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COSA SUCCEDE QUANDO UN'ASSOCIAZIONE NON RICONOSCIUTA ARRIVA AL CAPOLINEA DELLA SUA ESISTENZA
ART.27: in genere un'associazione si estingue quando non è più possibile raggiungere lo scopo, o quando è stato definitivamente raggiunto e che associati siano venuti a mancare (non per forza morti, ma possono aver lasciato l'associazione). Quando si manifesta uno di questi presupposti che portano all'estinzione dell'ente, bisogna attraversare una fase obbligatoria: è più difficile morire per l'ente che per la persona fisica. Prima di poter arrivare all'estinzione, quindi alla cancellazione dal registro, è necessario procedere a quella fase chiamata fase di liquidazione. Se non ci sono eventi particolari ad occuparsi della cancellazione è l'amministratore, che prende panni del liquidatore. Se si arriva alla liquidazione si congela l'attività dell'ente e si procede.
esclusivamente alle attività: pagamento debiti, riscossione crediti ecc.: fino a quando si arriva auspicabilmente a risultato 0. Quando un ente cessa è possibile che nelle casse dell'ente rimangano dei denari (avanzo positivo): che ne è dell'eventuale avanzo positivo nelle casse di un'associazione che deve essere cancellata e quindi cessa di esistere? Sarebbe corretto e ragionevole procedere, per esempio, ad una suddivisione di questa rimanenza attiva distribuendola in pari importo agli associati ancora presenti? L'atto giuridico: contratto aperto (perché susseguirsi di nuove adesioni o di fuoriuscite): c'è una grande fluidità della compagine associativa: ci può essere qualche associato ex novo (poco prima dell'estinzione dell'ente) o qualcuno che c'è sempre stato e all'ultimo no. Se andassi a distribuire agli associati che ci sono in quel momento lì, io andrei a privilegiare.non possono essere distribuite tra gli associati, ma devono essere destinate a altre associazioni con scopi simili.vengono destinate ad altre associazioni con scopo meritevole e quanto più simile, chi decide è la stessa autorità che aveva deciso il suo riconoscimento; o associazione si attrezza per dare regole necessarie nel proprio statuto, oppure la palla torna nelle mani della regioni, del prefetto ecc.: e toccherà a loro destinare (negli intenti del legislatore) questi denari a favori di altri enti associativi. -> questo per le associazioni riconosciute. Poi ci sono quelle non riconosciute (snobbate un po' dal codice): sono disciplinate dall'ART.36 A 42 (poche norme: che valgono sia per associazioni non riconosciute che per comitati) il cc fa un richiamo generale (regolate da associati. Per tutte quelle situazioni/materie/argomenti che associati non hanno disciplinato secondo accordi tra loro, valgono norme applicabili previste per associazioni riconosciute. Il punto fondamentale è che l'associazione non riconosciuta, proprioperché non chiede oppure ha chiesto e non ha ottenuto riconoscimento, non diventa persona giuridica: non diveltandolo, non diventa nemmeno soggetto autonomo e distinto dai singoli associati, che invece abbiamo visto crearsi nel caso delle riconosciute: il non acquisire lo stato di persona giuridica, porta con sé anche un'altra conseguenza importantissima sul piano disciplina patrimoniale: l'associazione non riconosciuta gode di un'autonomia patrimoniale imperfetta: ha un fondo comune nel quale vengono conferiti ricavati, quote associative ecc. = un po' di autonomia patrimoniale; però se associazione riconosciuta confusione tra patrimonio ente e patrimonio associati, nel caso di quelle non riconosciute la situazione è diversa. Autonomia patrimoniale imperfetta: in linea di principio anche associazione non riconosciuta è tenuta a pagare propri obblighi con fondo comune, il problema si pone nel momento in cui il fondo comune nonfosse sufficiente al punto necessario per far fronte a questi obblighi: se succede a associazione riconosciuta, i creditori dell'associazione se ne devono fare una ragione; se invece succede a creditore associazione non riconosciuta, questo creditore può fare qualcosa ART.38 cc: molti scrivono che risponde l'ente, ma l'art 38 dice che rispondono le persone che hanno agito: non tutti gli associati, ma solo la o le persone che hanno personalmente trattato in nome e per conto associazione con l'altro contraente. L'altro frequentissimo errore: considerare che queste persone che agiscono in nome e per conto dell'ente, debbano necessariamente essere degli associati: non è così: il cc non dice che rispondono gli associati, ma dice che RISPONDONO LE PERSONE: quindi ipoteticamente potrebbe rispondere personalmente dell'obbligazione dell'associazione, anche una persona terza. Per esempio:
se volessimo dare vita ad un'associazione, non chiediamo riconoscimento e svolgiamo la nostra attività, se c'è angolo ristoro dobbiamo rifornirlo: l'associazione in questo caso deve acquistare beni: ipotizziamo che uno degli associati abbia un parente (non membro dell'associazione) con delle conoscenze importanti e confidenziali con un grossista di distribuzione di bibite. Un associato dice "ci penso io" e si stipula un contratto con periodica rifornitura e le casse dell'associazione quindi si impoveriscono: abbiamo meno quote di adesione e spese da sostenere. Viene il momento in cui il fornitore chiede di essere pagato e supponiamo non ci siano soldi sufficienti per saldare il conto del grossista. In un caso di questo genere, il nostro creditore/fornitore potrà rivalersi non solo sul fondo comune della nostra associazione, ma anche in via solidale nei confronti di quel terzo che ha agito in nome e per conto dell'associazione.
