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APPLICAZIONI DI LUCE LED E TELI FOTOSELETTIVI IN VIVAISMO ORNAMENTALE
Cos’è la luce?
La luce ha una natura
dualistica, (il prof si
allontana dal pc, di
conseguenza non si
capisce una mazza e quindi
sono costretto a saltare i
primi 3 minuti di lezione).
Comunque, ha parlato
della costante di Planck e
quindi dell’energia dei
diversi fotoni e delle
diverse lunghezze d’onda.
Inoltre, la luce, oltre ad essere composta dal punto di vista qualitativo da diverse lunghezze
d’onda, può essere scomposta in altre due componenti:
Durata: quindi la lunghezza del giorno (fotoperiodo); a seconda del momento della giornata
regola la quantità di luce che arriverà sulla superficie.
Intensità: è direttamente correlata alla produzione di biomassa.
Una lunghezza d’onda stimola un determinato processo e diverse lunghezze d’onda
interagiscono tra di loro influenzando insieme le caratteristiche delle piante, inducendo sia
risposte di alterazioni fisiologiche e alterazioni morfo-anatomiche.
In alto a sinistra si vede il diagramma dell’assorbimento della luce di McCree: ci indica come le
piante assorbono la luce, mediamente man mano che andiamo sul blu e sul rosso la pianta
assorbe maggiormente luce. Questo è dovuto soprattutto perché in queste lunghezze d’onda
(400-800 nm) si trova l’assorbimento dei pigmenti fotosintetici (clorofille, clorofilla A, clorofilla B,
carotenoidi). Quindi diciamo che la luce ha un’andatura doppia per le piante perché influenza
sia il processo di metabolismo primario (processo fotosintetico, produzione zuccheri e metaboliti
secondari) e sia il segnale di risposte fotomorfologiche.
Vediamo che ogni colore è percepito da diversi fotorecettori specifici per quelle lunghezze
d’onda. Per esempio, il rosso e il rosso lontano sono assorbiti dai fitocromi; invece, il
responsabile dell’assorbimento della luce blu sono sia i fitocromi e le fototropine. I fitocromi
regolano l’allungamento dello stelo, la traspirazione e può indurre o meno l’entrata in fioritura
delle specie, se sono longidiurne o brevidiurne. L’illuminotecnica si è evoluta per cercare di
creare degli spettri e quindi anche dei picchi di illuminazione sempre più vicini ai picchi di
assorbimento dei fotorecettori in modo tale da essere precisi nello stimolare determinate
risposte all’interno della pianta.
Le piante in base a come percepiscono la luce possono essere divise in due tipologie:
• Shade avoidance: è una pianta che cerca di scappare da un’ambiente privo di luce,
quindi, è una pianta che allunga lo stelo, allunga il picciolo delle foglie, diminuisce la
ramificazione delle gemme lungo il fusto principale, tutto questo alimentando il circuito
delle auxine (la dominanza apicale). Tutto questo può essere causato da una ridotta
radiazione luminosa, una bassa PAR; un basso rapporto rosso/rosso lontano; quindi,
significa che ci sta più far red in proporzione rispetto a quanto rosso ci sta all’interno di un
nostro gradiente; oppure una bassa percentuale di blu in quanto i fitocromi (i principali
responsabili di questo tipo di risposta) assorbono anche del blu. Un tipo di pianta del tipo
shade avoidance è il pomodoro, piante che cercano di allungarsi verso l’alto con uno stelo
molto piccolo in mancanza di luce;
• Shade tolerance: è una pianta che si adatta bene a vivere in ambienti con una bassa
radiazione luminosa, con un basso rapporto di rosso/rosso lontano e una bassa
percentuale di blu. Sono tutte piante da sottobosco, hanno bisogno di una bassa intensità
luminosa. Una risposta di shade tolerance può essere anche quella che succede in una
lattuga, percependo meno rosso in proporzione al rosso lontano le foglie della pianta
tendono a espandersi per catturare sempre più energia luminosa, espandendo a parità di
massa la superficie fogliare. Queste piante hanno un ridotto rapporto clorofilla
A/clorofilla B, quindi, hanno un sistema antenna capace di captare diversamente la luce,
di utilizzarla in maniera diversa, con maggiore clorofilla B rispetto alla clorofilla A.
Come possiamo migliorare il nostro ambiente di coltivazione, la nutrizione luminosa perché le
piante hanno bisogno di precisi pacchetti di energia, di precisi pacchetti di luce per indurre
determinate risposte per arrivare a raccolta e inoltre c’è anche l’influenza di specifiche lunghezze
d’onda (c’è bisogno di avere tot moli di luce di rosso per riuscire a incitare delle risposte che
possono essere gradite dal punto di vista della produzione. In un ambiente serricolo,
l’illuminazione si divide in due categorie:
• Toplighting o illuminazione dall’alto;
• Interlighting (lungo la fila): per piante che si sviluppano molto in verticale, in modo tale
da mantenere costante l’intensità luminosa lungo tutto il profilo della pianta. Se noi
illuminiamo dall’alto, man mano la pianta assorbe la luce e ci sono sempre meno fotoni
che arrivano in basso e quindi le foglie che si trovano più in basso percepiscono meno
fotoni, meno energia e quindi fotosintetizzano di meno.
Questi tipi di illuminazione ci permettono di avere delle risposte più uniformi in una nostra
coltivazione.
