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Il rivelatore a densità gassosa ( ) è un rivelatore universale che sfrutta la diversa

vedi figure della slide 8 del pdf

densità delle molecole del gas eluente e dell’analita. In pratica, quando dall’entrata dell’eluente e

dall’entrata del campione scorre lo stesso gas, la velocità che esso acquisisce nel ramo superiore e nel ramo

inferiore è la stessa; quando, invece, dall’entrata del campione insieme all’eluente scorre anche l’analita,

essendo quest’ultimo più pesante del gas eluente, si accumula nel canale inferiore; di conseguenza, il gas

eluente sarà veicolato principalmente verso il canale superiore (a velocità superiore) e questa maggiore

velocità determina un maggior asporto di calore dal termistore superiore.

I rivelatori a ionizzazione (che sono rivelatori molto più sensibili) sono numerosi e vengono classificati in

base a quale sorgente di eccitazione viene utilizzata; in particolare, si distinguono il rivelatore a ionizzazione

di fiamma (, quando la sorgente della ionizzazione è una fiamma) e il rivelatore a cattura di elettroni

(, quando gli ioni sono generati da un flusso di elettroni provenienti da una sorgente radioattiva che

emette particelle beta). In generale, le sostanze eluite dalla colonna gascromatografica vengono trasformate

dalla ionizzazione in ioni positivi ed elettroni, provocando così un passaggio di corrente in un campo

elettrico applicato.

Per quanto riguarda il rivelatore a ionizzazione di fiamma (, ), il gas di

vedi figura della slide 11 del pdf

trasporto e l’eventuale soluto separato nella colonna gascromatografica raggiungono la camera che

costituisce il rivelatore, dove vengono mescolati con un combustibile (solitamente idrogeno) e con un

comburente (aria o ossigeno); i due elettrodi collegati al circuito di misura sono l’ugello, da cui fuoriesce la

miscela gassosa e collegato in modo che funga da catodo, e il cilindretto metallico posto intorno all’ugello,

collegato in modo che funga da anodo; tra i due elettrodi viene applicata una differenza di potenziale di

200 − 300 ; la fiamma ossidante produce ioni in fase gas dai composti che vengono eluiti, gli ioni vengono

raccolti e la corrente risultante viene amplificata come segnale di uscita dal rivelatore. La sensibilità del

rivelatore rispetto a ciascun composto dipende dalle reazioni chimiche in fiamma del singolo composto

eluito, ma comunque si può dire che la risposta è approssimativamente proporzionale al numero di atomi di

51

Chimica analitica II ©Cristina Genuin

carbonio presenti nel composto. Infine, il è un rivelatore pressoché universale; infatti, anche se

specifico, il rivela tutti i soluti organici che generano specie cariche e con una sensibilità molto elevata,

−5 −11

10 10 ;

tanto che è in grado di rilevare sostanze presenti in quantità comprese tra e in ogni caso,

comunque, si deve ricordare che il richiede che la fase mobile sia costituita da gas molto puri in modo

da evitare un fondo dovuto alle impurezze organiche. 52

Chimica analitica II ©Cristina Genuin

21 – GASCROMATOGRAFIA 3

All’interno del rivelatore a cattura di elettroni (), un materiale radioattivo emette particelle beta molto

energiche che determinano la ionizzazione del gas di trasporto; supponendo che il gas sia Argon, ecco che si

+ −

→ +

ha che ; gli ioni positivi e gli elettroni formati migrano rispettivamente verso il catodo e

verso l’anodo, posti anch’essi all’interno della cella di misura del rivelatore; le particelle cariche, accelerate

sotto l’effetto del campo elettrico applicato ai due elettrodi, generano una corrente elettrica stazionaria

all’interno del circuito di misura. Quando dalla colonna vengono eluiti soluti organici contenenti sostituenti

elettron-attrattori (atomi elettronegativi), essi assorbono una frazione degli elettroni presenti e nella

camera il flusso di elettroni (cioè la corrente) tende a diminuire. Inoltre, in questo rivelatore, appena

fuoriesce l’analita dalla colonna, la corrente diminuisce fino a raggiungere valori molto bassi e si registra un

picco negativo tanto più negativo quanto più alta è la quantità di analita che arriva al detector; quando il

pacchetto di analita ha finito di fluire in cella, la corrente si riassesta al valore di fondo (che è un valore

elevato). La corrente di fondo diminuisce quando gli elettroni incontrano un composto con degli atomi

elettronegativi che può catturarli; in questo modo, analiti quali ad esempio metano ed etano, anche se

presenti, non sono rivelati e il segnale in corrente continua a mantenersi a valori elevati; se, invece, esce un

analita contenente un atomo elettronegativo, gli elettroni vengono catturati e la corrente crolla mettendo in

evidenza l’uscita di questo analita. Questi picchi negativi vengono invertiti invertendo la polarità del

registratore e, quindi, si ottiene un cromatogramma che ha una forma simile a quelli già visti.

Questo rivelatore è estremamente sensibile e molto specifico solo per quelle molecole che contengono

−10

10 −

atomi elettronegativi; esso consente di rivelare analiti che sono in concentrazione dell’ordine di

−11

10 , il che è particolarmente utile perché questi livelli di concentrazione sono confrontabili con i limiti

di tossicità relative a molti contaminanti (per esempio i pesticidi).

