LABORATORIO DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA I
Prof. Gino Malacarne Cristiana Sabetta
A.A. 2024/2025
Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura
Dipartimento di Architettura – Università di Bologna, Campus di Cesena
Adolf Loos fu un architetto austriaco, considerato uno dei massimi esponenti dell’architettura moderna in
Europa. Nato a Brno, in Austria, nel 1870 e morto nel 1933 a Kalksburg. Studiò al Politecnico di Dresda e
successivamente si trasferì negli Stati Uniti. Durante questi anni lavorò come muratore e disegnatore in un
cantiere, e visitò l’esposizione di Chicago approfondendo la cultura americana.
Loos iniziò a contrapporre la cultura americana con quella europea, soprattutto con quella austriaca. Fonderà
un “periodico per l’introduzione della civiltà occidentale in Austria”, sottotitolato “Das Andere” (“L’altro”).
La vera professione di architetto inizierà a Vienna, quando vi si stabilì nel 1896. In questi anni, inoltre, verrà
a contatto con protagonisti delle avanguardie artistiche europee.
All’interno della rivista, Loos sostiene che l’architettura sia la disciplina che non sta al passo con le tendenze
del nostro tempo, perché tutto ciò che le sta attorno si muove, mentre questa resta fissa. Quindi l’architettura
resta l’arte più conservatrice.
In termini storici, si parla di superiorità spirituale dell’antichità classica rispetto ad altri stili. Loos evidenzia
il ruolo del “super-architetto”, che ha il compito di liberare l’architettura da elementi estranei e riportarla ad
un sistema costruttivo puro.
In altre parole, possiamo affermare che “Il grande architetto del futuro sarà un classico, uno che non prende
a modello le opere dei suoi predecessori, ma direttamente si rifà all’antichità classica.”
Ciò significa che l’architetto si dovrà soprattutto adattare alle esigenze culturali e porsi all’avanguardia. Non
farà mai regredire la cultura di un’epoca, ma la farà progredire.
L’altro compito dell’architetto è quello di studiare come trasmettere le medesime sensazioni che esprimono
costruzioni già esistenti, e lo fa attraverso i materiali da costruzione. Ciò significa che deve servirsi di nuove
forme.
In contemporanea al mestiere, Loos si interessò ad attività teoriche che portano alla nascita di “Parole nel
vuoto”, un saggio del 1908. L’architetto esponeva una sua teoria in cui si privilegiava l'utilità della
produzione di oggetti di forma semplice e funzionale. Loos era contrario ad ogni tipo di ornamento, non a
caso il suo saggio del 1908 si chiamava proprio “Ornamento e delitto”.
All’interno del saggio Loos evidenzia come siano state fraintese le epoche passate, in cui venivano
conservati solo gli oggetti che non si adattavano all’uso, a causa dell’ornamentazione fine a sé stessa. Ciò
significa che ci sono arrivate solo delle cose decorate, e di conseguenza si è pensato che in passato ci fossero
solo cose decorate.
Oltre a questa critica iniziale, Loos sottolinea come l’arte grafica sia scaduta per colpa degli architetti, nel
senso che in questi ultimi la capacità principale deve essere quella di saper presentare al meglio i propri
lavori sulla carta. Negli antichi maestri, invece, il disegno era solo un mezzo per farsi comprendere
dall’artigiano esecutore.
Oggi però domina il libero interprete. Ovvero che ciò che determina le figure dell’architettura, come le
modanature di un edificio o i suoi ornamenti, è la matita. Dopo diverse critiche, Loos sottolinea inoltre che il
suo più grande motivo d’orgoglio è che gli spazi interni creati da lui, non facessero alcun effetto in
fotografia.
Andando avanti nel capitolo, l’architetto continua a criticare l’ornamento, sostenendo che nel suo secolo
degli “incivili” si lamentavano di non avere uno stile architettonico, quando in realtà è l’assenza di ornamenti
che li illude. Avere abitazioni senza ornamenti, è comunque uno stile architettonico.
Adolf Loos, successivamente, apre un altro discorso, sostenendo che la casa deve restare legata al concetto di
uniformità. L’opera d’arte è una questione privata e non deve piacere per forza a tutti, invece la casa il
contrario: deve soddisfare un bisogno ed è al servizio della comodità.
Come accennato all’inizio, il ruolo dell’architetto consiste anche nel trasmettere le medesime sensazioni che
esprimono costruzioni già esistenti, e per farlo si serve dei materiali da costruzione.
Anche qui Loos pone una critica al proprio tempo, dicendo che si tiene più in considerazione quei materiali
che richiedono più tempo per la lavorazione. Secondo Loos gli architetti a lui contemporanei associano il
valore di un materiale alla quantità di lavoro che c’è dietro. L’uomo, infatti, resterà stupito davanti ad un
muro di granito levigato, perché dietro c’è la lavorazione dell’uomo, e non tanto le caratteristiche del
materiale.
Un altro concetto importante è il principio del rivestimento.
Con questo Loos sostiene che bisogna operare in modo da escludere ogni possibile confusione tra materiale
rivestito e rivestimento.
