
Quest’anno il test nazionale di Medicina 2020 a numero programmato si terrà il 3 settembre 2020 nella sede più vicina alla residenza dei candidati, indipendentemente dalle preferenze espresse, proprio per limitare gli spostamenti a causa del Covid-19. Secondo i dati acquisiti fino ad ora dai sistemi, a settembre gli atenei dovranno ospitare un numero molto elevato di aspiranti medici, sicuramente maggiore rispetto a quello degli anni scorsi.
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Le Università giustificano il motivo del rincaro della tassa di iscrizione
Mentre le iscrizioni sono ancora aperte ed è quindi ancora presto per stilare una stima definitiva dei numeri degli iscritti, tuttavia cominciano già a farsi sentire le prime proteste per il costo notevole della tassa prevista per sostenere la prova di ammissione, salita a ben 100 euro per gli atenei aderenti CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane).Si tratta di una cifra inaspettata da parte della maggior parte delle famiglie, molte delle quali colpite duramente dalla crisi economica provocata dall’epidemia ancora in atto. Se negli anni scorsi infatti il costo oscillava circa dai 20 ai 60 euro in base all’Università scelta per sostenere la prova, quest’anno molti atenei italiani hanno predisposto una tassa di 100 euro per partecipare al test.
Le Università spiegano la quota del contributo proposto per poter ammortizzare i costi se si tiene conto dell’organizzazione complessa che i test richiederanno in un anno così insolito come questo.
Per spiegare i motivi che giustificano questo rincaro, è intervenuto Eugenio Gaudio, Rettore della Sapienza e Vicepresidente della CRUI, che dalle pagine del quotidiano "La Stampa" ha difeso le scelte dei molti atenei italiani sostenendo che “la cifra è il frutto di una media ponderata realizzata tenendo conto dei costi previsti negli anni precedenti negli atenei dove si svolgevano i test. Bisogna poi tener conto del fatto che quest’anno per l’emergenza Covid si è cercato di evitare assembramenti offrendo la possibilità agli iscritti di dare l’esame anche in università più vicine ai luoghi di residenza ed eliminando l’obbligo di recarsi nella sede di prima scelta. È un servizio oneroso predisporre tutto quello che è necessario per il corretto svolgimento delle prove, soprattutto da parte delle sedi dove non si sono mai svolti i test e che mettono a disposizione i loro spazi in modo gratuito e generoso”.
Inoltre, il rettore ritiene che il costo dell’iscrizione al test sia una cifra non esagerata se si considera l’annullamento del costo di viaggio e di pernottamento che, nella normalità delle cose, la prova avrebbe comportato per tutti i fuori sede impegnati a raggiungere l’ateneo indicato come prima scelta per svolgere il test.
Le proteste degli studenti: 100 euro è un "paradosso"!
Gli aspiranti medici non risparmiano le polemiche per un costo ritenuto eccessivo. In particolare, a scendere in campo è la voce di Enrico Gulluni, Coordinatore Nazionale dell’Unione degli Universitari, che ritiene un contributo simile un vero e proprio “paradosso”, considerata la crisi economica che ha duramente colpito tantissime famiglie italiane, molte delle quali dovranno pagare una cifra così esosa per iscrivere i propri figli al test di Medicina.Nonostante le oggettive difficoltà degli atenei per organizzare e gestire un numero così ingente di iscritti come quello fino ad ora registrato, Gulluni ritiene comunque che sia “assolutamente scorretto ed ingiusto che a pagare le conseguenze di queste difficoltà siano sempre e solo gli studenti”.
Per questo, rivolgendosi al Governo e agli Atenei, il Coordinatore degli studenti universitari si fa portavoce delle numerose proteste chiedendo un ridimensionamento della tassa richiesta, proprio per non gravare ulteriormente sul bilancio, già compromesso, di molte famiglie: “Tornando nel merito dei costi, chiediamo al Governo e agli Atenei di riportare il costo del test ai suoi valori originari e di provvedere ad una valutazione precisa dei costi da sostenere per affrontare questa particolare sessione di test per poter reperire i fondi necessari da altre fonti che non siano soltanto le tasche degli studenti e delle famiglie”.