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L’EMOLISI: DALL’EMOGLOBINA ALLA BILIRUBINA
1. L’eritrocito vecchio o danneggiato viene fagocitato dai macrofagi.
2. Il ferro viene staccato dall’eme e riutilizzato (l’epcidina regola la capacità dei macrofagi di rimettere in
circolazione il ferro).
3. Il nucleo tetrapirrolico dell’eme viene aperto e si forma la bilirubina (pigmento di colore giallo-verde).
4. La bilirubina circola nel sangue legata all’albumina
5. Il complesso albumina-bilirubina viene riconosciuto sul polo vascolare degli epatociti. La bilirubina
viene internalizzata.
6. Nell’epatocito la bilirubina viene coniugata due volte con acido glicuronico e diventa idrosolubile
7. La bilirubina diglicuronata viene escreta sul polo biliare dell’epatocita.
8. Canalicoli biliari, duttuli biliari, dotti biliari, coledoco, duodeno.
9. Nell’intestino la bilirubina si trasforma in bilinogeno e biline che vengono in gran parte eliminati con le
feci (dando il colore scuro) e in parte con le urine (tanto più scure quanto maggiore è il loro contenuto di
urobilinogeno.
Emolisi patologica = più bilirubina = maggior lavoro per gli epatociti = maggiore eliminazione di bilirubina,
bilinogeni e biline = maggiore quantità di urobilinogeno nelle urine (dette flammee). Se la quantità di bilirubina
prodotta dall’emolisi eccede le capacità del fegato, la concentrazione della bilirubina non coniugata nel sangue
aumenta (ittero). Se la proteina che trasporta la bilirubina negli epatociti è difettiva = iperbilirubinemia non
coniugata. Se gli epatociti sono danneggiati, aumentano sia la bilirubina non coniugata sia quella coniugata
(epatite). Se l’escrezione della bilirubina dal polo biliare degli epatociti è contrastata o se le vie biliari sono
chiuse, aumenta la bilirubina coniugata.
Nell’emolisi patologica si ha una riduzione della vita media eritrocitaria < 120 giorni. È compensata senza
anemia, se la vita media eritrocitaria è > 20 giorni. È scompensata con anemia, se la vita media eritrocitaria è <
20 giorni o se abbiamo eritropoiesi ridotta. I sintomi sono:
ittero
urine ipercromiche
feci ipercromiche
splenomegalia
litiasi biliare
I segni di laboratorio sono l’aptoglobina, la bilirubina non coniugata, la lattico deidrogenasi e la reticolocitosi
(indice di compenso, non di emolisi).
Se l’emolisi è compensata si hanno segni clinici e di laboratorio di emolisi, senza anemia (malattia emolitica). Se
l’emolisi non è compensata, si ha anemia emolitica.
10. ANEMIE EMOLITICHE IMMUNI
Sono disordini dell’epoca neonatale, nei quali la riduzione della vita media dei globuli rossi fetali o neonatali è
dovuta all’azione di anticorpi derivati dalla madre (o isoanticorpi). Durante la gravidanza (ma anche dopo
amniocentesi, prelievo di villi coriali, aborti, etc.), si verifica quasi sempre passaggio di globuli rossi fetali nella
circolazione materna, con conseguente stimolazione del sistema immunitario a produrre anticorpi contro
antigeni differenti, ereditati dal padre e presenti sulla membrana dei globuli rossi fetali. Questi anticorpi, se di
classe IgG, passano dalla madre al feto, legandosi agli antigeni corrispondenti sulla superficie dei globuli rossi.
Questi vengono così riconosciuti e fagocitati dai macrofagi, soprattutto a livello splenico: si realizza così un
quadro di emolisi extravascolare.
FORME CLINICHE
MALATTIA RH
È la forma più frequente e grave. Essa è determinata da anticorpi diretti contro l’antigene D del sistema Rh: in
pratica si verifica in donne D (o Rh) negative, con feti D (o Rh) positivi. Il quadro clinico è dominato da:
• Anemia: nei casi gravi può determinare il quadro clinico dell’idrope fetale
• Ittero: nei casi gravi può determinare il quadro clinico del “Kernicterus”, o ittero nucleare, con danno
cerebrale severo
INCOMPATIBILITA’ AB0
È più rara; la malattia è limitata a madri di gruppo 0, i cui figli sono di gruppo A o B. A differenza della malattia
Rh, essa può verificarsi con la stessa frequenza nella prima, come nelle gravidanze successive. In genere è più
lieve da un punto di vista clinico.
Ciò è dovuto al fatto che:
1. i siti antigenici A e B sono molto meno numerosi sulla membrana eritrocitaria fetale
2. molti di questi anticorpi sono di classe IgM e non sono capaci pertanto di superare la placenta
3. siti antigenici A e B si ritrovano anche in altri tessuti e secrezioni fetali
Molto meno frequenti sono le anemie emolitiche isoimmuni conseguenti ad anticorpi diretti contro antigeni del
sistema Rh, diversi da D, o contro antigeni dei sistemi Kell, Duff, Kidd e MNS. Tra queste la più frequente e
severa da un punto di vista clinico è quella conseguente ad anticorpi antiKell: caratteristica è la bassa conta
reticolocitaria rispetto al grado dell’anemia.
