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Rispetto a Smith vi è invece un cambiamento di metodo: Ricardo ha una mentalità

analitica, con un’esigenza innata di rigore logico, che lo spinge a escludere dall’analisi

tutto ciò che non è direttamente rilevante per il problema in esame. Inoltre, Ricardo si

concentra sulla distribuzione del sovrappiù tra rendite e profitti e sulle sue

conseguenze per il ritmo di accumulazione e di crescita dell’economia. Ciò significa

assumere come dati la tecnologia e il salario mentre, in conseguenza dell’accettazione

della legge di Say, il livello di produzione e di occupazione è, in ogni dato momento,

quello reso possibile dall’accumulazione di capitale:

Per quanto riguarda l’ipotesi di salario dato, Ricardo segue la teoria della

- popolazione di Malthus, e assume che il salario sia pari al livello di sussistenza

(nel senso di un minimo storico-sociale del tenore di vita accettabile per i

lavoratori). In questo modo, il sovrappiù risulta ripartito tra rendite, utilizzate

essenzialmente in consumi di lusso, e profitti, largamente destinati agli

investimenti;

Il problema della rendita viene risolto grazie alla teoria della rendita

- differenziale: una teoria spesso attribuita a Ricardo, ma che in effetti è

sviluppata da Malthus e (probabilmente) West prima che da Ricardo. Secondo

tale teoria, per ogni terreno la rendita è pari alla differenza tra i costi unitari

relativi alla meno fertile tra le terre in coltivazione, e i costi unitari relativi al

terreno in questione, moltiplicata per la quantità di prodotto ottenibile su di

residuale,

esso. Il profitto risulta così definito come grandezza cioè come quella

parte del sovrappiù che non viene assorbito dalle rendite.

Poiché lo sviluppo viene dall’accumulazione e quindi dai profitti, tutto ciò che riduce i

profitti costituisce un ostacolo allo sviluppo. Per una data dimensione del sovrappiù, i

profitti diminuiscono quando aumentano le rendite. La diminuzione dei profitti si

trasmette dall’agricoltura all’industria, tramite l’aumento del prezzo dei prodotti

agricoli e quindi dei salari. Tutto ciò rallenta l’accumulazione. Ricardo esprime così sul

piano analitico il contrasto d’interessi tra i proprietari terrieri e la borghesia

industriale: lo scontro sui dazi doganali è uno degli episodi centrali di questo

conflitto.

Dal ‘modello grano’ alla teoria del valore-lavoro

Abbiamo visto il ruolo centrale che Ricardo attribuisce ai profitti nel processo di

sviluppo dell’economia. Tuttavia, più che l’ammontare aggregato di profitti, è il

saggio di profitto. Ciò avviene per due motivi:

1. In primo luogo, in una società capitalistica guidata dalla concorrenza, cioè nella

quale i capitalisti sono liberi di trasferire i loro fondi da un impiego all’altro, il

rendimento dei fondi investiti nei vari settori di attività – il saggio del profitto –

uniforme.

deve risultare grosso modo Il saggio di profitto quindi regola gli

investimenti indirizzati alla produzione delle diverse merci: è da questo

meccanismo concorrenziale che dipende il buon funzionamento del mercato

nell’assicurare la corrispondenza tra merci prodotte e merci richieste dagli

acquirenti;

2. In secondo luogo, il saggio del profitto è anche un indicatore del ritmo

potenziale di crescita dell’economia. Esso infatti è pari, per definizione, al

rapporto tra profitti e capitale anticipato; nell’ipotesi che i profitti vengano

interamente destinati a investimenti, tale rapporto diviene pari a quello tra

investimenti e capitale anticipato, cioè al tasso di accumulazione. Inoltre, se

prescindiamo dal progresso tecnico e supponiamo che la capacità produttiva

disponibile sia interamente utilizzata, il saggio del profitto risulta pari al tasso di

crescita del prodotto nazionale.

Per Ricardo, spiegare se e per quale motivo il saggio del profitto tende a diminuire nel

tempo e individuare i fattori che possono contrastare questa tendenza significa

spiegare il ritmo di sviluppo economico.

Secondo l’interpretazione di Sraffa (1951), possiamo distinguere due tappe nel

pensiero di Ricardo:

La prima tappa avrebbe inizio nel 1814, con un appunto sui ‘profitti del capitale’

 andato perduto, per concludersi con il Saggio del 1815;

La seconda tappa, avviata dalle critiche di Malthus al ‘modello grano’ di

 Ricardo, culmina nei Principi del 1817.

Il saggio di profitto è pari al rapporto tra profitti e capitale anticipato. Per calcolare

grandezze omogenee.

questo rapporto entrambi debbono essere espressi in termini di

Ricardo consegue quest’obiettivo interpretando profitti e capitale anticipato nel

settore agricolo come quantità diverse di una stessa merce, il ‘grano’, che è l’unico

prodotto ed è anche l’unico mezzo di produzione (sementi) e di sussistenza per i

lavoratori impiegati. Naturalmente, poiché in concorrenza il saggio del profitto deve

uguale

essere nei diversi impieghi del capitale, il saggio di profitto così calcolato dovrà

valere in tutti i settori dell’economia, mentre i prezzi relativi delle altre merci variano,

rispetto al grano, in modo da assicurare l’uniformità del saggio del profitto. Secondo

