Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ALTRE CONVENZIONI E TRATTATI IN MATERIA DI DIRITTI UMANI
1948, Convenzione per la Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio
Durante il processo di Norimberga il capo di imputazione per il crimine di genocidio NON è
presente, perché nel 1946 non esisteva, non era ancora stato definito giuridicamente. Attraverso
la Convenzione per la Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio, il genocidio diventa
un crimine contro l’umanità. ‘30,
Il giurista statunitense Lemkin negli anni tra la prima e la Seconda guerra mondiale, dedica
ai suoi studi al caso della persecuzione della comunità armena. Sotto il profilo storico, la prima
fattispecie di genocidio che viene ad essere qualificata tale è il crimine perpetrato dal governo
ottomano nei confronti dei cittadini turchi di gruppo etnico, armeno, religione cristiana. Gli studi
del giurista vengono trasfusi, trasfusi nella CPPCG che entrerà in vigore nel 1951. Attraverso
questa convenzione, Il genocidio diventa una fattispecie di crimine penale internazionale
autonoma e distinta dai crimini contro l'umanità.
Art.1 Il genocidio è un crimine penale internazionale sia che venga commesso in tempo di pace
sia che venga commesso in tempo di guerra, e le parti si impegnano a prevenire ed a punire. I
32
responsabili che commettono il genocidio saranno puniti, sia che rivestano la qualità di
governanti costituzionalmente responsabili o che siano funzionari pubblici o individui privati*
*Per i crimini di guerra, ad esempio, sono perseguibili solo i membri delle forze armate. Il
principio di immunità funzionale dei corpi dello stato contempla eccezioni per le quali nemmeno
l’incarico di pubblico servizio esenta il soggetto da una responsabilità penale. Questo è il caso
ristretto di crimini penali internazionali come ad esempio il genocidio.
Art.2 Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuna delle condotte seguenti,
con l’intenzione
commesse (premeditazione) di distruggere (eliminare fisicamente, uccidere), in
tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale, linguistico o religioso:
- uccisione di membri del gruppo;
all’integrità
- lesioni gravi o gravissime fisica o mentale di membri del gruppo;
- la sottoposizione deliberata del gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua
distruzione fisica, totale o parziale;
misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;
-
- deportazione forzata e smembramento dei gruppi familiari per impedire la continuità della
razza;
- trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro
Art.3 si occupa della competenza a procedere giuridicamente contro i responsabili dei crimini di
genocidio. Questo, spetta
1. ai tribunali dello stato sul cui territorio si è verificato il crimine di genocidio
2. alle corti penali internazionali competenti in materia a cui lo stato sul cui territorio si è
verificato il crimine di genocidio riconoscano autorità (tutti gli stati chje hanno sottoscritto
trattati istitutivi della corte penale internazionale),
ad ogni soggetto giuridico di diritto internazionale in quanto competenza universale
3. dottrinaria (non riconosciuta a livello pattizio) per tutte le cross violation (crimini penali
internazionali) che afferma “per le tipologie di crimini più gravi, ogni soggetto giuridico
internazionale è competente a perseguire tale condotta”→ norma di diritto consuetudinario
1965 (1973*), Convenzione per la Eliminazione di ogni forma di discriminazione
razziale
Questa convenzione si inserisce nel processo di decolonizzazione che negli anni ’60 si avvia a
del progressivo abbandono della
livello normativo nei continenti africano ed asiatico. Nell’ambito
legittimazione dello strumento della colonia ne deriva anche lo sviluppo di normative miranti a
punire e reprimere forme di discriminazione razziale.
termini giuridici, il termine ‘razza’ ha piena legittimità
In ed indica il complesso degli elementi
somatici identificativi di un gruppo sociale.
Art.1: l'espressione "discriminazione razziale" sta ad indicare ogni forma di distinzione,
restrizione, limitazione o preferenza basata sulla razza, il colore, la discendenza o l'origine
nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il
riconoscimento, il godimento o l'esercizio, dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
estende la discriminazione razziale all’apartheid
*La convenzione del 1973 (in quanto conseguenza
dello stato discriminatorio sottoforma di applicazione nella prassi di pratiche di convivenza civile che
escludono l’eguaglianza tra gruppi distinti in nome di un concetto di discriminazione razziale)
Gli Stati parti condannano la discriminazione razziale in tutte le sue forme e si
Articolo 2:
impegnano a recepire nel proprio ordinamento interno atti o pratiche contro la discriminazione
razziale, agendo in conformità a tale obbligo;
Art.4: Gli Stati condannano la propaganda e tutte le organizzazioni che si basano su idee o
teorie di superiorità di una razza o di un gruppo di persone di un colore o di un'origine etnica, o
che tentano di giustificare o promuovere l'odio razziale e la discriminazione in qualsiasi forma,
e si impegnano ad adottare misure immediate e positive volte a sradicare ogni incitamento
1951 (1967*), Convenzione di Ginevra relativa allo status di rifugiato, richiedente asilo
e apolide
I flussi migratori incontrollati verso i paesi europei provenienti da aree di profondo disagio sociale
determinato da cause svaniate, hanno posto il problema della gestione di questi.
