LUNEDÌ NON C’È LEZIONE
14/03
immagine icastica, non presente nel Gordon Pym: identificare il pianeta come
un essere vivente, forse per i 3/4 di secolo che separano i due autori. Pianeta
vivente stanco, teologia particolare: il pianeta non sembra un paradiso
terrestre grato al suo creatore, il suo centro pulsante con tutti questi occhi
sembra un fedele asino legato alla mola, girando e pregando sofferente.
L’essere umano non avrebbe dovuto vedere il cuore dell’animale che lo ospita.
Avventure polari si susseguono in grandissimo numero. In tutte queste
avventure Adam rimane da solo, pensa che la terra sia ancora popolata e con
un faustismo tipicamente occidentale è convinto di essere arrivato primo. Torna
al Boreal. È molto curato in questo romanzo anche l’aspetto uditivo perché in
un mondo disabitato l’aspetto uditivo è ancora più terrificante del visivo:
silenzio spaventosissimo (sublime post apocalittico), non c’è musica più
dell’assoluto silenzio più adatta all’apocalisse e più terrificante. Tornato in
Inghilterra, consapevole di essere solo per qualche motivo deve rompere la
vetrina (incredibile pagina acustica), ha in mano ha una pietra ma ha il terrore
di rompere con il rumore dei vetri infranti il silenzio cosmico. La nave, tornando
a prima, ondeggia e due schegge della banchisa la colpiscono. Svenimento,
(diverso dallo
svenimento del dante agens), al sentire dell’odore di pesco che rallenta
moltissimo la decomposizione dei cadaveri, quasi li mummifica. Vanità, vanità
dell’uomo occidentale non scontata tra 8 e 900, tutti gli autori di quel tempo
sembrano contrari a un antropocentrismo, Mary Shelley critica ciò ma sembra
provare ancora una fraternità umana e le cause portate avanti nelle vicende
sono nobili, qui nella nube purpurea, sono proprio i vizi (vizi occidentali del
capitale) a portare avanti la trama: denaro e fama. Sallit era pietrificato piegato
nel gesto del vomito. Tutto sembra sacro nella sua immobilità. Qui il rapporto
uomo-dio è molto lavorato, il mondo è sacralizzato dalla morte assoluta. Dopo
bellissime pagine scandinave torniamo in inghilterra: miscuglio delle razze
(autore eccentrico anche dal punto di vista della sua storia personale ma fa
parte dell’impero che dominava il mondo al tempo su tutte le razze), sta
parlando a modo suo di migrazioni (il pericolo viene da est come nella Shelley,
per sfuggire al gas pestilenziale si sono spostati tutti da est verso ovest). Tutte
le popolazioni del commonwealth sembrano voler colonizzare l’Inghilterra che
le aveva colonizzate. Enorme quadro molto affollato di cadaveri (zattera della
medusa) a struttura piramidale e al vertice vi è la rappresentanza della classe
dirigente. Il tema portante dell’opera, dopo il breve prologo artico: interesse
verso il psicologico (qui l’ultimo uomo è l’ultimo uomo da subito, non come
Mary Shelley, non ha più i compiti legati alla vita pratica, ed è in una situazione
psicologica tragica: non distingue illusione, percezione e sogno => illusione di
unitarietà), situazione psicotica nell’impossibilità di stabilire la consistenza
degli oggetti che vede, la vita è un incubo, lui potrebbe essere morto e la sua
anima sta vagando senza direzione alcuna (bisogno di coordinate tipicamente
occidentale, necessità di umana di coordinare qualsiasi cosa: la mente perde la
possibilità di delimitare e selezionare dal continuum del reale qualcosa di
sensato) sembra che lui stia regredendo, cadendo in se stesso e divenendo
pazzo. La catastrofe è una catastrofe ecologica di una terra che chiamiamo
Gaia, molto arrabbiata: le tempeste hanno un che di personale, sembrano
accanirsi su di lui, il mondo è climaticamente impazzito. (pag 112) Ad un certo
punto sembra un articolo di giornale con durissima accusa all’ umanità, forte
religiosità, pare un castigo divino, anche se Egli mi uccide… explicit delle
ultime parole di Adam. Dialogo con il divino, sindrome bipolare (brucia le
metropoli) (creazione di un tempio sovraumano). Si vestirà ben presto con
panni orientali: Maometto imperatore di un intero pianeta (delitto di
onnipotenza inarginabile). Parabola psicofilosofica dell’unico personaggio.
Torniamo alla pagina dedicata alla terra, pagina 213, troviamo un’invettiva alla
terra personificata. Qui evidentemente Shiel si mette nella mente di un pazzo
(come Poe, suo maestro) Adam è in preda al suo lato maniaco, è imperatore del
mondo e parla con un piglio invasato da un’idea fissa della natura. Parla della
deriva dei continenti (vedi com’era messa la geologia ai tempi), è
un’operazione molto consapevole: resa folle di presupposti scientifici.