Malthus, tuttavia, Ricardo non può aggirare il problema del valore e determinare il

saggio del profitto come rapporto tra quantità fisiche di una stessa merce, dal

momento che in ogni settore si utilizzano mezzi di produzione eterogenei tra loro e

rispetto al prodotto. Dopo avere a lungo riflettuto su queste critiche, di cui riconosce

la validità, Ricardo propone nei Principi una nuova soluzione, utilizzando la teoria del

valore-lavoro contenuto per spiegare i prezzi relativi. In base a questa teoria, il

rapporto di scambio tra due beni corrisponde al rapporto tra le quantità di lavoro

direttamente e indirettamente necessarie alla produzione di ciascuno di essi. Smith

stadio rozzo e

aveva già proposto la teoria del valore-lavoro, come valida per lo ‘

primitivo’ che precede la separazione tra lavoro e proprietà del capitale e della terra,

e quindi la separazione tra salari, profitti e rendite. Ricardo ne estende l’applicazione

alle economie capitalistiche, supponendo che per ciascun bene l’ammontare di profitti

e rendite che si aggiungono ai salari per arrivare al prezzo sia grosso modo

proporzionale all’ammontare di lavoro richiesto per la produzione. Si tratta di

un’ipotesi irrealistica; ma questo fatto non disturba troppo Ricardo.

Grazie alla teoria del valore-lavoro, Ricardo può misurare sia il prodotto sia i mezzi di

omogenei,

produzione e di sussistenza in termini come quantità di lavoro contenuto in

essi. Il valore del prodotto annuo di un sistema economico è pari alla quantità di

lavoro complessivamente prestata nello stesso periodo di tempo. Per differenza tra

valore del prodotto e valore dei mezzi di produzione, anche il valore del sovrappiù

risulta espresso come una quantità di lavoro. Eliminato il problema della rendita,

anche i profitti risultano determinati. Il saggio del profitto risulta così pari al

rapporto tra profitti e capitale anticipato, espressi come quantità fisiche di

una stessa grandezza (tempo di lavoro).

Valore assoluto e valore di scambio: la misura invariabile del valore

limiti

Nei Principi Ricardo indica i della teoria del valore-lavoro. I prezzi relativi

determinati dal rapporto tra le quantità di lavoro direttamente e indirettamente

necessarie a produrre i diversi beni violano la condizione di uniformità del saggio

del profitto nei vari settori per tre motivi: la diversa durata dei processi produttivi, il

variare del rapporto tra capitale fisso e capitale circolante, la differente durata del

capitale fisso nei diversi settori. La teoria del valore-lavoro può quindi essere

approssimata

considerata, al più, una teoria dei prezzi relativi. Per Ricardo,

comunque, il problema non è stabilire l’ampiezza del margine di approssimazione, ma

‘metro invariabile’

piuttosto vedere se si può trovare un per i valori di scambio.

Ricardo si attiene qui a un riferimento tradizionale: il tempo di lavoro necessario a

ottenere una data quantità di prodotto. Tuttavia, la misura prescelta da Ricardo

inadeguata

si rivela di fronte a cambiamenti nella distribuzione del reddito tra salari e

profitti. Infatti quando due merci, prodotte da una stessa quantità di lavoro, sono

ottenute con periodi di produzione diversi o con una diversa proporzione tra capitale

circolante e capitale fisso, il loro valore relativo varia al variare della distribuzione, e la

nostra misura invariabile non è in grado di indicarci l’origine di questa variazione del

valore di scambio. Di fronte a queste difficoltà, la strada seguita da Ricardo appare

destinata al fallimento.

Moneta

È comune attribuire agli economisti classici, incluso Ricardo, la teoria quantitativa

della moneta. Secondo tale teoria, le variazioni della quantità di moneta in

esogene,

circolazione – considerate cioè autonome dalle altre variabili economiche –

determinano le variazioni del livello generale dei prezzi, senza influenzare né il livello

dell’attività produttiva (che coerentemente con la legge di Say dipende dalla capacità

produttiva disponibile, quindi dall’accumulazione di capitale effettuata nel corso del

tempo) né la velocità di circolazione della moneta, che dipende da fattori istituzionali

e consuetudinari. Tuttavia, accanto ai diversi elementi che compongono la teoria –

dalla legge di Say all’idea di una velocità di circolazione della moneta relativamente

stabile – Ricardo ne considera altri, che contribuiscono a complicare il quadro:

In primo luogo, ricorda che l’oro, o più in generale i metalli preziosi, sono merci

 prodotte, di cui è possibile aumentare la quantità disponibile;

In secondo luogo, vi è il problema della relazione tra oro e biglietti emessi dalle

 banche, che costituisce il nodo centrale della teoria monetaria di Ricardo. Per

moneta Ricardo intende l’insieme delle attività finanziarie comunemente

utilizzate come mezzo di pagamento, quali le banconote emesse dalle principali

banche; ad esse Ricardo applica l’idea centrale della teoria quantitativa: il loro

valore varia in relazione inversa alla loro quantità. In altri termini, il potere

d’acquisto della moneta rispetto alle merci in generale va scomposto in due

relazioni distinte: il rapporto di scambio della moneta con l’oro, ovvero il valore

della moneta;

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Scienze economiche e statistiche SECS-P/04 Storia del pensiero economico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ssylvia1234 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero economico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Dotti Stefano.
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