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(nel 2000 la Cina era il settimo Paese esportatore e l’ottavo importatore al mondo),

che rendeva paradossale l’esclusione dalla OMC rischiando di danneggiare la

stessa credibilità dell’organizzazione, come istituzione universale.

2) Il necessario riconoscimento, da parte della comunità internazionale, dei risultati

raggiunti in quegli anni dal governo comunista cinese per riformare il sistema

degli scambi ed ampliare l’apertura dei mercati, ma anche, più in generale, per

accrescere l’autonomia privata, ridurre l’invadenza burocratica, adattare le

istituzioni economiche e le regole che le governano agli standard internazionali.

La società cinese è uscita dal ventennio di riforma completamente trasformata e l’adesione all’OMC

ed il negoziato che l’ha preceduta, costringendo il legislatore cinese ad una vigorosa riforma in

senso liberale del regime del commercio estero, hanno impresso un’ulteriore forte accelerazione a

questa tendenza.

A fronte del trionfale atteggiamento governativo per l’ingresso della RPC nell’Organizzazione

mondiale del Commercio, molte sono state le voci esprimenti pessimismo al riguardo.

Come per tutti i Paesi in via di sviluppo, infatti, anche per la Cina l’apertura del mercato costituiva

una grave minaccia per diversi settori produttivi. Se, certamente, grazie ad essa, si aprirono per le

imprese esportatrici enormi opportunità, era difficile prevedere quali potessero essere gli effetti

negativi sui settori più arretrati o deboli dell’economia cinese.

Era probabile che nel medio periodo tale adesione avrebbe messo in crisi diversi, importanti settori

dell’agricoltura, dell’industria e del terziario cinesi, impreparati ad affrontare la concorrenza dei

colossi multinazionali, determinando un ulteriore gravoso aumento dei già elevati tassi di

disoccupazione, soprattutto nel settore agricolo, i cui effetti si prevedevano in tale eventualità

dirompenti in un sistema dai ridottissimi ammortizzatori sociali ed in cui il sistema previdenziale

era ancora allo stadio embrionale, non vi era libertà sindacale né diritto di sciopero.

Per quanto attiene più strettamente la sfera giuridica vi era però una conseguenza estremamente

rilevante da porre in luce: oltre ad avere effetti diretti ed immediati sul regime del commercio estero,

infatti, la riforma avrebbe comportato l’introduzione nel sistema giuridico cinese di alcuni principi

fondamentali, quali in particolare, quello dell’uniformità amministrativa, della trasparenza, della

parità di trattamento e del controllo giurisdizionale sugli atti della pubblica amministrazione. Tali

principi, non solo erano estranei alla tradizione giuridica nazionale, ma in qualche caso avrebbero

potuto configgere seriamente con alcuni degli elementi strutturali del sistema politico-giuridico

socialista della RPC.

Se è vero, infatti, che l’obbligo in capo alla RPC di adottare tali principi era relativo ai soli ambiti di

competenza della OMC, altrettanto vero era che tali ambiti hanno una portata molto vasta e forti

riflessi su altri settori del diritto e che, grazie alle loro intrinseche qualità tecniche, le innovazioni

introdotte nell’ambito specifico del commercio internazionale, si sarebbero facilmente diffuse in

altri ambiti. Già all’epoca, infatti, la convivenza di ambiti giuridici disciplinati in modo

radicalmente diverso sarebbe risultata politicamente insostenibile.

L’importanza dell’adesione alla OMC sul piano della riforma istituzionale della Cina è

evidente non solo nel senso che tale processo ha portato un forte stimolo ad un ulteriore

approfondimento, ma anche nel senso che l’aggancio della modernizzazione al vaglio della

comunità internazionale è diventato un elemento centrale del dibattito politico interno, rafforzando

le correnti più riformiste del potere politico cinese a scapito di quelle più conservatrici.

L’adesione della Cina alla Organizzazione mondiale del commercio ha condotto indubbiamente ad

una drastica riduzione di molti spazi di arbitrio della burocrazia e ad una sempre più ampia

liberalizzazione socioeconomica. La domanda che tutti gli osservatori si sono posti in quel

momento riguardava la effettiva capacità del governo cinese di rispettare gli impegni assunti, non

tanto nel senso di un adeguamento della normativa, quanto piuttosto nella effettiva capacità del

sistema di garantire un’applicazione costante ed uniforme delle nuove norme.

Da questo punto di vista si possono prevedere diversi ordini di problemi, correlati alla capacità e

all’idoneità tecnica e politica delle istituzioni centrali di adeguarsi alle nuove norme e di imporne

l’applicazione alle amministrazioni locali.

Gli impegni assunti dalla RPC.

A differenza di quanto accade normalmente, nel caso della Cina, gli Stati membri della OMC hanno

acconsentito all’adesione in via eccezionale, prima che l’adeguamento della normativa cinese ai

requisiti dell’organizzazione fosse completato. Stante infatti l’enorme complessità del compito

assunto dal governo cinese, per una parte rilevante delle modifiche normative concordate è stato

concesso che esse venissero introdotte negli anni successivi, secondo una tempistica predefinita.

Gli impegni assunti dalla Cina sono stati numerosi e di natura eterogenea.