Interessante la monomania legata alla terra, dal punto di vista psicoanalitico
non riesce a separarne: madre natura da cui la creatura non riesce a
separarsene. L’incito a superare antiche dicotomie: cultura vs natura, uomo vs
ambiente; lui non vede questa dicotomia (ficus indiano) per via del delirio:
viene risucchiato dalla terra ed è indistinguibile da essa, il delirio è un tentativo
di riagganciarsi alla realtà. Qui è il tentativo di superare la differenza abitante-
habitat in chiave regressiva (io padrone del mondo sento Gaia padrona di me,
Gaia non è descritta come animale placido, è un animale che ha dei suoi piani
segreti, il matto crede di essere in contatto telepatico con la terra e crede di
essere in contatto con questo pachiderma enorme i cui piani non sembrano
includere l’uomo attraverso terremoti e deriva di continenti). “Chissà che un
giorno io non diventi un pezzo di terra, misterioso e terribile, metà demoniaco
metà ferino, interamente bisbetico, pazzo, turbolento, capriccioso e triste come
lei”. Tommaso Landolfi moltissimo trae da Poe, racconti narrati da una voce
folle “La tenia mistica” una sorta di svolazzo in cui lui dice che la terra è abitata
da un’immensa tenia.
De castro, pag 185: noi moderni abbiamo sempre pensato in chiave politica e
la natura lì, sfondo neutro inerte delle gesta dell’uomo economico. il mondo
non è il contesto di un soggetto che lo rende oggetto. Terrificante teofania di
Gaia, Lathur: filosofo con forte impronta scientifica. La terra non è un corpo
fisico in equilibrio, è solo pura eccezionalità, immanente, non unificata, lontana
dall’equilibrio. Non ci sono leggi matematiche che risolvono problemi planetari.
Gaia è un gigantesco pasticcio, accordo discostante. La terra Gaia deve essere
storicizzata in quanto abitata da esseri umani. Gaia siamo ANCHE noi.
Coabitazione impossibile tra Gaia e umanità. Noi non siamo pensabili al di fuori
da gaia.
20/03
La nube purpurea da pag 174-175 (strana la sua subitanea trasformazione in
un orientale), ancora prima a pag 168-169-170 vuole chiudere i ponti con la
sua cultura di origine, gli pare una burla perché la sua cultura è ammalata di
una mostruosa fame di avidità e di potenza -> causa apocalisse o perché
cultura illuministico-borghese -> cultura del rispetto e dei diritti di ogni uomo e
del cittadino (qui la burla suona meglio, si sente preso in giro perché la filosofia
filantropica della cultura occidentale è smentita dal suo riempirsi di arsenali).
Ambasciata turca>> esotica, in nome di questa cultura orientale (cultura della
monarchia assoluta) continuerà a far saltare in aria le città. La sua
trasformazione in satrapo orientale non ha niente di razionalmente positivo.
Anzi è un tuffo nel più radicale irrazionalismo della sua solitudine. Da solo,
infatti è sbattuto di fronte alla propria follia. (Quindi gli abiti occidentali erano
una burla perché NON colpevoli, l’abito orientale invece non finge, è diretto nel
parlare).
Arci-uno: Max Stimer, L’unico è la sua proprietà, idea di unicità dell’individuo,
nata dalla prospettiva trionfalistica della classe borghese dominante: sono
coloro che hanno il coraggio di fondare il proprio mondo e diventarne satrapi.
Ritratto compiaciuto di un poeta decadente che odia ogni tipo di lavoro in
quanto si tratterebbe di un dovere inviato dall’alto. L’unico vorrebbe auto-
fondarsi e fare ciò che ha deliberato: il delirio di chi si crede un dio.
Il personaggio è ondivago nel suo agire cambia continuamente idea, progetti,
desideri come se si trovasse a fare cose senza capirne il motivo, come se il
soggetto fosse fuori di sé, come se fosse sempre sorpreso dalle sue azioni
introdotte spesso dall’espressione “a un tratto”.
Adam ha ormai l’abbigliamento di un uomo orientale. Si parte da una
situazione molto narcisistica: contempla un ritratto di sé stesso, la cravatta
nell’immagine suscita ilarità perché è il simbolo del borghese del 19esimo
secolo che crede di poter normare tutto e legiferare su tutto, l’abbigliamento
orientale ricorda che ognuno di noi è egoista ed egocentrico, senza ipocrisia. In
9 mesi Adam
sembra essere regredito in una sorta di narcisismo assoluto, tra le evidenze:
essere certi che in ogni angolo c’è qualcuno che ci spia, l’”altro”. Essere umano
vuol dire trovarsi in un oceano di sguardo, e se non c’è nessuno è ancora
peggio. Tipico scrittore a cavallo tra i due secoli che “spira” la penna in mano
sull’ultima pagina alla quale sta lavorando. Cloda lasciava sgocciolare un
liquidò rosso come i semi di melograno Immagine tratta da Allan Poe: donne
avvelenatrici. Il soggetto diventa vittima di un attacco di panico incontrollabile,
sente la voce impastata di terra e veni di Cloda (ricorda un sogno in cui Cloda
avvelenava Peterns). L’immagine del corpo di Cloda è un quadro di Cloda che
non ha più un naso, ma conservata bene del resto, quadro gotico-romantico
(sempre alla Allan Poe), probabilmente mantenuto dai gas. L’immagine è alla
maniera di illustratori come Ferdinando Martini o Rox che si sono misurati con
Allan Poe. La voce sentita precedentemente in realtà era emessa da un
fonografo, come sempre una nuova tecnologia ha un fascino che agli inizi è
paragonabile a quello della magia. Shiel è un chimico, un continuum di
vocazione allo sterminio. Noi siamo capripedi (in porta Galliera, altorilievi in
bronzo, oltretutto una capripede, Guru, è protagonista della pietra lunare),
siamo sirene e assurdi parti prematuri (siamo capaci di invenzioni tecnologiche
premature, delle quali non siamo all’altezza dal punto di vista umano). Già in
questo libro pubblicato nel 1901 abbiamo un af
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