
Lasciare gli studenti liberi di vivere come si deve l'ultimo anno delle superiori, restituendo all'esame di Maturità quel valore di rito di passaggio che lo ha sempre contraddistinto.
Un'estrema sintesi della lettera che 110 docenti del liceo Galvani di Bologna hanno diffuso in rete, in cui chiedono alle università di rivedere le modalità dei test d'ingresso. La missiva, riportata da 'La Repubblica', si sofferma sul “crescente e pervasivo svolgimento degli esami di ammissione” che impedirebbe agli studenti di concentrarsi sugli ultimi due anni delle scuole superiori.
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Lasciare ai giovani il tempo di vivere la scuola
“Il tempo della scuola”: questo il titolo della lettera firmata da ben 11o docenti. Tutti insieme uniti per chiedere di mettere mano allo svolgimento dei test d'ingresso universitari. La questione esiste ed è di primaria importanza per molti insegnanti. Basti pensare che quest'anno il solo test di Medicina, con le date del 28 maggio e quella imminente del 30 luglio, va in scena proprio a ridosso della Maturità. E sono molti gli studenti che si sono ritrovati a fare una scelta: dare più importanza al test d'ingresso o all'esame di Stato?
Per non parlare del fatto, poi, che viene data la possibilità di sostenere il test già dalla quarta superiore, con ragazze e ragazzi che – per forza di cose – sono portati a trascurare lo studio tra i banchi, pur di prepararsi per l'ammissione: “Alcuni già dalla quarta iniziano i test, soprattutto per le private, come la Bocconi e il San Raffaele, gli altri in quinta, e da quel momento gli studenti sono concentrati solo su quell’obiettivo. Con diverse assenze per i colloqui. È un meccanismo che finisce per svuotare di senso l’ultimo biennio" spiega Eduardo Zarelli, prof di storia e filosofia, che ha sollevato il tema nell’ultimo consiglio dei docenti, accolto dai colleghi con una standing ovation.
L'esame di Maturità svilito
L’altra conseguenza è che la Maturità perde il suo valore di rito di passaggi: “Per uno studente che sa già di essere stato preso a Medicina o a Ingegneria, l’esito finale del percorso diventa ininfluente con una ricaduta devastante sulla partecipazione” sottolinea Zarelli. La richiesta sarebbe quella di fare sì che la scelta universitaria sia spostata in avanti: “Una volta il voto di maturità consentiva l’accesso ad alcuni percorsi, ora le università vogliono fare da sé, per questioni anche organizzative, è come se non si fidassero più della scuola”.
Per l'insegnante si tratta di un'invasione di campo “intollerabile che frammenta e ostacola un apprendimento disinteressato e un ordinario svolgimento dell’anno scolastico”. Anche perché i test,aggiunge Zarelli, consistono in domande logico-cognitive e “a quel punto cosa gliene può importare a un diciottenne di studiare Bergson o Dante? Tra l’altro il punteggio dei test determina anche se studieranno a Catanzaro o a Bologna”.