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L’ETÀ LUTERANA
La riforma dello stato
Al tempo in cui si avvia la riforma luterana si assiste ad una riforma dello stato. Questo ci fa
pensare che lo stato già esista. In realtà, quando Berman parla di riforma dello stato, quando
pronuncia la parola stato, pensa alla relazione tra impero e chiesa: perché quell’ordinamento
giuridico su cui si è sorretto il medioevo può essere chiamato stato perché presenta degli
elementi costitutivi, ma quando parliamo di stato moderno non facciamo al riferimento allo
stato di oggi. Lo stato dell’età moderna oggi non esiste più. Esiste un momento moderno,
nell’evoluzione del concetto di stato, con il significato che all’aggettivo “moderno” si dà
nell’età moderna.
La categoria logica “stato” attraversa i secoli e per questo noi oggi rifiutiamo di pensare ad
uno stato moderno che inizia con l’età moderna. Partiamo dall’idea di stato ed esso, nelle
diverse età della storia, si caratterizza sempre in modo diverso: quei caratteri che presenta
nell’età moderna sono già presenti nell’età pre-moderna e sono, invece, assenti nell’età
contemporanea.
Quindi, Berman parla di riforma dello stato perché è vero che la parola stato non era in
circolazione presso i giuristi medievali, i quali usavano la res pubblica, tuttavia, esiste lo
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stato pre-moderno. Oggi si parla di stato già da Carlo Magno, cioè da quando si ricompone
un’unità politico-giuridica e a partire dalla quale assistiamo a continue trasformazioni.
Bisogna indagare come i tre elementi (territorio, popolo e sovranità) si combinano e si
costruiscono, prima per sé e poi in relazione con gli altri. Cioè, quando siamo di fronte ad
un popolo e non ad una massa, come si relaziona con il territorio, come questo territorio
diviene elemento costitutivo dello stato, ossia l’elemento attraverso cui si indica uno spazio
di giurisdizione, e come il concetto di sovranità si articola e relaziona con il territorio e la
popolazione. È dal diverso modo di combinarsi di questi tre elementi che lo stato muta
continuamente.
Lo stato, nella fase moderna, vede una sovranità i carattere potestativo: il sovrano è colui
che è più alto in grado, in una gerarchia di poteri, con riferimento alla giurisdizione. Invece,
il medioevo vede una gerarchia autoritativa: il potere imperiale è nel più alto grado con
riferimento ai poteri civili ma non lo è con riferimento al potere della chiesa. Quindi, c’è una
gerarchia autoritativa che non impedisce anche la sovranità potestativa ma ne è un limite
perché l’auctoritas sta fuori dallo stato. Il problema è inserire la chiesa all’interno dello stato
e, quindi, sottometterla dal punto di vista potestativo.
Con l’età moderna, l’auctoritas dello stato è originaria perché non deriva da nessuno e di
conseguenza lo è anche la potestas, che trova fondamento di legittimità nel potere civile
senza attendere che glielo dia la chiesa. La chiesa viene spostata dentro lo stato e viene
privata di potestas.
L’auctoritas è la capacità di distinguere il giusto dall’ingiusto ed è la fonte di legittimità del
potere di dichiarare qualcuno colpevole o innocente. Non può esistere potestas priva di
auctoritas. L’auctoritas è il requisito di legittimità della potestas. Nel medioevo chi stabilisce
cosa è giusto o ingiusto? Il corpus iuris civilis, all’interno del quale sono rivelati i principi
divini, e la chiesa, la quale funge da organo di controllo dell’operato dell’imperatore e di
qualunque forma di potere civile.
Tutto questo subisce una trasformazione.
Quando parliamo di riforma dello stato ai tempi del luteranesimo parliamo di riforma religiosa
e di riforma della chiesa. Come dice Berman, sono due facce della stessa medaglia: se nel
medioevo lo stato è sorretto da un’auctoritas e una potestas che sono divise su due fronti,
con la riforma luterana, questi due fronti scompaiono perché si procede ad una riforma della
chiesa, la quale può essere condotta perché si riforma il credo religioso. Si riparte dal potere
delle chiavi, dal significato di auctoritas e potestas, e una volta messo in discussione il potere
delle chiavi e l’endiadi auctoritas e potestas riferite ai due sommi poteri medievali, ne risulta
uno stato che ha caratteri differenti rispetto a quello medievale. Prende il nome di stato
moderno perché si realizza cronologicamente in quell’arco di tempo che convenzionalmente
chiamiamo età moderna.
La rivoluzione protestante ha una caratteristica precisa che la qualifica in modo puntuale e
con caratteri suoi propri e che la fa differire dalla rivoluzione gregoriana. Questa peculiarità
sta nel fatto che fu una rivoluzione che coinvolse l’intera popolazione, cioè, si trasformò in
una sorta di guerra civile. È una rivoluzione che parte dal basso: è un modo di genesi del
diritto che non viene da un potere, dall’alto, ma nasce dalle coscienze. Paolo Grossi usò
questa espressione per spiegare la forza della consuetudine nel medioevo, cioè quel diritto
che coinvolge gli usi e la mentalità giuridica. La consuetudine, nella dimensione medievale
del diritto, è al primo posto se dovessimo tracciare una sorta di gerarchia delle fonti.
