Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IL SILICIO
Il silicio nel suolo
Il silicio (Si) è l’elemento naturale più abbondante nel suolo: è il costituente minerale primario
della crosta terrestre, nelle due forme prevalenti di feldspato (silicato di alluminio, ) e
2−
3
quarzite (biossido di silicio, ). Tra i diversi minerali a base di alluminosilicati presenti nel
2
suolo, troviamo le zeoliti, con formula Molte piante si
[( ) ( )
] · 27 .
12 2 12 2 12 2
avvantaggiano dall’assorbimento di questo elemento, soprattutto le monocotiledoni rispetto
alle dicotiledoni.
Il silicio è un elemento con funzione strutturale per le piante, anche se non viene considerato
un nutriente. Tuttavia, numerosi lavori di letteratura internazionale attestano l’importanza della
fertilizzazione silicatica per il miglioramento della produttività, la qualità e salute di certe colture.
Occorre sottolineare che le piante possono assorbire questo elemento solo attraverso le radici,
utilizzando alcuni trasportatori selettivi per l’acido mono-silicico (acido ortosilicico, ), che
4 4
rappresenta l’unica forma assimilabile di Si: le forme dimere, trimere o polimeriche di Si, infatti,
non riescono a superare la barriera sterica dei trasportatori di membrana, e di fatto rendono il Si
nel suolo non assimilabile da parte delle piante.
Nel suolo, il silicio è distribuito in tre differenti frazioni: nella fase liquida, nella fase adsorbita e
nella fase solida. Nella fase solida il silicio si presenta in forma polimerica sia cristallina che
amorfa, nella fase adsorbita si trova in forma monosilicica e polisilicica, complessata da composti
inorganici (es. ossidi/idrossidi di Fe e Al) ed organici a formare organo-silicati, mentre nella fase
liquida le medesime forme presenti in fase adsorbita si trovano disciolte nella soluzione
circolante.
Di fatto, nella soluzione del suolo la concentrazione dell’acido mono-silicico, la forma
biodisponibile per le piante, è usualmente piuttosto bassa: essa però è fortemente influenzata
dal pH del suolo (maggiore solubilità a pH > 9) e dai rispettivi contenuti di argilla, componenti
minerali, sostanza organica e ossidi/idrossidi di Fe/Al, collegabili all’età geologica del suolo.
I meccanismi prevalenti attraverso i quali si incrementa la biodisponibilità di Si nel suolo sono di
tipo fisico (es. disgregazione ed erosione delle rocce) e di tipo chimico (es. depronotazione,
decomplessazione, ecc.). Ad esempio, l’abbondanza nel suolo di silicati amorfi determina una
maggiore solubilità dell’acido silicico rispetto ai corrispondenti silicati in forma cristallina, quali
ad esempio le quarziti, il contributo delle quali alla biodisponibilità del Si è pressoché nullo.
La fertilizzazione può essere determinante al fine di incrementare rapidamente la concentrazione
di nella soluzione circolante e per questo, l’uso di fertilizzanti a base silicatica sta
4 4
divenendo una pratica sempre più frequente in aree caratterizzate da sistemi colturali intensivi, in
particolare in terreni intrinsecamente a basso contenuto di acido silicico.
Non tutte le colture hanno tuttavia la medesima esigenza in silicio: le piante, infatti, vengono
classificate come alte, medie e basse accumulatrici di Si, in base alla capacità delle loro radici
di assorbirlo, e quindi di indurre effetti benefici sulla pianta. In generale le monocotiledoni come
riso, la canna da zucchero o il mais assorbono Si in quantità maggiori rispetto alle
dicotiledoni, per la presenza di trasportatori specifici dell’acido silicico (Ma et al., 2016), sebbene
alcuni cereali, come il frumento, la segale o l’avena siano comunque maggiormente esigenti in Si
rispetto, ad esempio, alle leguminose o le orticole. Di fatto, in talune colture il Si è
ampiamente riconosciuto come
elemento costitutivo dei tessuti
vegetali, garantendone le
caratteristiche strutturali e di
rigidezza.
Il ruolo del silicio nei vegetali è tuttavia
molto complesso, e si esplica
attraverso diversi meccanismi di
regolazione del metabolismo
fisiologico, biochimico e antiossidante
nelle piante per combatterne gli stress
sia abiotici che biotici.
Il silicio come biostimolante delle piante
In agricoltura, il silicio è utilizzato ampiamente con diverse finalità, legate alla forma fisica e
chimica con la quale l’elemento viene applicato, alla dose di applicazione ed
all’organo/organismo bersaglio.
L’apporto di Si con la fertilizzazione si traduce in termini pratici in:
• una riduzione della traspirazione fogliare;
• un miglioramento dello sviluppo e portamento della pianta (con foglie più erette e miglior
capacità di intercettazione della luce);
• un aumento della resa produttiva;
• una maggiore tolleranza allo stress ossidativi, di origine abiotica e biotica;
• un incremento dell’assorbimento di macro- e micro-nutrienti;
• un miglioramento della resistenza contro i parassiti e gli agenti patogeni.
Il silicio può essere considerato un biostimolante, vista la sua capacità di migliorare
l’assorbimento dei nutrienti ed indurre una resistenza agli stress abiotici. Tuttavia, la sua capacità
di innescare anche una resistenza di tipo indiretto anche agli stress biotici gli conferisce anche
caratteristiche di corroborante delle piante: non a caso, la polvere di pietra o il gel di silice sono
utilizzabili come corroboranti anche in agricoltura biologica.
