Concetti Chiave
- La democrazia ha origine nella Grecia classica, dove il termine combina "demos" (popolo) e "kratos" (potere), indicando un governo in cui il potere appartiene al popolo.
- La Rivoluzione Francese del 1789 ha ridefinito i principi cardine della democrazia moderna: libertà, uguaglianza e fratellanza, segnando la transizione dallo stato assoluto a una società più equa.
- In Italia, la democrazia ha evoluto dal regime liberale a quello democratico dopo la Seconda Guerra Mondiale, con la Costituzione del 1948 che sancisce la sovranità popolare.
- Nonostante la diffusione globale della democrazia, molti paesi mostrano segnali di crisi, con crescente sfiducia verso i leader politici e un aumento dell'astensione elettorale.
- Alcuni stati, pur mantenendo un'apparente democrazia, adottano regimi autoritari, mentre nei giovani cresce il disinteresse politico a causa della percezione di essere inascoltati.
La democrazia
La sfera politica, nel corso del tempo, ha assunto diverse forme, a seconda del contesto storico e culturale in cui si è sviluppata. La nascita del regime democratico è riconducibile alla Grecia classica, in particolare alla città di Atene nel VI secolo a.C., dove si sviluppa la prima forma effettiva di governo democratico. In questo contesto fortemente culturale viene coniata la parola democrazia, utilizzata ancora oggi per fare riferimento a quella particolare forma di stato, che prevede la partecipazione di ampi strati della popolazione nella presa delle decisioni politiche. Il termine democrazia nasce dall’unione di due parole greche: -demos- che significa popolo e -kratos- che significa potere. Per questo motivo la democrazia viene utilizzata per parlare di quella forma di governo nella quale il potere spetta al popolo, il quale è tenuto a partecipare alla vita pubblica e alle decisioni politiche del suo paese.Anche se oggigiorno, il regime democratico è presente in quasi tutte le società occidentali contemporanee, non è sempre stato così. I principi cardine su cui si fonda la democrazia sono stati formulati nel 1789, in seguito allo scoppio della rivoluzione francese, nella Francia illuminista e possono essere individuati nel motto -liberté, egalité, fraternité-. Queste tre parole, libertà, uguaglianza e fratellanza, che a noi oggi sembrano scontate, all’epoca divennero quegli ideali fortemente radicati, per cui il popolo francese era disposto a morire. La rivoluzione francese porta alla crisi dello stato assoluto, fondato sull’ingiustizia, sui privilegi e l’inuguaglianza e permette la nascita di una nuova società, basata invece sull’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e sulla possibilità di questi ultimi di godere di numerosi diritti e libertà fondamentali. La rivoluzione francese assume pertanto un significato profondo perché rappresenterà un punto di riferimento di tutte le democrazie moderne.
La democrazia è l’unica forma mai esistita di stato in cui il potere è posto nelle mani del singolo cittadino, storicamente infatti, spesso i regimi assumevano caratteri più autoritari, consentendo soltanto ad una ristretta élite di persone o addirittura ad un singolo individuo di prendere decisioni di carattere nazionale. Si parla in questi casi di Stato Assoluto, il cui il potere è concentrato nelle mani del sovrano, che lo esercita in maniera illimitata, ovvero privo di qualsiasi vincolo; Stato Totalitario e Stato Socialista in cui il potere è nelle mani di un dittatore o di un singolo partito che impone la propria ideologia attraverso la violenza e la paura; Stato Liberale, in cui le scelte politiche vengono effettuate soltanto da un élite formata dai membri più ricchi o nobili della società. Anche se lo Stato Liberale è basato sul principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, non si può ancora parlare di stato democratico, perché la supremazia in questo caso è nelle mani della legge, non del popolo.
Lo stato democratico invece, nato come evoluzione dello stato liberale, presenta la caratteristica fondamentale della sovranità popolare e prevede, come sancito nell’articolo 3 della Costituzione, che tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinione politica, condizione personale e sociale, partecipino alla vita pubblica e che beneficino dei diritti fondamentali.