Proprio perché si fa riferimento ad un diritto che non è imposto dall’alto ma è frutto di una
scelta di ciascun soggetto all’interno dell’ordinamento, è un’espressione che si presta anche
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per comprendere che la rivoluzione luterana, rimescolando la coscienza, finisce per far
nascere addirittura il diritto pubblico dal basso.
I concili avevano creato un sistema giuridico molto rigido: ad esempio, il fatto che fosse stata
istituita la confessione auricolare obbligatoria con Innocenzo III nel quarto concilio
lateranense. Da parte della chiesa quel sistema medievale aveva fatto si che i soggetti
fossero gravati da una serie di adempimenti, obblighi e divieti. Per cui il luteranesimo si
presenta come una sorta di liberazione dai lacci della chiesa tardo medievale che usa il
diritto come strumento di salvezza dell’anima. Per il luteranesimo il diritto non serve a
salvarsi l’anima, semmai comportarsi in modo da salvare l’anima serve a creare un buon
diritto e un buon ordinamento: si rovescia la direzione interpretativa della relazione tra
temporale e spirituale. L’elemento temporale non serve per la salvezza spirituale ma la
buona condotta spirituale serve per creare buoni e giusti ordinamenti temporali.
In realtà, in fondo a questo sistema pesante di obblighi e divieti creato dalla chiesa c’è
l’esigenza di creare la chiesa come stato al pari di quanto si andava facendo presso i poteri
civili. Anche i poteri civili erano poteri oppressivi, non lo era solo la chiesa. Il filo rosso che
lega tutto queste cose è l’idea di un potere assoluto che tende a rivendicare per sé auctoritas
e potestas e lo vuole fare all’interno di uno spazio territoriale, che comincia a diventare un
spazio di esercizio di giurisdizione e potere su soggetti che sono i destinatari di quel potere.
Siamo di fronte ad una tappa di trasformazione dello stato nella direzione della sovranità di
carattere potestativo.
Sono due ordinamenti che si contendono il potere e quando questo accade si hanno anche
dei soprusi.
Quindi, si ha una riforma religiosa che coinvolge le coscienze e si tramuta in rivoluzione
civile oltre che rivoluzione della chiesa e dell’impero.
Il risultato è che l’intero ordine giuridico europeo e risulta trasformato: questo perché si
rompe l’utrumque ius che viene dal medioevo, che è esemplificazione del carattere di
sovranità e di stato medievale, che si fonda sulla compenetrazione tra temporale e spirituale
a partire dall’idea che l’uomo è fatto di corpo ed anima in un tutt’uno ma in cui l’anima ha
una dignità superiore a quella del corpo. L’anima fa differire la dignitas della persona umana
rispetto a tutte la altre forme di vita sulla terra.
Si rompe l’unità religiosa e si rompe anche l’unità politica: il papato è vedovato dell’impero
e l’impero è vedovato del papato. L’unità non si rompe solo perché si rompe il sistema di ius
commune ma anche, e soprattutto, perché si rompe l’unità religiosa: il mondo non si divide
più tra fedeli e infedeli, ma la rottura avviene dentro la cristianità. I cristiani si suddividono in
tante forme di cristianesimo, tra cui quella luterana-protestante.
Per comprendere come ciò possa avvenire dobbiamo fare un passo indietro e far luce sulla
situazione politico-giuridica della Germania di questo momento, da cui scaturisce anche
l’elezione imperiale.
In questo momento, la Germania è fatta di principati, land, e città libere. In questo momento
è imperatore Carlo V: è l’ultimo imperatore incoronato dal papa e abdicherà: si aumenta la
sfera di influenza imperiale ma in un contesto che continua ad essere fortemente in crisi.
Carlo V, attraverso politica matrimoniale, porta all’impero la Spagna. Quindi, con l’elezione
di Carlo V si allarga la sfera di influenza imperiale. Da questo punto di vista, si assiste ad
una sorta di rilancio della figura imperiale come istituzione politico-giuridica. Tuttavia,
l’impero è comunque un impero indebolito: si va rafforzando dal punto di vista territoriale ma
è un rafforzamento che non produce forza politica. Questo soprattutto perché manca un
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tribunale imperiale. La storia del diritto passa attraverso il potere giurisdizionale: ancora oggi
il problema della giustizia è fondamentale nel declinare l’assetto dell’ordinamento giuridico.
Poco prima di Lutero, nel 1495, viene fondato il tribunale camerale dell’impero: si tenta,
attraverso l’istituzione di un tribunale imperiale, di salvare l’istituzione imperiale. Tuttavia,
l’ascesa dei poteri a vocazione nazionale fa si che l’impero tenda a divenire esso stesso
uno stato fra gli stati.
Quindi, la Germania vede la presenza di principati, che aspirano all’indipendenza
dall’impero, e città libere imperiali. Il resto d’Europa ha, allo stesso modo, forme di
ordinamenti che non riconoscono la superiorità dell’impero. Questo ci pone di fronte al fatto
che Lutero riesca a radicare la propria riforma religiosa nei territori, cioè, trasforma la riforma
religiosa in riforma politica. Cambiare i pilastri por