Sottolinea poi l’importanza del legame tra materiale e la forma. Vuol dire che ogni materiale possiede un
proprio linguaggio formale, e nessun materiale può invece assumere forme di un altro materiale. Secondo il
principio del rivestimento, non bisogna creare confusione fra materiale rivestito e rivestimento. Questo
significa che, per esempio, il legno si può dipingere di tutti i colori tranne il proprio. Quando il materiale
viene ricoperto e questo è dello stesso colore del materiale da rivestimento, quest’ultimo può mantenere il
suo colore naturale.
CASA MOLLER:
Dal punto di vista storico, durante la fine del 1800 e gli inizi del 1900, l’ideale del momento era la grande
villa neoclassica, la Malcontenta, di Palladio. Loos dall’idea della casa classica, fa nascere il rapporto tra
questa e la casa inglese del diciannovesimo secolo, caratterizzata dall’assenza di centralità e dalla presenza
della composizione di stanze che si susseguono in base alla loro funzionalità, da un common sense.
Questi aspetti vennero riassunti da Schinkel, nel padiglione Schloss a Berlino, con un edificio moderno a
forma di cubo con una serie di finestre. Ciò che lo caratterizza è la sequenza di stanze, e non più un centro
dove convergono tutti gli spazi. Con queste innovazioni, viene introdotto il concetto di “percorso” e “tempo”
per vivere interamente la casa.
Un altro esempio è la Red House di William Morris e Philip Webb, che presenta una composizione libera di
stanze, con l’esterno che richiama il pittoresco delle case inglesi. Interessante il grande spazio sviluppatosi in
altezza, con un piccolo ambiente davanti al camino con funzione di riunione della famiglia.
Questo viene considerato come un punto fondamentale in queste “innovazioni”; se si fa caso, infatti,
all’interno delle ville del Palladio erano solo presenti grandi stanze fredde di ricevimento.
Un’analisi accurata della Red House la compì l’architetto tedesco Hermann Muthesius, pubblicando il libro
“Das englishe Haus”. Adolf Loos sarà uno tra i primi ad inserire la propria tradizione nelle sue case viennesi,
così da fondere i costumi mediterranei con quelli anglosassoni. Il risultato è una sintesi tra il volume esterno,
un cubo bianco con un tetto piano in cui a volte sono presenti logge e terrazze (tradizione mediterranea) e
l’interno, ovvero spazi intrecciati rivestiti da marmi e legni pregiati (tradizione anglosassone).
Le case che sintetizzano meglio tale fusione, sono villa Moller a Vienna, 1928 e villa Muller a Praga, 1930.
Entrambe sono riconducibili ad un assetto organizzativo che rimane costante nel tempo, malgrado differenze
sia tipologiche che dimensionali. Questo aspetto è quello del Raumplan, ovvero un insieme di principi
compositivi basati sull’incastro di volumi di dimensioni diverse e piani a diverse altezze. Con il Raumplan,
Adolf Loos riesce a creare uno spazio che non è uniforme, con l’interno caratterizzato da quote sfalsate e da
altezze differenziate dei diversi vani, così da creare una sequenza. Questa sequenza è allora traducibile in una
promenade, in cui i diversi volumi abitativi sono costituiti dall’ingresso, soggiorno, pranzo, camere e servizi.
Come si è immaginato, l’elemento più importante per Adolf Loos è la sezione, che permette un maggiore
controllo sui principali ambienti spaziali, come scale, terrazze e dislivelli.
Da quello che abbiamo presentato fin ora, si può dedurre che per Loos l’abitazione ha una doppia identità:
una privata e una pubblica. La privata caratterizzata dall’intimità domestica e dallo spazio racchiuso che
protegge la vita degli abitanti, e poi la pubblica che, attraverso la propria rigidità, nasconde la ricca
organizzazione interna.
Sopra: Villa Malcontenta, Palladio
Sinistra: Red House di William Morris e
Philip Webb
In uno dei suoi viaggi a Vienna nel 1927, Adolf Loos accetta l’incarico dall’imprenditore tessile Hans
Moller, che gli affida la progettazione della propria casa su un terreno di sua proprietà.
Villa Moller segna il culmine del lungo percorso intellettuale di Loos, che non deve essere interpretata come
un ritorno al "movimento moderno”, deve essere anzi un'espressione coerente di un pensiero sviluppato in
modo autonomo.
Questa casa può essere considerata come un 'manifesto' della poetica di Loos. Attraverso la sua forma,
vengono messi in applicazione i principi fondamentali della sua teoria progettuale.
Il sistema e il progetto di costruzione tratta di una pianta approssimativamente quadrata con pareti esterne
portanti e un unico pilastro centrale portante. Sono presenti soffitti con travi in legno e nel pilastro centrale è
incorporato anche il camino per il riscaldamento centralizzato.
Ciò che esternamente caratterizza la casa è la sua forma, ovvero che la facciata che si porge sulla strada è
simmetrica e seria: “Esternamente la casa è semplice, mentre all’interno si rivela nella sua piena ricchezza”.
L’unico elemento che interrompe questa armonia è il parallelepipedo che sporge sopra l’ingresso, che
corrisponde al cosiddetto “bow-window”, ovvero un elemento architettonico sporge dalla parete, creando una
forma curvilinea che offre una vista panoramica e au
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