Nella sua storia l’Italia ha conosciuto numerose forme di stato prima di arrivare ad essere la democrazia che conosciamo noi oggi. L’unificazione del Regno d’Italia si ha solo nel 1861e inizialmente nasce come monarchia costituzionale sotto il controllo della dinastia sabauda. Non si tratta però di uno stato assoluto, ma di uno stato liberale, perché i poteri del sovrano non sono illimitati e svincolati da ogni limitazione, ma sono subordinati ad una legge scritta, emanata nel 1848 dal re Carlo Alberto di Savoia, chiamata Statuto Albertino. Nonostante inizialmente fosse lo statuto del solo Regno di Sardegna, con l’unificazione della penisola, esso divenne la carta fondamentale della nuova Italia unita ed indipendente e rimase in vigore fino al 1948, quando venne sostituito dalla nostra attuale Costituzione. Da stato liberale però l’Italia non divenne immediatamente uno stato democratico, perché nel 1925, con l’ingresso in politica del movimento fascista guidato da Benito Mussolini, si verificò un cambiamento tale che dal regime liberale si passò ad un regime totalitario. Mussolini governò fino al 1946, quando, dopo la Seconda Guerra Mondiale, la sua dittatura venne abbattuta e dichiarata la nascita della Repubblica Italiana, con l’entrata in vigore della Costituzione nel 1948. La Costituzione si configura pertanto come la legge fondamentale dello stato italiano e in essa si legittima la democraticità della nostra nazione. L’articolo 1 della Costituzione specifica infatti che l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, in cui la sovranità spetta al popolo che la esercita entro i limiti della Costituzione. Contrariamente allo Statuto Albertino, la nostra Costituzione è stata votata dal popolo, in maniera libera e democratica e permette l’esercizio del potere in forma diretta, quando il popolo esprime direttamente le proprie preferenze o in forma indiretta, quando i cittadini eleggono i propri rappresentanti che assumono poi le decisioni. Si parla in questo caso di democrazia rappresentativa, in cui i politici vengono legittimati a governare dalla collettività. La democrazia infatti resta un regime politico basato più di ogni altro sul consenso popolare, dove per consenso si intende la libera approvazione dei cittadini del fatto che il potere di governare i fenomeni sociali si trova nelle mani di un particolare gruppo di persone, scelto per votazione da una maggioranza della popolazione.
La democrazia è ormai la forma adottata nella maggior parte degli stati occidentali, perché considerata dall’opinione pubblica come il sistema politico più adatto alle loro società, ma nonostante ciò, sia nelle democrazie più di recente costituzione, che in quelle più vecchie, sono aumentati i segnali di scontento e insoddisfazione nei confronti di leader e istituzioni, sia politiche che rappresentative. Si parla di crisi della democrazia e i suoi principali sintomi sono il livello di sfiducia sempre più crescente nei confronti dei partiti e della classe politica, l’incremento dell’astensione elettorale a causa del fatto che la popolazione non si sente più rappresentata, il sistema politico diventa meno strutturato, con la presenza di un sempre maggiore pluralismo partitico e la nascita di movimenti antipolitici o forme di protesta. E’ una crisi di rendimento, che non mette in discussione l’efficacia del sistema, del regime politico, ma che delegittima le istituzioni democratiche di rappresentanza e di governo e le autorità che sono al potere, le quali non vengono più ritenute capaci di soddisfare le esigenze dei cittadini. Se molte democrazie hanno iniziato a subire questa crisi democratica negli ultimi decenni, in Italia invece queste tendenze erano già presenti da molto tempo, tanto da poter sostenere che le condizioni della crisi sono sempre state un problema strutturale per l’Italia e che oggi si manifestano in maniera più evidente. Le democrazie odierne si presentano quindi come regimi a scelta limitata che si trovano costantemente in bilico. E’ molto difficile infatti trovare un periodo storico in cui non si parla di crisi di un dato sistema politico.
