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Test Medicina 2020: la protesta degli universitari per il numero chiuso

Mentre si svolgeva il test di ingresso nazionale 2020 a numero chiuso, per accedere ai corsi di laurea in Medicina e Odontoiatria, le proteste degli studenti aspiranti medici non hanno smesso di farsi sentire.

Quest’anno sono ben 66.638 i candidati che proprio nelle ultime ore si stanno contendendo uno dei 13.072 posti disponibili. Questo significa che statisticamente soltanto 1 iscritto su 5 riuscirà ad immatricolarsi ai corsi di laurea in Medicina nel 2020.
La protesta degli studenti di cui l’associazione nazionale studentesca Link Coordinamento Universitario si è fatta in più occasioni portavoce, si riferisce infatti proprio al sistema di accesso programmato che da sempre caratterizza il corso di laurea in Medicina.

No al numero chiuso: la pandemia ne ha evidenziato i limiti

Quest’anno il dissenso per il numero programmato acquista maggiore forza grazie alla situazione sanitaria emergenziale che il nostro Paese ha affrontato negli ultimi mesi in cui la sanità italiana ha rischiato il collasso per mancanza di medici.
Camilla Guarino, membro dell’associazione universitaria, ha infatti ribadito come le misure prese per far fronte alla penuria di medici siano state “miopi” ed “emblematiche” mentre la prima soluzione reale ai problemi della sanità italiana avrebbe dovuto essere quella di eliminare qualsiasi “barriera di accesso non solo per le immatricolazioni ai corsi di Medicina ma anche per le specializzazioni di medici abilitati: “Siamo contro ogni barriera di accesso dal test di oggi al test di specializzazione del 22 di settembre, a cui parteciperanno 25.000 medici abilitati per soltanto 14.000 borse di specializzazione, limitando ulteriormente il numero di medici. Una programmazione di questo tipo è la causa dell'emergenza sanitaria che denunciavamo già l’anno scorso prima della pandemia e per questo chiediamo che, per rispondere al fabbisogno di salute reale del Paese, vengano coperte tutte le borse di specializzazione e ripensato il sistema di accesso alla Facoltà di medicina e chirurgia”.

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Test a numero chiuso: un sistema affatto meritocratico e troppo discriminante

Il presupposto da cui prende avvio la protesta è quello che vede una prova ad accesso programmato a risposta multipla come un quiz il cui limite fondamentale è quello di non valutare l’effettiva preparazione e di frantumare il sogno di molti giovani studenti di diventare medici. È questo quanto afferma Alessandro Personè, Esecutivo nazionale dell’Unione degli Studenti, che considera i test a numero chiuso come un sistema per nulla meritocratico, finalizzato soltanto a “selezionare e ridurre in numero i futuri studenti universitari”.
A ciò si deve aggiungere il fattore economicamente discriminante che Personè attribuisce al numero chiuso, ritenuto maggiormente “accessibile a chi può permettersi un affitto da trovare in una città definita solo ad ottobre dalla graduatoria, una preparazione al test non inficiata dal digital divide ed eventuali corsi di preparazione su cui spesso speculano i privati”.
L’ulteriore ingiustizia che quest’anno particolare il numero chiuso ha determinato è stata l’impossibilità per gli iscritti al test positivi al Covid-19 di non poter sostenere la prova, vedendo così definitivamente preclusa l'opportunità di immatricolarsi al corso di laurea in Medicina nel 2020.

I possibili rischi futuri del numero chiuso a Medicina

Anche Giacomo Cossu, Coordinatore della Rete della Conoscenza, ha sottolineato il danno del numero chiuso non solo nella situazione attuale del Paese, ma anche in quella futura che rischia di aggravarsi se non verranno attuate soluzioni pertinenti al più presto: “Non possiamo trascurare le mancanze di medici e specialisti che nella pandemia di sono palesate drammaticamente nel nostro Sistema Sanitario, e che in futuro si aggraveranno notevolmente se non ci sarà un ripensamento delle modalità di accesso al corso di Laurea di Medicina e Chirurgia e del concorso di specialità coprendo tutte le borse e attraverso una programmazione di lungo periodo sui fabbisogni di salute del nostro Paese, la formazione è l’unica protezione che abbiamo dall’emergenza”.