Concetti Chiave
- Nel Settecento, l'Italia fu teatro di battaglie tra potenze europee, con vari territori che passarono dalla Spagna all'Austria, e successivamente ai Borbone, in un periodo di cambiamenti politici e sociali.
- Riforme significative furono introdotte nel Regno di Napoli e Parma, come la tassazione della chiesa, la riorganizzazione dell'amministrazione pubblica e la promozione dell'economia, soprattutto sotto Carlo III di Borbone.
- In Toscana e Lombardia, sotto la guida degli Asburgo, furono implementate riforme economiche e amministrative, come il catasto parcellare teresiano e l'abolizione delle corporazioni, favorendo la borghesia produttiva.
- Il Piemonte sabaudo, sotto Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III, vide un rafforzamento dello stato attraverso politiche antinobiliari, riforme fiscali e l'espansione territoriale fino al Ticino.
- L'Illuminismo influenzò profondamente l'Italia, con nuove idee culturali e scientifiche che si diffusero a Milano e Napoli, dove si denunciava l'arretratezza del sud a causa delle istituzioni feudali e dei privilegi ecclesiastici.
Indice
Cambiamenti territoriali e riforme
Nella prima metà del secolo l’Italia fu campo di battaglia per gli altri paesi europei e quindi soggetta a vari cambiamenti. Dopo la guerra di successione spagnola, molti territori passarono da Spagna ad Austria che però mantenne stabili solo la Lombardia e la Toscana mentre il Regno di Napoli e il ducato di Parma furono assegnati ad un sovrano Borbone.
Poi, ci fu mezzo secolo di pace. Dal 1714 il regno di Napoli rimase per vent’anni agli austriaci per poi passare al re Carlo III di Borbone insieme al Regno di Sicilia nell’ambito della guerra di successione polacca. Anche Parma con la pace di Aquisgrana era dei Borbone, qui e soprattutto nel Regno di Napoli ci furono riforme per diminuire il peso della nobiltà e dell’alto clero: Carlo III nel 1741 con un concordato con la santa sede sottopose anche la chiesa a delle imposte, inoltre riorganizzò la pubblica amministrazione e promosse l’economia, il re proseguirà quest’opera in Spagna una volta assunta la corona.Riforme a Napoli e Sicilia
A Napoli subentrò il figlio Ferdinando IV, aiutato dal ministro Bernardo Tanucci, sulle orme di Carlo III; Tanucci limitò gli accrescimenti dei beni ecclesiastici, soppresse monasteri e conventi con dote che avevano pochi residenti ed espulse i gesuiti i cui collegi vennero sostituiti da scuole pubbliche. Nel 1774 introdusse l’obbligo per i giudici di sentenziare seguendo la legge e motivando (idea illuminista anche se lui non ne era seguace). Quando, però, introdusse le tasse sugli alimenti, dovette dimettersi a causa delle rivolte popolari (come fece anche il ministro Guillaume du Tillot a Parma) e la politica del re si bloccò tranne che per la parziale liberalizzazione del commercio interno e la soppressione della chinea ( tributo annuale dei re come vassalli della chiesa). In Sicilia, il viceré Domenico Caracciolo lottò contro i feudi e i protetti dei nobili abolendo i diritti di pedaggio, le dogane interne e le corvées dei contadini e l’introduzione dell’elezione per i magistrati, fino ad allora di nomina baronale. Contro Caracciolo c’era il Parlamento siciliano, che non permise un nuovo censimento e un catasto di tutte le proprietà; le riforme continuarono con il governatore Francesco Maria Venanzio d’Aquino che alla vigilia della Rivoluzione francese abolì in Sicilia qualsiasi servitù personale.
Riforme in Lombardia e Toscana
Le riforme furono più forti in Lombardia e Toscana con gli Asburgo grazie a investimenti e sviluppo economico a favore della borghesia produttiva: il catasto parcellare teresiano entrò in vigore l’1 gennaio 1760, le tasse furono utilizzate per opere di bonifica e irrigazione e nel 1770 si abolì la ferma (appalto a finanzieri privati detti fermieri) ed era lo stato con i suoi uffici a riscuotere direttamente. Riforme ancora più radicali furono nel Granducato di Toscana: morto Gian Gastone ultimo dei Medici passò tutto a Francesco Stefano della dinastia dei Lorena, marito di Maria Teresa d’Austria, e il figlio Pietro Leopoldo governò dal 1765 al 1790 come sovrano illuminato. Riorganizzò la pubblica amministrazione sul modello austriaco, inserì il nuovo codice penale leopoldino nel 1786 e confiscò tanto alla chiesa, per poi rivenderlo. Fece bonificare Val di Chiana e Maremma e abolì le corporazioni a secondo la fisiocrazia liberalizzò il traffico di cereali interno ed esterno; egli voleva anche formare una costituzione ma i nobili non lo permisero.