Nonostante oggi la democrazia sia un sistema politico molto diffuso nelle società, soprattutto occidentali, esistono stati che preferiscono mantenere un regime di carattere più autoritario, perché considerano il regime democratico come meno efficace e più soggetto a rischi di impotenza. In Cina per esempio, il partito dominante esercita un grande controllo sulla popolazione, attraverso caratteri tipici dello stato totalitario, come la limitazione delle libertà personali dei cittadini, il controllo sul diritto di opinione, anche attraverso la censura e la repressione del dissenso; questo però vincola il potere a prestare grande attenzione all’opinione della popolazione, provocando paradossalmente una grande crescita del consenso popolare.
In altri stati, la forma democratica viene mantenuta solo nell’apparenza e non nella sostanza, come accade in Russia, dove tutti i cittadini possono votare, ma sono costretti dalla paura e dalla violenza a votare sempre per lo stesso partito o politico, che instaura in questo modo una forma di governo dittatoriale, travestita da falsa democrazia.
Malgrado il regime democratico sia l’aspirazione di numerosi popoli che non ne godono, perché la storia ha dimostrato essere una forma di governo in media più ricca delle altre, che offre ai suoi cittadini più libertà e opportunità, il distacco e l’indifferenza dalla politica nei giovani è ormai indiscutibile. I giovani infatti appaiono disinteressati e molto lontani dal mondo politico, rendendo in questo modo imprevedibile il comportamento elettorale della nuova generazione. Viene dimostrando in questo modo la poca attenzione che i politici pongono sugli interessi e sulle preoccupazioni dei giovani d’oggi, che non riescono a sentire una reale appartenenza a dei gruppi o partiti politici, interessati maggiormente a mantenere il proprio ruolo di potere effimero, invece che avanzare delle reali soluzioni e proposte. L’idea di essere inascoltati, provoca nei giovani un sentimento di demoralizzazione che porta di conseguenza ad una perdita di fiducia nei confronti del potere e delle istituzioni politiche. I politici infatti, in democrazia, sono portati a fare promesse su particolari temi e problemi, per ottenere il voto e il consenso popolare, che però non sono in grado di mantenere oppure che non dipendono dalle loro capacità effettive. Questo fa sì che i cittadini, al crescere dei problemi, pretendano dai politici sempre maggiore impegno e concretezza, ma simultaneamente negano loro la legittimità e il consenso, fondamentali per una giusta forma di governo.
Oggi più che mai si rende quindi necessario un aggiornamento dei sistemi politici democratici, i quali devono garantire l’adesione di personaggi politici competenti ed interessati, che si impegnano ad ascoltare i problemi e le opinioni dei cittadini e a trovare delle soluzioni concrete e attuabili, in modo da riuscire a rilanciare l’immagine della democrazia anche nei paesi e nelle società che non adottano tale forma di governo.
Domande da interrogazione
- Qual è l'origine storica della democrazia?
- Quali sono i principi fondamentali su cui si basa la democrazia moderna?
- Come si è evoluto il sistema politico italiano fino a diventare una democrazia?
- Quali sono i sintomi della crisi della democrazia moderna?
- Perché alcuni stati preferiscono regimi autoritari alla democrazia?
La democrazia ha origine nella Grecia classica, in particolare ad Atene nel VI secolo a.C., dove si sviluppò la prima forma effettiva di governo democratico.
I principi fondamentali della democrazia moderna sono stati formulati nel 1789 durante la rivoluzione francese e si riassumono nel motto "liberté, egalité, fraternité" (libertà, uguaglianza, fratellanza).
L'Italia è passata da una monarchia costituzionale sotto la dinastia sabauda a un regime totalitario con Mussolini, fino a diventare una Repubblica democratica nel 1946, con l'entrata in vigore della Costituzione nel 1948.
I sintomi della crisi della democrazia includono la crescente sfiducia nei confronti dei partiti e della classe politica, l'aumento dell'astensione elettorale e la nascita di movimenti antipolitici.
Alcuni stati, come la Cina, preferiscono regimi autoritari perché considerano la democrazia meno efficace e più soggetta a rischi di impotenza, mantenendo un grande controllo sulla popolazione.