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Le Operette Morali di Leopardi
Conclude ironicamente l'operetta dicendo che, quando questa perfezione sarà disvelata potranno con i suoi soldierigere un tempietto o una statua. Il finale della statua e del monumento a qualcosa che non esiste si trova anche nel Dialogo della Natura e un Islandese ed è una sorta di chiusa ironica che Leopardi pratica più volte. L'operetta ha un dichiarato intento polemico: in una lettera a Stella del 16 giugno del 1826, Leopardi dice che le Operette morali sono un testo contro i filosofi moderni e che questa operetta in particolare costituisce un'apologia dell'intera opera contro i filosofi moderni. L'altezza cronologica di questa operetta è la stessa delle Canzoni e, in particolare, della canzone Bruto Minore, in cui Bruto, sul campo di Filippi, avrebbe pronunciato la celebre frase "Virtù, tu non sei che un termine vano". Su questa frase, che Leopardi riprende e celebra nella sua canzone, si erano già.espressi molti nel Settecento, in particolare in ambito illuministico: la frase e il personaggio erano stati interpretati negativamente come esempio dell'eroe storico che, alla fine, si rende conto di come tutto il suo agire non sia stato altro che il frutto di una grande illusione. Non a caso, il Settecento illuministico oppone al modello di Bruto quello di agire e costruire le proprie azioni sulla base di una razionalità che tenga sempre conto del rapporto della realtà. Vengono quindi stigmatizzati i modelli storici delle passioni esagerate e che inseguono realtà troppo distanti, perché quello che bisogna fare è costruire, passo per passo, senza affidarsi a lanci estremi che possono anche nascondere insidie ed essere controproducenti. C'è quindi una sorta di riduzionismo della figura di Bruto, in vari ambiti, tranne in quello della tragedia (Alfieri) in cui Bruto continua a essere l'eroe repubblicano. Nel caso di Leopardi, proprioPerché Bruto riconosce la portata della sua illusione, egli sa che quella lo ha condotto a vivere e combattere per un'idea magnanima; dunque la considerazione di Bruto sul campo di Filippi, riletta da Leopardi, non è quella secondo cui Bruto ha riconosciuto di aver operato vanamente ma che, nonostante abbia riconosciuto che ciò che ha fatto è frutto di illusione, non per questo è stato meno grande. Questa è la rilettura di Leopardi che va messa in relazione con questa operetta.
La scommessa di Prometeo: L'operetta è costituita da una serie di quadri: il primo si svolge nell'America del Sud, in cui abbiamo a che fare con un selvaggio antropofago; il quadro si sposta nelle Indie, in cui c'è una vedova che si lascia ardere sul rogo del marito; l'ultimo quadro è nella "civilissima" Europa, in cui abbiamo a che fare con il suicidio e l'omicidio di un nobile inglese.
In questa operetta
c'è il riuso di un altro genere che è il genere della scrittura di viaggio, praticata moltissimo durante tutto il Settecento e Ottocento e di cui Leopardi era lettore avidissimo (forse proprio perché per le sue condizioni aveva potuto viaggiare poco) tanto è vero che si era abbonato a una serie di testi che venivano pubblicati a Milano da Sonzogno, che era appunto resoconti di viaggio di grandi esploratori e viaggiatori settecenteschi come Cook e di Bougainville; testi che erano grandi contenitori di elementi esotici e avventure, che attraggono molto Leopardi. Nelle Operette morali si nota infatti che gli imput che provengono dalle scritture di viaggio vengono riutilizzati per costruire i testi. La scommessa di Prometeo recupera anche il mito di Prometeo, che viene mescolato alla scrittura di viaggio creando un genere ibrido. Il tema è, ancora una volta, quello dell'infelicità e della perfezione. Il viaggio viene compiuto da Prometeo e Momo,
che rappresentano due visioni del mondo: Prometeo è colui che ha così tanta fiducia nell'uomo da rubare il fuoco e consegnarlo all'umanità, Momo è un'altra maschera di Leopardi. La duplicità del punto di vista è importante perché il dialogo, cioè la verità sull'uomo, si costruisce attraverso un doppio sguardo e al centro non c'è un ragionamento astratto ma c'è la visione dell'uomo in momenti diversi della sua esistenza e della sua civiltà, per arrivare alla conclusione che la felicità non esiste da nessuna parte e non esiste neanche tra i selvaggi. Non solo, ma tra i selvaggi che mangiano i propri figli e il nobile londinese che, in preda della malinconia, uccide se stesso e i propri figli, c'è un filo diretto, una stessa imperfezione che unisce i due esempi. Nel primo quadro vengono smentite l'ipotesi del "buon selvaggio" eL'idea che esistessero popoli felici che costituivano un esempio alternativo alla civiltà, come avevano sostenuto alcuni viaggiatori illuministi del Settecento come Bougainville. Secondo Leopardi il percorso dell'uomo nella storia non è un percorso di perfezione: l'uomo è sempre immobile, ed egli lo descrive. Tra i selvaggi dell'America meridionale, la vedova su rogo e il nobile inglese sussistono infatti pochissime differenze; secondo Leopardi sono tutti esempi di una specie umana tutt'altro che perfetta.