Un primo esempio di meccanismo attraverso il quale il agisce come elemento di difesa
4 4
autogena da parte della pianta risiede nella sua polimerizzazione entro la parete cellulare, a
costituire vere e proprie barriere fisiche nei tessuti soggetti a stress sia abiotici (scarsità
idrica, temperature elevate, forte vento, ferite da taglio, ecc.), che biotici (attacchi da parte di
funghi patogeni e fitofagi). Tali barriere fisico-meccaniche sono state osservate sulla superficie
fogliare attraverso analisi microscopiche, che hanno fatto rilevare la formazione di fitoliti
(deposizioni di silice amorfa nelle cellule vegetali), attraverso la polimerizzazione dell’unità -
[ ] sulle pareti cellulari vegetali al fine di prevenire la penetrazione di ife o stiletti dei fitofagi
( )
4
all’interno del tessuto ospite.
A fronte del meccanismo prettamente fisico descritto, è stato verificato anche l’innesco di un
meccanismo di vera e propria resistenza chimica alle malattie indotto dal silicio: questo sembra
realizzarsi attivando in maniera indiretta i geni di resistenza della pianta ai patogeni,
incrementando la sintesi e relativa mobilità dei fenoli sintetizzati ex-novo nell’apoplasma, i
quali formano complessi deboli fenolo-Si. Nello specifico, studi effettuati su cetriolo hanno
dimostrato che l’apporto di Si determina un incremento dell’attività degli enzimi chitinasi,
perossidasi e polifenolossidasi contro il patogeno tellurico Pythium ultimum. Ma il silicio sembra
agire anche sull’assorbimento di alcuni elementi nutritivi in condizioni di stress termico: è stato
infatti osservato che la fertilizzazione silicatica è in grado di migliorare la crescita di piante di Salvia
splendens sottoposte ad elevate temperature, regolandone l'assorbimento dei nutrienti e la
produzione di antiossidanti, esercitando quindi un’azione tipicamente biostimolante sulla pianta
contro gli stress abiotici. Anche il ruolo del silicio quale elemento in grado di ridurre il trasporto
degli ioni in piante sottoposte a stress salino è ormai ampiamente riconosciuto. Prove
+ −
effettuate su zucchino (Cucurbita pepo L. cv. 'Rival') allevato in coltura idroponica ad elevata
salinità (soluzione nutritiva: 0.8 mM e 35 mM di NaCl) hanno mostrato che l’apporto di silicato di
potassio ( a concentrazioni crescenti (0.1 mM e 1 mM) non solo è in grado di
· 2 )
2
migliorare la tolleranza della coltura alla salinità del mezzo, ma anche di ridurre fino all’80% il
numero di foglie attaccate dall’infezione oidica. L’apporto di Si è anche in grado di ridurre la
tossicità di metalli come l'alluminio, il boro, il cadmio, il cromo, il rame e lo zinco. Di recente
è stato verificato che, in presenza di elementi potenzialmente tossici, il silicio tende a modulare il
range di pH del suolo in modo da modificare la speciazione dei metalli, la loro
compartimentazione e co-precipitazione, nonché le strategie di sequestro per combattere lo
stress indotto dai metalli stessi. Tuttavia, questa capacità di riduzione di tossicità sembra essere
anche collegata ad una regolazione transcrizionale dei geni coinvolti nei processi fotosintetici in
presenza di metalli come lo zinco.
Malgrado non sia stata ancora completamente
chiarita la sua complessa regolazione molecolare sui
geni coinvolti nella tolleranza agli stress, il silicio
sembra giocare un ruolo chiave nell’attivazione di
diversi geni implicati nei processi fotosintetici,
regolazione trascrittomica, trasporto dell’acqua,
sintesi delle poliammine, e dei geni costitutivi in
grado di regolare il normale funzionamento cellulare.
Nello specifico, poiché le condizioni di stress abiotico
e biotico agiscono fondamentalmente
destabilizzando tali geni costitutivi, il Si sembra essere
un elemento in grado di ripristinarne la stabilità,
regolandone opportunamente l’espressione.
L’incremento dell’assorbimento di Si da parte di colture tipicamente basso-accumulatrici in
condizioni di forte stress ambientale potrebbe essere dovuto proprio ad un meccanismo di
assorbimento non attivo, ma passivo, il che spiegherebbe perché piante come il pomodoro e il
peperoncino vengano fortemente avvantaggiate dalla supplementazione di Si in presenza di
stress abiotici e biotici. L’apporto di silicio sembra anche promuovere l’assorbimento
dell’acqua, in particolare su piante sottoposte a stress salino, seppure il meccanismo di
miglioramento dello stato idrico indotto dal Si non è ancora del tutto chiarito. Nel sorgo
(Sorghum bicolor L.), l’applicazione di Si ha aumentato significativamente l’assorbimento di acqua
attraverso l’incremento dell’attività delle acquaporine (proteine “canale”, che facilitano il flusso di
molecole d'acqua all'interno o all'esterno delle cellule).
LE ZEOLITI
Generalmente, le zeoliti naturali derivano dalle reazioni tra rocce e ceneri vulcaniche a contatto
con le acque alcaline sotterranee. In natura, si trovano diverse tipologie di