Concetti Chiave
- Il fascismo nacque come movimento, i Fasci di combattimento, fondato nel 1919 da Benito Mussolini, inizialmente con un carattere antipartito e nazionalista.
- Nel 1921, il fascismo si trasformò nel Partito Nazionale Fascista, guadagnando consenso da agrari, ceto medio e settori imprenditoriali.
- Le interpretazioni storiografiche del fascismo variano: da una reazione al socialismo a una rivoluzione della classe media emergente.
- La distinzione tra "fascismo movimento" e "fascismo regime" evidenzia il passaggio da ideali progressisti a un programma conservatore e autoritario.
- Il fascismo è stato interpretato come una "religione della politica", basata su nazionalismo radicale e la creazione di una comunità nazionale nuova.
Indice
Origini del fascismo
Il fascismo nasce inizialmente non come partito, bensì come movimento che prende il nome di Fasci di combattimento; viene fondato nel marzo 1919, in piazza San Sepolcro a Milano, da Benito Mussolini, un ex leader del partito socialista espulso per le sue posizioni interventiste; tra i partecipanti vi ritroviamo socialisti, repubblicani, sindacalisti rivoluzionari, futuri ed ex arditi, giovani soldati che avevano partecipato per ultimi alla ormai trascorsa prima guerra mondiale e che avevano dato "la spallata" finale che aveva contribuito alla vittoria.
Trasformazione in partito
I Fasci nascono come un "antipartito" miscelato con nazionalismo e sindacalismo rivoluzionario, con ispirazione antidemocratica e antisocialista. Nel novembre 1921 Mussolini trasforma il movimento in Partito nazionale fascista (Pnf), di impronta nettamente conservatrice e nazionalista, il quale prende piede principalmente grazie al consenso dagli agrari, dal ceto medio, in crisi d'identità e da crescenti settori imprenditoriali. A questo proposito, vi sono diverse idee e posizioni contrapposte che ruotano attorno alla domanda: cosa fu il fascismo? Un movimento reazionario nato dalla volontà del capitalismo agrario e industriale di abbattere il movimento operaio e socialista o un'esperienza politica che rifletteva problemi ed esigenze aperti dalla modernizzazione industriale, dalla massificazione della società e dalla crisi del sistema liberale enfatizzata dalla grande Guerra?
Interpretazioni storiche
A partire dagli anni venti-trenta, è stata dominante nella storiografia l'interpretazione del fascismo come una reazione al socialismo ed alla liberal-democrazia; all'interno di questa idea, vi sono state tre principali correnti interpretative: la prima, con esponente il critico Benedetto Croce e di carattere liberal-conservatore, che considera il fascismo come una parentesi nella storia italiana e come >, offuscamento degli ideali di libertà causato dalla prima Guerra mondiale; la seconda corrente interpretativa viene sostenuta da Piero Gobetti, il quale giudica il fascismo > e mette in risalto l'incapacità della classe dirigente liberale a governare la modernizzazione del Paese; il terzo pensiero, di orientamento marxista, vede nel fascismo una reazione di classe, una modalità specifica del dominio capitalista originato dal conflitto tra borghesia e classe operaia; della stessa idea è il dirigente comunista Palmiro Togliatti, il quale aggiunge di aver colto la tipicità del regime fascista nell'aver reclutato il consenso dei ceti medi all'interno di un >.
Rivoluzione o reazione?
A partire dal secondo dopoguerra, la storiografia modifica alcune interpretazioni, sulla base anche degli studi attuati da Renzo De Felice sulla storia del fascismo, pubblicata in volumi nel 1966: totalmente in contrapposizione con il pensiero marxista, sostiene che il fascismo sia stato una "rivoluzione", > e > (Intervista sul fascismo, 1975); ha come protagonisti i ceti medi emergenti, classi non in crisi ma desiderose di affermarsi sia nei confronti della borghesia sia del proletariato, voler > e che determinarono il successo del fascismo; introduce con chiarezza la sua opinione sulla differenza tra "fascismo movimento" e "fascismo regime" ne "Intervista sul fascismo" rilasciata allo storico americano A. Ledeen nel 1975: il primo viene giudicato come un insieme di elementi >, creato da rinnovamenti ad opera della piccola borghesia; il secondo, invece, >, frutto conservatore del compromesso fra Mussolini e i gruppi dirigenti tradizionali. Anche gli ideali tra fascismo movimento e fascismo regime sono differenti e contradditori: inizialmente rivendica il diritto di voto per le donne, l'abolizione del senato di nomina regia, la giornata lavorativa di otto ore e la tassazione straordinaria dei capitali; nel momento in cui riesce ad acquistare potere ed accede a 31 seggi in Parlamento, stravolge completamente il programma, che rassicurava nello stesso tempo la borghesia agraria, industriale e commerciale, il quale prevede uno stato forte e la limitazione dei poteri del Parlamento; esalta la nazione e la competizione fra nazioni (imperialismo); propone di restituire all'industria privata i servizi essenziali gestiti dallo Stato, come le ferrovie ed i telefoni ed invoca il divieto di sciopero nei servizi pubblici, atto largamente diffuso durante il governo Giolitti nel periodo definito "biennio rosso".