Piemonte sabaudo e Venezia
Intanto il piemonte sabaudo era impegnato in guerre e i Savoia ebbero la Sardegna; il duca Vittorio Amedeo II raccolse le leggi nelle costituzioni (avanzate per l’epoca), seguì una politica antinobiliare infatti con un catasto estese il prelievo fiscale, attuò anche un’istruzione statale allontanando i gesuiti. Il successore Carlo Emanuele III era assolutista, stipulò il concordato con papa Benedetto XIV e limitò le immunità ecclesiastiche acquisendo per i suoi successori il vicariato nominale perpetuo sui feudi pontifici. Egli tolse i privilegi della Val d’Aosta, con l’esercito si espanse fino al Ticino rendendo il Piemonte lo stato più forte, poi in Sardegna tramite Bogino lottò contro il brigantaggio e impose l’italiano.
Influenza della chiesa e illuminismo
Venezia rimaneva centro culturale ed editoriale e manteneva la sua importanza commerciale ma le sue frontiere erano bloccate dagli Asburgo con cui aveva stipulato un’alleanza e delle riforme di cui si parlava non se ne realizzò nessuna poiché i nobili mercanti tendevano a isolarsi. La chiesa invece ormai contava poco: Clemente XII costruì strade per rilanciare l’economia delle province, Benedetto XIV appoggiò la cultura scientifica, Clemente XIV sottopose gli ebrei alla giurisdizione ordinaria del vicariato di Roma e non all’inquisizione, Pio VI mise di nuovo restrizioni agli ebrei. In generale sorsero nuovi centri di studio; a Modena l’abate Muratori scrisse sulla storia d’Italia. Seguendo l’illuminismo, a Milano venne pubblicato “il Caffé” dai fratelli Verre, poi Cesare Beccaria scrisse dei delitti e delle pene (contro la pena di morte), Alessandro Volta inventò la pila (1800). Un gruppo illuminista a Napoli seguì le riforme di Carlo III e Ferdinando IV, città dove, secondo Antonio Genovesi, si istituì la prima cattedra di economia d’Europa. Gli illuministi denunciavano l’arretratezza del sud Italia, causata dal persistere di istituzioni feudali e privilegi ecclesiastici che impedivano lo sviluppo dell’imprenditoria con un moderno ceto medio.
Domande da interrogazione
- Quali furono i principali cambiamenti territoriali in Italia nel Settecento?
- Quali riforme furono introdotte nel Regno di Napoli sotto Carlo III e Ferdinando IV?
- Come si svilupparono le riforme in Lombardia e Toscana?
- Quali furono le principali iniziative culturali e scientifiche in Italia nel Settecento?
- Quali furono le critiche degli illuministi riguardo al sud Italia?
Dopo la guerra di successione spagnola, molti territori italiani passarono dalla Spagna all'Austria, ma solo Lombardia e Toscana rimasero stabili sotto il controllo austriaco. Il Regno di Napoli e il ducato di Parma furono assegnati a un sovrano Borbone.
Carlo III introdusse riforme per ridurre il potere della nobiltà e del clero, imponendo tasse alla chiesa e riorganizzando l'amministrazione pubblica. Ferdinando IV, con l'aiuto di Bernardo Tanucci, limitò i beni ecclesiastici, soppresse monasteri e conventi, e espulse i gesuiti.
In Lombardia e Toscana, sotto gli Asburgo, furono introdotte riforme economiche e amministrative, come il catasto parcellare teresiano e l'abolizione della ferma. In Toscana, Pietro Leopoldo riorganizzò l'amministrazione, introdusse un nuovo codice penale e liberalizzò il commercio di cereali.
A Milano, i fratelli Verre pubblicarono "Il Caffé", e Cesare Beccaria scrisse "Dei delitti e delle pene". Alessandro Volta inventò la pila. A Napoli, Antonio Genovesi istituì la prima cattedra di economia d'Europa.
Gli illuministi denunciavano l'arretratezza del sud Italia, attribuendola al persistere di istituzioni feudali e privilegi ecclesiastici che ostacolavano lo sviluppo dell'imprenditoria e di un moderno ceto medio.