VOI CHE ASCOLTATE IN RIME SPARSE IL SUONO (I) Le
ordinate in base al << sentimento del tempo>> petrarchesco piuttosto che
secondo criteri rigidamente cronologici, in questa fase della loro progettazione
formano una raccolta in grado di rappresentare in termini esemplari la vicenda
amorosa ed esistenziale del poeta.
Il sonetto qui presentato nasce quindi al servizio di un tale libro, per dichiararne
fin dalla soglia la chiave di lettura e il messaggio morale; si configura, cioè,
come << proemio>>, in quanto contiene le informazioni necessarie a
introdurre il lettore nella struttura della raccolta.
METRO: SONETTO, secondo lo schema ABBA ABBA CDE CDE.
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,
del vario stile in ch’io piango et ragiono
fra le vane speranze e ’l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.
Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;
et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.
[1-4] Il vocativo iniziale rivela il legame di questo incipit con un verso delle
Lamentazioni del profeta Geremia e con la sua ripresa da parte di Dante, che
ne fece l'esordio di una lirica della Vita nuova. Tuttavia, mentre in Dante
l'invocazione si concretizza in verbi di modo imperativo o esortativo (<<
Voi
attendete e guardate>>, << immaginate>>), qui il è destinato a rimanere,
per tutto il componimento, privo di verbo reggente. Fin dal secondo verso si
accumulano le forme verbali di prima persona che concentrano tutta
sull’io
l'attenzione sul protagonista, del poeta. Nel presentare l'opera l'accento
è posto sul carattere originariamente autonomo e autosufficiente degli
rime sparse
elementi che lo compongono, le (<<rime>> è per altro un
tecnicismo per indicare le liriche volgari, opposte ai <<versi>> latini). A
questo si contrappone il senso del Canzoniere come opera unitaria e da
valutare pertanto nella sua complessità, che informa di sé l'intero sonetto; tale
indicazione dei due livelli di lettura è in qualche modo accennata
rime sparse sospiri suono,
dall'inserimento tra i plurali e del singolare e unitario
messo in rilievo della sua posizione in punta di verso e dall’enjambement.
[5-8] Al carattere composito del Canzoniere, che si manifesta nella pluralità dei
vario stile
registri retorici e stilistici, rinvia pure il sintagma in apertura della
seconda quartina. Sul piano del contenuto il sintagma alluderebbe invece a
quell’alternanza di stati d'animo del poeta in balia delle proprie passioni, la
quale nel corso del libro si rivelerà uno degli oggetti privilegiati dell'autoanalisi
petrarchesca.
In questo consuntivo preliminare, una visione trascendente, annunciata
dall’attributo <<vano>>, neutralizza entrambi gli elementi in conflitto
speranza dolore,
e e le opposizioni presenti nei componimenti successivi
andranno intese in chiave meno drammatica.
Voi
[9-11] L’uditorio evocato dal dell’esordio appare escluso dalle terzine; al
popol tutto,
pubblico di coloro che intendono muore si contrappone il il volgo
incapace di capire. Le terzine sono dominate dalla solitaria riflessione del
poeta. L'opposizione con le quartine, bruscamente segnalata dall’ avversativa
Ma, è nettissima: al ricordo che occupa i primi versi e che estende all'intera
fronte il suo tono quasi nostalgico, si oppone la riflessione razionale e serrata
che condurrà alla sentenza conclusiva, attraverso lo snodo fondamentale del
vergogna,
tema della ispirato da Orazio (“vergognati di essere tanto a lungo
favola al volgo” “pensa come sia turpe essere segnato a dito ed essere
convertito in favola al volgo”) vergogna
[12-14] Con la ripresa del termine la riflessione del poeta innesca un
climax ascendente che dalla vergogna lo conduce al pentimento per giungere
infine alla chiara coscienza dell'errore e, più in generale, a quella della vanità
vaneggiar
delle cose terrene. Il legame con le quartine è sottolineato dal del
vane van
verso 12, che si riallaccia ai due aggettivi e del verso 6 e sintetizza, in
un bilancio che troverà conferma nello svolgimento della <<storia>>, il
giudizio conclusivo e inappellabile sull'intera parabola della vicenda amorosa.
Nella sentenza conclusiva la pregnanza dell'ultima parola-rima (sogno) è
ulteriormente accentuata dalla forte somiglianza fonica con la prima (suono) e
la quarta (sono), così da far convergere sulla chiusura << la lucida disamina
del discorso etico e insieme l'onda consolatoria di quello politico>>.
RIFLESSIONI SUL TESTO Tutto il sonetto è costituito sull’alternanza dei
tempi verbali tra passato e presente: già nella prima quartina questa
divaricazione è evidenziata dalla antitesi al verso quattro (quand’era in parte
in parte,
alr’uom da quel ch’i’ sono), attenuata dalla precisazione quasi a
giovenile errore.
indicare che il poeta non si è ancora del tutto liberato dal In
generale, comunque, lo scarto temporale vale a opporre il piano del ricordo a
quello della riflessione e della valutazione etica, e per entrambi il passaggio
dalle quartine alle terzine segna un acuirsi del contrasto e della drammaticità:
la memoria passa infatti dalla rievocazione dell’amore, a quella dei suoi effetti
vergogna.