Una cosa che dobbiamo sempre considerare è sempre come la luce si va a distribuire nel nostro
ambiente di coltivazione: ci possono essere delle zone d’ombra create dalle strutture della serra
ma anche dalle piante stesse. Quindi è necessario conoscere come si evolve il nostro ambiente
di coltivazione in funzione anche di come varia l’intensità luminosa all’interno di una superficie.
In basso a sinistra c’è una mappa in cui vengono riportati da 0 a 18 quante moli di luce al giorno
in un fotoperiodo di 16 ore cadono su una superficie: nelle zone centrali si trovano le lampade,
nonostante ciò, non tutta l’area può essere uniformemente illuminata. Questa mappa serve per
capire dove aggiungere luce a seconde del periodo dell’anno ma anche come distribuire in
maniera più uniforme la luce.
Esistono anche dei controllori che ci permettono di regolare l’intensità luminosa dei led per
garantire un ammontare di luce costante durante tutto il periodo, riducendo i costi energetici e
soprattutto migliorando le performance di assorbimento delle piante (troppa luce può
danneggiare le piante).
PAR: Photosynthetic Active Radiation, Radiazione Fotosinteticamente Attiva è la sommatoria
delle lunghezze d’onda comprese tra i 400 e i 700 nm. Ultimamente si sta cercando di dare una
definizione nuova di questa teoria perché ovviamente dire che le piante assorbono solo tra i 400
e i 700 nm è un po’ sbagliato perché non vuol dire che un fotone a 701 nm o a 399 nm non induce
fotosintesi all’interno della pianta, infatti noi vediamo che in una immagine sono rappresentati in
maniera monocromatica come i diversi colori, quindi la diversa qualità della luce, penetra
all’interno delle nostre foglie: Il blu e il rosso si fermano agli strati superficiali, le foglie hanno le
clorofille quindi assorbono blu e rosso, non assorbono luce verde quindi non è schermata ma
penetra in profondità nei tessuti della foglie. Questo fenomeno è ancora più marcato con il far
red: penetra ancora di più rispetto alla luce verde all’interno della foglia, questi sono tutti fotoni
che in realtà vanno ad azionare tutti i fotosistemi che si trovano nei tessuti inferiori della nostra
pianta. Inoltre, dobbiamo considerarli come fotoni utili.
Day Light Integral (DLI) : intendiamo la sommatoria di fotoni che incide su una superficie in una
determinata giornata. Supponiamo che il fotoperiodo sia di 16 ore, il numero di fotoni che
cadono su una superficie per tutto il lasso di tempo del periodo luminoso (16 ore).
Questo grafico mostra una
variazione in una serra delle moli di
luce al giorno nel corso di un anno.
Infatti, da 5 moli di luce al giorno
arriviamo ad avere nei mesi centrali
del periodo estivo a quasi 30 moli di
luce al giorno. Generalmente per
molte piante il DLI minimo per avere
una produzione commercializzabile
è di 10 moli di luce giornaliera.
Effettivamente la luce va considerata come nutrizione, come energia che vogliamo al nostro
impianto.
Il DLI può interagire con la fioritura: su questa tabella sono riportati diversi fabbisogni a
intensità saturanti di DLI che inducono una risposta di fioritura in diverse ornamentali. Sono tutti
quanti fabbisogni specie-specifici ma possono essere anche varietà-specifiche.
Questo è un esempio
pratico di come la DLI
può interagire con la
fioritura. Nel caso della
nemesia, all’aumentare
della DLI, cambia la
fisionomia e riusciamo
ad ottenere una
fioritura solamente con
12.3 moli di luce
giornaliere.
Oggi ci focalizzeremo soprattutto sugli effetti del fitocromo: qui si vede che a parità di spettro,
aggiungendo il Far-red le piante vanno in fioritura; le piante senza Far-red presentano una
fioritura ritardata. Infatti, aumentando anche il fotoperiodo estendendolo con l’illuminazione di
Far-red riduciamo l’induzione alla fioritura.
Sono stati fatti tre esperimenti: quello su Salvia dimostra che a parità di PAR variando la
percentuale delle diverse lunghezze d’onda (nell’esempio abbiamo diversi spettri come quello
in rosso costituito da 50% di rosso, 50% di Far-red oppure quello in verde costituito da un 50%
di verde, un 25% di rosso e un altro 25% di Far-red) e soprattutto aumentando la percentuale
del blu la pianta diventa sempre più compatta.
Noi con la qualità della luce possiamo regolare diversi tratti morfologici delle piante che possono
influire sul valore commerciale delle stesse. Se noi riusciamo a parità di tempistiche ad anticiparci
con un piccolo trattamento di illuminazione e riusciamo ad indurre la fioritura 10 giorni prima
significa entrare nel mercato 10 giorni prima e quindi avere un prezzo diverso.
Ovviamente questo effetto non è uguale
per tutte le piante, abbiamo diverse
piante e quindi diverse risposte:
Neutrodiurne: piante che rispetto alla
fioritura sono indifferenti alla lunghezza
del fotoperiodo.
Brevidiurne o short-day plants sono
delle piante che non fioriscono in
presenza di un giorno lungo. Se
l’intervallo critico (critical photoperiod)
ha un valore di 12 ore mentre il
fotoperiodo è di 12,5 ore una
brevidiurna non dovrebbe fiorire
Longidiurne o long-day plants: sono
piante che fioriscono solamente se i
periodi di esposizione alla luce, come in
estate, sono superiori all’intervallo
critico.
In questa slide vediamo come una pianta
brevidiur