Critiche e riflessioni
La tesi di De Felice viene contestata da diversi autori, principalmente marxisti: Ernesto Ragionieri vede nel fascismo l'espressione di un capitalismo spento e immaturo; Guido Quazza controbatte De Felice su quale classi di potere sono state decisive nell'ascesa e stabilizzazione del fascismo: il primo sostiene che >, dando quindi scarsa importanza alla piccola borghesia sostenuta da De Felice > (Fascismo e società italiana, 1973). Un'interessante riflessione sul fascismo come "religione della politica" viene effettuata dallo studioso Emilio Gentile, considerando esso come liberalismo, e neppure semplicemente come reazione antimarxista >> (Il fascismo in tre capitoli); lo considera perciò un movimento basato su una visione mistica della politica, su un nazionalismo radicale e sulla pretesa di dare vita a un uomo ed ad una comunità nazionale "nuovi"; in questo modo si è riusciti a dare risposta alle tensioni ed aspirazioni di classi sociali come i ceti medi, privi di una vera rappresentanza politica. Un'altra interpretazione non menzionata esplicitamente ma altrettanto interessante è considerare il fascismo un'insurrezione reazionaria portata avanti dalla volontà quasi esclusivamente degli agrari di prendere potere e abbattere così il movimento operaio e socialista, sfruttando in questo modo il giovane movimento per scopi personali: gli agrari appoggiano infatti sin dai primi anni il fascismo, che con la violenza del suo esercito riportava l’organizzazione nelle fabbriche e nelle campagne e soffocava il movimento sindacale e le organizzazioni socialiste. Per sdebitarsi di questo appoggio, nei primi anni del suo governo Mussolini attua una politica economica di tipo liberista, che permette agli agrari di aumentare in modo consistente i loro profitti, a scapito dei salari degli operai: viene approvata una riforma fiscale favorevole ai grossi capitali, la privatizzazione dei servizi telefonici e delle Assicurazioni, il salvataggio da parte dello Stato di industrie e banche in crisi ed il contenimento dei salari.
Nel settore dell’agricoltura , la politica economica del fascismo segue due indirizzi fondamentali: aumentare la produzione del grano, anche attraverso una bonifica di zone incolte, e accrescere il numero di mezzadri e piccoli coltivatori diretti, frenando l’esodo verso le città. Articolo preso da un giornalino di paese.
Domande da interrogazione
- Qual è l'origine del fascismo e chi furono i suoi fondatori?
- Come si è trasformato il movimento fascista nel tempo?
- Quali sono le principali interpretazioni storiche del fascismo?
- Come ha influenzato la storiografia del fascismo Renzo De Felice?
- Quali furono le politiche economiche del fascismo nei confronti dell'agricoltura?
Il fascismo nacque come movimento chiamato Fasci di combattimento, fondato nel marzo 1919 a Milano da Benito Mussolini, un ex leader socialista espulso per le sue posizioni interventiste.
Nel novembre 1921, Mussolini trasformò il movimento in Partito Nazionale Fascista (Pnf), di impronta conservatrice e nazionalista, guadagnando consenso tra agrari, ceto medio e settori imprenditoriali.
Le interpretazioni storiche del fascismo includono la visione liberal-conservatrice di Benedetto Croce, la critica di Piero Gobetti sulla classe dirigente liberale, e l'interpretazione marxista di Palmiro Togliatti come reazione di classe.
Renzo De Felice ha proposto che il fascismo fosse una "rivoluzione" con protagonisti i ceti medi emergenti, distinguendo tra "fascismo movimento" e "fascismo regime", in contrasto con l'interpretazione marxista.
La politica economica del fascismo in agricoltura mirava ad aumentare la produzione di grano e a incrementare il numero di mezzadri e piccoli coltivatori, frenando l'esodo verso le città.