Quelli che maggiormente hanno influenzato il sistema giuridico cinese, inteso nel suo complesso

riguardano l’ambito della regolamentazione del commercio in generale e possono distinguersi in

quattro principali categorie relative rispettivamente a:

a) uniformità amministrativa;

b) trasparenza;

c) controllo giurisdizionale;

d) non discriminazione.

Uniformità amministrativa

L’impegno ad una applicazione uniforme sull’intero territorio nazionale delle regole che

disciplinano il commercio con l’estero comporta, non solo che le norme derivanti dagli accordi

relativi all’OMC dovranno essere uniformi, ma che dovranno trovare altresì univoca imparziale e

ragionevole applicazione, a tutti i livelli amministrativi ed in tutto il Paese, comprese “le regioni

frontaliere, le aree autonome, le zone economiche speciali, le zone di sviluppo economico e

tecnologico, le municipalità costiere aperte ed altre aree economiche speciali”.

L’impegno all’uniformità nazionale riveste una particolare rilevanza, poiché sin dall’avvio della

riforma post-maoista, il governo cinese ha perseguito una politica di diversificazione normativa su

base geografica che, soprattutto negli anni Ottanta, ha condotto alcune aree del paese ad adottare

provvedimenti più favorevoli nei confronti del commercio internazionale e degli investimenti esteri

rispetto a quelli vigenti nel resto della Cina.

Tale politica, che inizialmente era giustificata dall’esigenza di consentire ad alcune parti del Paese

di crescere più rapidamente delle altre, con l’obiettivo di trainare la crescita di queste ultime zone

del Paese, ha determinato nel tempo una profonda sperequazione geografica del livello di sviluppo

tra le diverse aree, realizzando uno squilibrio poco accettabile in un Paese socialista e comunque

sopportato sempre più di malgrado.

A tal fine, a partire dalla metà degli anni Novanta, il governo cinese ha avviato una serie di

provvedimenti volti a ridurre gli squilibri regionali che hanno comportato sia l’adozione di misure

agevolative nei confronti delle regioni meno sviluppate, sia l’avvio di un processo di riduzione dei

privilegi concessi alle aree speciali e più in generale una tendenza all’uniformazione nazionale delle

regole del mercato e delle condizioni di operatività delle imprese commerciali.

Al di là del dibattito sui regimi agevolati delle aree speciali, l’impegno all’uniformità assunto con la

OMC e la spinta ad una ricentralizzazione normativa che esso ha comportato, hanno richiesto una

notevole capacità di controllo del centro sulle località. Rispetto a tale capacità in molti hanno

espresso dubbi che derivavano dalla constatazione delle enormi difficoltà che Pechino incontrava da

anni nel tentativo di combattere i fenomeni localistici più degenerativi, quali il protezionismo

economico o il favoritismo amministrativo e giudiziario.

Trasparenza

La RPC si è impegnata a rendere disponibili in una delle lingue ufficiali della OMC (inglese,

francese, spagnolo), entro 90 giorni dalla loro entrata in vigore, tutti gli atti normativi afferenti il

commercio di beni e servizi, la proprietà intellettuale e la materia valutaria e ad applicare solamente

gli atti che siano stati pubblicati e resi disponibili a cittadini ed imprese degli altri Stati membri.

Si è inoltre impegnata a far sì che, salvo casi eccezionali, i testi di tali atti normativi siano messi a

disposizione, su richiesta, degli altri Stati membri, anche prima della loro entrata in vigore.

La Cina ha poi convenuto di istituire una singola Gazzetta ufficiale dedicata alla pubblicazione

degli atti normativi afferenti le materie menzionate o comunque di destinarne a tal scopo una tra

quelle già esistenti.

Si è inoltre impegnata a rendere noto un elenco di tutti gli organi competenti per il rilascio di

autorizzazioni ed approvazioni o per la regolamentazione delle attività di servizi e ad istituire un

centro informazioni dal quale gli Stati membri, ma anche le imprese ed i cittadini stranieri,

potessero ottenere con tempestività informazioni circa gli atti normativi di cui sopra.

Controllo giurisdizionale

La RPC si è impegnata a costituire o a designare organi giudiziari competenti per il controllo di tutti

gli atti amministrativi connessi all’applicazione delle leggi, dei regolamenti e delle sentenze

giudiziarie relativi a materie disciplinate dal GATT, GATS e dai TRIPs.

Si è impegnata inoltre a far sì che anche laddove fosse prevista una procedura amministrativa di

controllo della legittimità degli atti della pubblica amministrazione, venisse comunque attribuito

agli aventi titolo, il diritto di adire gli organi giurisdizionali che avrebbero dovuto garantire una

procedura trasparente e motivare per iscritto la propria decisione sul caso.

Ciò che è più importante è in ogni caso che la RPC si sia impegna a far sì che tali tribunali fossero

imparziali ed indipendenti dagli organi amministrativi i cui atti erano sottoposti al loro giudizio e

che non avessero alcun “interesse” circa l’esito delle controversie.

La rilevanza politica di questo impegno è stata massima e ha rappresentato, almeno sotto il profilo

giuspubblicistico, la sfida principale che l’adesione alla OMC ha lanciato al sistema di

organizzazione dello Stato comunista cinese, del quale ven

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Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher bhionm. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Introduzione al diritto cinese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Paolino Laura.
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