Anche se questo soggetto non è un associato, può rispondere ai debiti se ha agito in nome e per conto dell'associazione. Non è necessario che sia un associato. Può essere una persona terza. È ovvio che nella maggior parte dei casi chi agisce in nome e per conto dell'associazione sia un membro, ma non è detto. Se qualcuno che fa parte dell'associazione ci chiedesse di interfacciarci con un altro contraente, potreste essere richiamati a rispondere con il nostro portafogli degli eventuali debiti sorti in capo all'associazione stessa. Perché il legislatore ha preso questa scelta? Le persone che hanno agito per nome e per conto dell'associazione: quando agiamo abbiamo contatto con l'altro contraente. Per esempio, se compriamo una nuova vettura andiamo dal concessionario: di primo acchito, se io conosco Tizio, persona seria di cui parlano bene, non vado da Caio: ci
sentiamo naturalmente spinti ad andare da signortizio piuttosto che da caio; ciò è dato da maggiore fiducia che riponiamo in una piuttosto che in un'altra; se qualcuno ci chiede 100 euro in prestito, facciamo considerazione sulla persona alla quale andiamo a chiedere questi soldi. Questo per dire che quando si stipulano contratti, uno degli elementi fondamentali sempre presente, una delle prime valutazioni che si fanno è: con chi sto trattando, chi è il mio contraente: voglio conoscere e avere fiducia reciproca. Normalmente ci comportiamo così, è fondamentale sapere con chi sto trattando, siccome stiamo parlando di un ente che non ha alcun obbligo di rendere pubblico né proprio bilancio, né elenco degli associati; quindi se io sono il terzo possibile fornitore dell'associazione non ho alcuna possibilità preventiva di verificare se questa associazione sia una con un fondo comune ricco, che possa.Garantirmi il pagamento della mia fornitura. Allo stesso modo non avendoneanche elenco associati: non so neanche se sono persone per bene o meno quindi il fornitore di bibite si fa indurreà a stipulare il contratto dalla maggiore o minore fiducia che riporrà nella persona che in quel momento sta trattando con lui. Conosco Sempronio, una persona per bene, quindi l'affidamento che il nostro fornitore fa per decidere se stipulare contratto fornitura, lo fa non tanto sull'associazione, ma rende corresponsabile colui o coloro che hanno agito in modo e per contro, perché l'altro contraente per decidere se fornire o meno, lo fa in base alla fiducia del terzo non è giusto coinvolgere in massa i membri: non tutti partecipano alla stipula del contratto. Il terzo ci rimette perché è il soggetto di cui l'altro contraente si fida nel momento in cui stipulerà; questa è la spiegazione della norma dell'ART.38
Si parla di interpretazione delle norme di diritto privato: bisogna sempre tenere conto del quadro generale. L'articolo 38 è figlio della natura dell'associazione non riconosciuta, ovvero del fatto che un'associazione non riconosciuta, non essendo persona giuridica, non ha l'obbligo di rendere pubblici i propri conti e i propri associati. Chi contrae con un'associazione non riconosciuta, contrae con un "buco nero", non ha la possibilità di ottenere informazioni prima di stipulare contratti. L'unica possibilità è rendere corresponsabile colui che agisce: da una parte è la persona su cui l'altro contraente fa riferimento e ripone fiducia, dall'altra parte anche chi agisce per nome e per conto ha il dovere di essere attento e diligente. Se mi chiedessero di agire per nome e per conto di un'associazione con una situazione disastrata, rifiuterei. Se lo facessi, significherebbe che devo essere sempre diligente e attento, altrimenti pagherei per la mia superficialità.
norme non sono compartimentiàlestagni: c’è sempre fil rouge che dà motivo di certe scelte.
Associazionià scopo personale
Oltre alle associazioni, riconosciute e no, ci sono altri 2 tipi di enti: fondazioni e comitati.
Nelle associazioni scopo lo personale è molto rilevante.