Dunque, l'operetta smentisce, in primo luogo, il discorso sulla perfettibilità dell'uomo: anche nel cammino della civiltà egli rimane un assassino tale e quale a prima. Viene poi smentito un altro topos del Settecento rousseauiano, quello del "buon selvaggio" - idea che, in una certa accezione banalizzata, era stata recepita dal suo discorso su uno stato ideale dell'umanità ai primordi.
– felicerispetto ai popoli degli uomini civilizzati.In un passo dello Zibaldone, risalente al 5 marzo 1822 e contemporaneo al lavoro sulle Operette morali, Leopardi fa riferimento all'idea della provvidenza:Asseriscono che la natura adatta espressamente all'uomo la facoltà di perfezionarsi e voluto che l'adoprassee però non ha provveduto a lui del necessario così bene come agli altri animali.Siccome la natura ha dato all'uomo la facoltà di perfezionarsi, non gli ha dato tutte le caratteristiche per adattarsi all'ambiente che hanno invece gli animali, perché egli si deve appunto perfezionare e quindi trovare da sé gli strumenti che agli animali vanno dati.E anzi, gliene ha mancato anche nel più essenziale.Cioè l'uomo sembra più privato dalla natura rispetto agli animali proprio perché invece ha questa ricchezza che consiste nel perfezionarsi.E da questa facoltà voglionoche precedono la perfezione sono infelici. Questo è un aspetto negativo della provvidenza, secondo Leopardi.precedenti devono patire l'infelicità. Leopardi qui oppone, ancora una volta, l'importanza dell'infelicità dei singoli rispetto alla specie: non importa che l'uomo sarà prima o poi perfettibile se, nel frattempo, milioni di individui sono infelici.
Questo discorso sulla capacità dell'uomo di procurare la felicità ai propri simili deriva da una fiducia nella possibilità di cambiare le cose: filosofi come Verri e Beccaria in Italia e Voltaire in Francia credevano che riformare la giustizia e la società potesse portare a quella felicità, insita nella natura umana, che la struttura sociale e politica e, soprattutto, le condizioni preilluministiche avevano generato.
Da questo punto di vista, in Leopardi non c'è mai nessun accenno al discorso delle riforme: la felicità e l'infelicità sono assunti in senso sensibile, in rapporto all'individuo, e non riguardo a una
capacità di cambiare la società. In Leopardi non c'è interesse per un discorso di tipo civile o riformistico ma c'è un ragionamento che parte dalle condizioni dell'uomo in quanto uomo, che è sempre uguale, dai primordi fino all'epoca contemporanea all'autore. La scommessa di Prometeo è un testo che avrà una lunga storia, tanto è che anni più tardi, nel 1857, Nievo ne riprende alcuni frammenti, e cita Leopardi come esempio in un capitolo del romanzo Il barone di Nicastro, che precede le Confessioni d'un italiano. L'anno ottocento trentatremila dugento settantacinque del regno di Giove, [...] Leopardi inizia l'operetta con una parodia dei romanzi fantascientifici che avevano iniziato a circolare a fine Settecento, che configuravano delle situazioni utopistiche parlando di scenari distopici in cui l'uomo era già arrivato a una forma di perfezione, e che quindicelebravano un futuro in cui l'uomo aveva trionfato dal punto di vista della tecnica e delle scoperte scientifiche. Questi romanzi mostravano inoltre degli scenari distopici. L'attacco dell'operetta lega quindi Leopardi agli autori dei romanzi utopistici e distopici. [...] il collegio delle Muse diede fuora in istampa, e fece appiccare nei luoghi pubblici della città e dei sobborghi d'Ipernèfelo, diverse cedole, nelle quali invitava tutti gli Dei maggiori e minori, e gli altri abitanti della detta città, che recentemente o in antico avessero fatto qualche lodevole invenzione, a proporla, o effettualmente o in figura o per iscritto, ad alcuni giudici deputati da esso collegio. [...] Leopardi non solo fa una parodia dei romanzi utopistici ma anche dei premi banditi dalle società scientifiche, soprattutto tra Settecento e Ottocento, a uno dei quali Leopardi aveva anche partecipato proprio con le Operette morali, che vennero peròscartate a riprova di quanto l'opera suonasse inattuale all'interno di questi gruppi culturali. La prima ambientazione del racconto è collocata nel regno di Giove, quindi in una sorta di tempo mitico, in cui si trovano i due personaggi di Momo e Prometeo. Qui viene bandito un premio a cui tutti g