Si noti che la corrente che si genera nel circuito è dovuta prevalentemente agli elettroni; infatti, gli ioni

negativi che si producono per effetto della cattura di elettroni hanno una mobilità inferiore e quindi una

conducibilità elettrica molto minore; si ha quindi una diminuzione del flusso di corrente nel circuito e

questo permette di rilevare il componente eluito.

Nell’ la ionizzazione avviene per emissione di particelle beta da parte di un isotopo radioattivo quale il

trizio, posto nella camera costituente il rivelatore; il gas trizio, però, per poter essere utilizzato deve

presentarsi allo stato solido e quindi viene supportato su di un metallo inerte come titanio o scandio in

forma di composto solido di inclusione di formula non definita. Quando le piastrine beta emittenti

raggiungono temperature elevate sorgono ei problemi, poiché gli atomi radioattivi possono liberarsi e

causare un aumento della radioattività nell’atmosfera circostante e i conseguenti rischi per la salute degli

operatori; per questo motivo i rivelatori sono stati dotati di un dispositivo automatico che blocca il

funzionamento quando si raggiungono le temperature di rilascio del materiale radioattivo.

Il rivelatore a cattura di elettroni è più delicato di quelli visti in precedenza. Inoltre, all’interno del rivelatore

la disposizione delle parti principali può seguire due diversi schemi ( ), ovvero la

vedi figure della slide 8 del pdf

disposizione di tipo parallelo e la disposizione di tipo concentrico. Nella si può

tabella della slide 10 del pdf

notare che il numero dei gruppi elettron-attrattori presenti nelle strutture molecolari aumenta la sensibilità;

occorre anche ricordare che, data l’elevata sensibilità del rivelatore, è preferibile lavorare in un’atmosfera

controllata per evitare eventuali disturbi sul segnale, soprattutto ad opera di composti molto volatili e

contenenti atomi elettronegativi. 53

Chimica analitica II ©Cristina Genuin

22 – GASCROMATOGRAFIA 4

A questo punto è possibile parlare della cromatografia in gradiente di temperatura o a temperatura

programmata. Talvolta, infatti, può succedere che una volta scelta la fase stazionaria della colonna e la

temperatura di esercizio si ottenga un cromatogramma come quello della ; in particolare, il

slide 1 del pdf

cromatogramma mostra la presenza di analiti:

❖ Con tempi di ritenzione bassi che stazionano in colonna per poco tempo e danno origine a picchi

relativamente stretti, i quali rendono facile una rilevazione accurata del tempo di ritenzione stesso;

❖ Con tempi di ritenzione elevati che stazionano in colonna per molto tempo e danno origine a picchi

bassi e larghi; infatti, quest’ultimi analiti, sostando all’interno della colonna per un tempo più lungo,

hanno più tempo per diffondere, originando così un pacchetto di analita dalla forma larga e

appiattita; quando si ha a che fare con questo tipo di picchi l’analisi sia qualitativa che quantitativa

diventa difficoltosa perché il valore del tempo di ritenzione non può essere rilevato in modo

univoco, bensì può essere compreso in un ”ampio” intervallo di tempi; quindi, il tempo di

ritenzione, il quale è un parametro identificativo di un analita, diventa di difficile individuazione e

viene valutato con molta approssimazione portando ad un risultato analitico poco attendibile.

Per migliorare queste situazioni si può agire sulla temperatura; infatti, operando a temperature più elevate,

alle quali questi analiti presentino tempi di ritenzione più brevi, si riesce a diminuire la frazione di tempo

che l’analita trascorre in colonna, il che significa che l’analita ha meno tempo per diffondere al suo interno e

il picco si restringe e si alza consentendo una migliore individuazione del tempo di ritenzione. Tuttavia, si

deve ricordare che registrando il cromatogramma a temperature molto più elevate si peggiora il

comportamento degli analiti che presentano già dei tempi di ritenzione bassi e compaiono sovrapposti uno

sull’altro nel cromatogramma (facendo di fatto perdere risoluzione al cromatogramma).

Per questo motivo si ricorre alla cromatografia in gradiente di temperatura o a temperatura programmata;

fino ad ora è stato ipotizzato di operare a temperatura costante (condizioni isoterme), ma il forno in cui è

alloggiata la colonna permette di variare la temperatura nel corso della separazione cromatografica

(temperatura programmabile); infatti, tutti i gascromatografi sono dotati di un programmatore a tempo che

permette di impostare un aumento programmato nel tempo della temperatura del forno stesso. Ad

esempio, le mostrano una separazione che inizia in condizioni isoterme e prosegue

figure delle slide 6 del pdf

in queste condizioni finché sono usciti gli analiti con tempi di ritenzione più bassi; dopodiché, invece, si

inizia con il riscaldamento programmato aumentando con una determinata velocità la temperatura del

forno. Queste modalità operative comportano sia la diminuzione del tempo di ritenzione dell’ultimo picco

sia una variazione della sua forma; il picco in questione, infatti, si modificherà diventando più stretto e alto.

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Scienze chimiche CHIM/01 Chimica analitica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Crigenu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Chimica analitica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Toniolo Rosanna.
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