranno riportate tutte le informazioni che il rilevatore
riterrà necessarie nella fase successiva di misurazione e di restituzione grafica.
L’eidotipo viene disegnato in proiezione ortogonale. Il disegno non deve cedere ad
effetti pittorici ma la sua corrispondenza con il vero si deve manifestare attraverso un
segno tecnico, in cui la forma e la struttura dei vari elementi deve prevalere
sull’apparenza figurativa. Deve mettere in evidenza tutte parti sezionate, gli elementi
in vista, deve segnalare la posizione e la tipologia di gradini e scale, cambi di quota,
indicazioni sui materiali utilizzati, proiezioni di oggetti posti al di sopra del piano di
sezione come ad esempio travi principali, lucernari, o sistemi di copertura voltati.
Percorso da seguire:
A. Eidotipo pianta
1. Disegno generale di inquadramento
2. Disegni particolari ambiente per ambiente
3. Dettagli degli elementi architettonici
B. Eidotipo di prospetto
1. Disegno generale di inquadramento
2. Dettaglio particolare con strutturazione semantica (elemento di campata)
3. Dettaglio degli elementi architettonici (es. una colonna)
4. Dettaglio delle parti (basamento, fusto, capitello)
C. Eidotipo di sezione
1. Disegno generale
2. Disegno particolare per livelli di piano
3. Dettaglio degli elementi architettonici
PROIEZIONI ORTOGONALI
Gli architetti del mondo antico avevano già sperimentato la possibilità di
rappresentare i loro progetti in modo semplice e chiaro. In epoca romana, Vitruvio,
nel De Architettura, descrive un sistema di raffigurazione, basato su 2 piani di
rappresentazione, uno orizzontale (rappresentazioni iconografiche) e uno verticale
(rappresentazione ortografica) che appare molto simile al sistema delle proiezioni
ortogonali contemporanee. L'esigenza di adottare un metodo basato su rigorosi
procedimenti geometrici si fece sempre più viva con l'avvento, in Europa, delle prime
forme di industrializzazione: in particolare, occorreva un metodo oggettivo, che
fornisse un tipo di rappresentazione da cui poter risalire in modo univoco all'oggetto
rappresentato. Questo risultato fu raggiunto