La convenzione non disciplina e non prende in considerazione la materia dei migranti economici.
Per migranti clandestini si intende coloro che per esigenze economiche si spostano su territori
di altri stati senza la debita autorizzazione degli stati in oggetto. Il fenomeno della migrazione
economica è governato dalla legislazione interna di ogni paese, in diritto internazionale non
È̀
esiste un diritto alla emigrazione, mentre esiste il diritto alla libera circolazione. necessario
operare un distinguo tra quelle che sono le categorie di soggetti migranti che emigrano da un
loro paese per ragioni di carattere squisitamente economico, cioè di disagio economico sociale
da coloro che viceversa fuggono dal loro stato di appartenenza per ragioni di persecuzione alla
propria persona o ai propri cari nell’ambito dei conflitti armati. Il fenomeno della migrazione non
regolare incarna il reato dell’immigrazione clandestina che può essere un illecito civile o penale.
Viceversa, i rifugiati hanno diritto a ricevere accoglienza sul territorio di altri stati secondo il diritto
internazionale.
La convenzione viene adottata nel 1951 ed entra in vigore nel 1954. Nasce su promozione delle
Nazioni Unite a seguito del disastro causato dalla Seconda guerra mondiale, le gravissime ferite
degli stati, le deportazioni di migliaia di cittadini da una parte all’altra
inferte alla sovranità
dell’Europa, lo stesso spostamento di masse di cittadini sfollati a seguito dei conflitti armati il
riassetto delle frontiere, aveva determinato la presenza di cittadini europei che attendevano di
poter nei loro stati di appartenenza, non avevano più uno stato di appartenenza e quindi non
avevano più una cittadinanza (apolidi), o che addirittura si rifiutavano di rientrare nel proprio
stato per il timore giustificato di essere oggetto di persecuzioni di carattere politico.
Prima del protocollo aggiuntivo del 1967, la convenzione faceva riferimento solo agli eventi
accaduti entro il gennaio del 1951. Con il protocollo aggiuntivo decade tale limite temporale e la
possibilita di poter applicare la disciplina avviene indifferentemente per ognuna delle situazioni
che seguono:
Chi è il rifugiato? Qualsiasi cittadino
1. che non si trovi sul territorio del proprio Stato,
2. che si sia allontanato dal territorio del proprio Stato, perché ha ragionevole motivo di
temere per la propria incolumità fisica, per i propri diritti fondamentali o della propria
famiglia, in virtù di convincimenti religiosi, politici, razziali, di appartenenza a gruppi
etnici, linguistici, religiosi, in virtù della sua manifestazione di pensiero o di opinione,
dell’esercizio dei diritti fondamentali
quindi in buona sostanza in virtù
3. il cui stato di appartenenza non voglia o non sia in grado di tutelare i suoi diritti fondamentali.
Il cittadino che ritenga che sussista la serie delle clausole di inclusione, ha il dovere di
presentarsi immediatamente agli uffici e agli organi competenti della pubblica amministrazione
del paese a cui si rivolge per presentare la sua richiesta di asilo. La procedura per concedere al
cittadino lo status di rifugiato si chiama procedura di richiesta d’asilo.
Nel momento in cui il richiedente presenta la domanda, il paese ospitante dovrà verificare la
sussistenza delle condizioni sopraelencate.
Lo status di rifugiato a differenza di quello di richiedente asilo non viene concesso
automaticamente perché lo stato ospitante deve verificare la veridicità delle condizioni affermate
dal richiedente. l’autorita giudiziaria debba svolgere una procedura investigativa
Ciò significa che del vissuto del
richiedente asilo ed acquisire tutti i dati possibili al fine di accertare:
l’effettiva presenza di
- motivazioni per cui temere per la propria incolumità fisica, per i
propri diritti fondamentali o della propria famiglia
l’effettiva mancanza di volontà dello stato di cittadinanza di garantire la tutela dello stesso
-
È fondamentale verificare l’identità della persona (nome, data di nascita, luogo, residenza,
occupazione, ecc.)
Spesso il richiedente asilo è un terrorista, un criminale, un migrante economico che cerca di
ottenere lo status di rifugiato al fine di godere di serie di misure di assistenza e protezione che
altrimenti non potrebbe vedersi garantiti.
34 il paese d’accoglienza ha il dovere
Per permettere al cittadino rifugiato una corretta integrazione,
di fornire i mezzi fino a che lo stato di appartenenza del cittadino non sia in grado di ripristinare
lo stato di diritto (garanzia dei diritti fondamentali) o quanto meno un sistema democratico o che
non compia discriminazioni.
I paesi occidentali si fanno un carico enorme in termini economico-sociali delle modalità di
assistenza nei confronti dei rifugiati (corsi di formazione, istruzione, protezione,). Quindi i paesi
ospitanti hanno degli oneri enormi, quasi tutti a carico del paese dell'Europa occidentale.
che vieta l’espulsione
Artt. 32, 33: è prevista una norma del rifugiato. È previsto il divieto di
espulsione dal territorio ospitante, ad eccezione delle ipotesi in cui il ri