DIAGNOSI
• caratteristica, all’osservazione dello striscio periferico, è un’intensa eritroblastosi, nella malattia Rh, e
una sferocitosi marcata, nell’incompatibilità ABO
• positività del test di Coombs:
indiretto, per la ricerca di isoanticorpi, soprattutto anti D, su siero materno
o diretto, per la ricerca di isoanticorpi legati ai siti antigenici della membrana dei globuli rossi
o fetali o neonatali
TERAPIA
Si avvale di:
1. exsanguino-trasfusione
2. fototerapia
3. emotrasfusioni
Fondamentale, per la prevenzione, è la somministrazione di anticorpi anti Rh alle donne Rh negative entro 72
ore dal parto di un neonato Rh positivo. È possibile in tal modo prevenire l’isoimmunizzazione materna, in base
ad un principio biologico generale, per il quale l’immunizzazione attiva verso un antigene è prevenuta dalla
presenza di anticorpi passivi verso quell’antigene.
ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI
Sono caratterizzate da:
1. ridotta sopravvivenza eritrocitaria in vivo
2. presenza di anticorpi diretti contro determinanti antigenici dei globuli rossi autologhi, rilevabili
mediante positività del test di Coombs diretto
Nella grande maggioranza dei casi queste anemie sono mediate da autoanticorpi “caldi”, cioè anticorpi, che
mostrano reattività ottimale con i globuli rossi umani a 37°C. Negli altri casi il processo morboso è dovuto ad
autoanticorpi che mostrano un’affinità maggiore per i globuli rossi a temperature inferiori a 37°C (anticorpi
freddi o crioglobuline). A parte verrà considerata l’emoglobinuria parossistica a frigore. Le anemie emolitiche
autoimmuni da anticorpi “caldi” vengono classificate in:
a. forme idiopatiche o primarie
b. forme secondarie ad alto processo morboso (es. linfomi, CLL, connettiviti, infezioni, etc.)
Tutte le età possono essere colpite. L’incidenza maggiore è nei soggetti anziani. Nei bambini l’esordio è per lo
più acuto; prevalgono le forme idiopatiche e la prognosi è migliore. Il meccanismo patogenetico fondamentale
è quello dell’emolisi extravascolare:
• i globuli rossi, ricoperti da anticorpi di classe IgG e/o complemento, vengono fagocitati, soprattutto a
livello splenico, dai macrofagi tessutali, i quali possiedono recettori di superficie sia per il frammento Fc
delle immunoglobuline, sia per le frazioni complementari C3 e C4
• più rara è l’emolisi intravascolare, con emoglobinemia, per emolisi diretta in circolo, mediata dal
complemento.
QUADRO CLINICO E LABORATORISTICO
L’inizio è per lo più insidioso. Sono presenti i segni e i sintomi dello stato anemico e, nelle forme secondarie,
della malattia di base. Da un punto di vista laboratoristico, saranno positivi tutti gli esami miranti a valutare
l’emolisi. Caratteristica è l’intensa sferocitosi all’osservazione dello striscio periferico. Può raramente essere
associata una severa trombocitopenia immune (sindrome di Evans).
La diagnosi si avvale della positività del test di Coombs diretto, che consente di dimostrare la presenza di
anticorpi e/o complemento adesi ai globuli rossi. È possibile ricercare la presenza di anticorpi liberi nel siero,
mediante il test di Coombs indiretto. È possibile inoltre studiare le caratteristiche di questi anticorpi: essi sono in
genere diretti contro determinanti antigenici “pubblici”, cioè presenti su tutti i globuli rossi, in particolare del
sistema Rh. La terapia:
• nei casi severi emotrasfusioni, con sangue “meno incompatibile”
• prednisone
• splenectomia, nei casi non responsivi
• nelle forme refrattarie sono state utilizzate le IVIg endovena, immunosoppressori (ciclosporina,
azatioprina, ciclofosfamide) e, del tutto recentemente, l’anticorpo monoclonale anti-CD20 (Rituximab)
ANEMIE EMOLITICHE CORRELATE A CRIOGLOBULINE
L’elemento caratterizzante è la presenza di anticorpi o agglutinine fredde, in genere IgM, che aderiscono alla
membrana dei globuli rossi, a temperature inferiori a 37°C, diretti per lo più contro gli antigeni oligosaccaridici (I
o i). Anche queste forme vengono classificate in:
- idiopatiche o primarie
- secondarie ed altre malattie (in genere processi linfoproliferativi cronici)
Nei bambini la malattia ha per lo più un decorso acuto, autolimitante, in genere associato ad infezioni da
Mycoplasma pneumoniae o a mononucleosi infettiva. Negli adulti la malattia ha in genere un decorso cronico;
per la presenza di una agglutinina fredda IgM monoclonale può essere considerata una forma speciale di
gammopatia monoclonale, che col tempo può evolvere in un vero e proprio processo linfoproliferativo.
L’emolisi avviene per lo più con meccanismo extravascolare, e, solo più raramente, intravascolare con
emoglobinemia e emoglobinuria. L’aggregazione dei globuli rossi nei vasi superficiali delle estremità, con il
conseguente ostacolo alla circolazione ematica, è responsabile di un altro sintomo importante, e cioè
l’acrocianosi. La diagnosi si avvale della positività del test di Coombs diretto; vanno utilizzati reagenti
anticomplementari, poiché le agglutinine fredde si dissociano facilmente dai globuli rossi. Terapia:
• i pazienti vanno tenuti al caldo
• emotrasfusioni, in casi severi
• clorambucil o ciclofosfamide (inefficace il prednisone)
• recentemente Rituximab
EMOGLOBINURIA PAROSSITICA A FRIGORE
È caratterizzata da crisi ricorrenti di emoglobinuria, scatenate dal freddo. Frequente nei bambini in corso di
infezioni virali, è piuttosto rara negli adulti. Responsabile delle crisi è un anticorpo, l’emolisina bifasica di
Donath-Landsteiner: è una IgG, con specificità anti-P