(favola fui gran tempo), che nel presente può suscitare solo A questo
punto, nell'ultima terzina, le forme verbali di modo finito cedono il campo agli
infiniti, sottolineando così il consolidamento definitivo del giudizio morale che
può sfociare nei toni assoluti e universalmente validi della sentenza finale.
Il rappresentare così nettamente opposti i termini estremi dell'itinerario
spirituale del poeta prelude certo alla divisione del Canzoniere in due parti, ma
non solo: la lotta tra sentimenti e passioni contrastanti agita infatti l'intera
l’io
raccolta, dove appare costantemente in bilico tra la coscienza del proprio
errore e l'incapacità di sottrarvisi. Il tema della ricomposizione dei dissidi
interiori è del resto presente con particolare forza anche nella conclusione del
Secretum, a cui Petrarca attendeva proprio negli anni a cui va riferita la
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono.
composizione di Là Il dialogo tra
Agostino e Francesco si concludeva infatti con la confessione da parte di
quest'ultimo di non poter fare a meno delle proprie passioni, accompagnata
tuttavia dall'impegno: <<Sarò presente a me stesso per quanto potrò,
raccoglierò con cura gli sparsi frammenti della mia anima e vigilerò
diligentemente su di me>>. È questo appunto uno dei fili conduttori del
Canzoniere, che mette in pratica- a partire dalla sua stessa natura formale di
rime sparse riunite a comporre un organismo unitario- l’impegno di ricomporre
l'unità dell'anima lacerata da discordanti passioni e interessi.
In questo sonetto viene dato particolare rilievo ai motivi della scissione e dello
smarrimento anche sul piano fonico, mediante puntuali ripetizioni e riprese
(vane, van, vaneggiare, vergogno, vergogna) ribadite e saldate dalle catene di
allitterazioni che si incrociano per tutto il componimento: all’andamento
m
orizzontale della allitterazione in già notata al verso 11 si sovrappone quello
v
verticale dell’allitterazione in che percorre tutto il nucleo centrale del sonetto.
Si noti come questa sorta di simbolico << balbettio>>, come lo definisce
Contini, si arresti proprio sul limitare degli ultimi due versi nei quali è affermata
la possibilità della ricomposizione dell'io attraverso il pentimento e la coscienza
(insieme storica e cristiana) della labilità delle passioni terrene.
ERA IL GIORNO CH’AL SOL SI SCOLORAROI sonetti posti
Voi ch’ascoltate in rime sparse
immediatamente dopo il suono furono
probabilmente scritti nei primi anni Cinquanta, dunque dopo la morte di Laura.
A essi Petrarca affida il compito di impostare i parametri narrativi del
Canzoniere, cioè di fornire le prime, fondamentali informazioni riguardo alla
vicenda e ai personaggi.
In questo componimento, rivolgendosi direttamente all’amata, Petrarca ricorda
come il giorno dell’innamoramento coincidesse con l’anniversario della
Passione, ricorrenza in cui l’interno cosmo, e non la sola umanità, è
accomunato dal dolore per la morte di Cristo. Inizio così a formarsi un sistema
di orientamenti tematici e ideologici, una rete di correlazioni, corrispondenze,
rimandi allusivi o simbolici, che unifica (e rende comprensibile al lettore) la
storia d’amore del poeta, agganciandosi alla morte del Redentore, evento
centrale della storia cristiana, si riveste di valore esemplare; al tempo stesso, la
coincidenza delle date introduce il tema del rapporto tra la sfera del sacro e
l’amore terreno, che caratterizzerà i principali snodi drammatici del l ibro.
Era il giorno ch’al sol si scoloraro
per la pietà del suo factore i rai,
quando i’ fui preso, et non me ne guardai,
ché i be’ vostr’occhi, donna, mi legaro.
Tempo non mi parea da far riparo
contra colpi d’Amor: però m’andai
secur, senza sospetto; onde i miei guai
nel commune dolor s’incominciaro.
Trovommi Amor del tutto disarmato
et aperta la via per gli occhi al core,
che di lagrime son fatti uscio et varco:
però, al mio parer, non li fu honore
ferir me de saetta in quello stato,
a voi armata non mostrar pur l’arco.
METRO: SONETTO, secondo lo schema ABBA ABBA CDE DCE.
[1-4] Era il giorno dell’anniversario della morte di Cristo, in cui, secondo i
Vangeli “scesero le tenebre su tutta la terra e il sole si oscurò, Luca); ma il
Era
verbo dell’incipit annulla la distanza temporale dell’evento storico: (non
il giorno.
<<ricorreva>>) Nella perenne attualità del tempo del sacro, l’evento
culminante della Passione si rinnova continuamente nel suo anniversario. Per
mettere in evidenza l’aspetto sacrale dell’innamoramento, Petrarca allude alla
sua data nei termini del calendario liturgico, senza quelle precisazioni
cro
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