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Concetti Chiave

  • La riscoperta di Aristotele nel XIII secolo ha influenzato lo sviluppo di nuove teorie politiche e la comprensione delle istituzioni del tempo.
  • Tommaso d'Aquino ha cercato di armonizzare il pensiero aristotelico con il cristianesimo, creando il tomismo, un pilastro della cultura medievale.
  • La filosofia di Tommaso promuove la collaborazione tra potere temporale e spirituale, concezione che influenzerà la visione laica moderna dello Stato.
  • La disputa tra autorità religiosa e civile ha visto intellettuali come Marsilio da Padova e Dante Alighieri sostenere l'autonomia del potere temporale.
  • Marsilio da Padova e Dante Alighieri hanno promosso l'idea che il potere temporale derivi dal popolo e non dall'autorità ecclesiastica.

Indice

  1. Innovazioni e riscoperta di Aristotele
  2. Aristotele e l'autonomia politica
  3. Tommaso d'Aquino e il tomismo
  4. Concezione laica dello Stato
  5. Teocrazia e potere temporale
  6. Giovanni da Parigi e Marsilio da Padova
  7. Dante Alighieri e la duplice natura dell'uomo

Innovazioni e riscoperta di Aristotele

Tutte le innovazioni furono alimentate e alimentarono lo sviluppo di nuove teorie politiche. Il secolo XIII fu un punto di svolta decisivo nella storia delle idee politiche.

La graduale riscoperta di Aristotele, in particolare dell’Etica nicomachea e della Politica, fornì agli intellettuali degli strumenti preziosi per comprendere gli eventi del loro tempo e per teorizzare le nuove istituzioni.

Aristotele e l'autonomia politica

Aristotele divenne un riferimento per chi sosteneva l’autonomia politica. Per il filosofo l’uomo è “per natura un animale politico”: è naturale per l’uomo vivere aggregato in società e partecipare all’amministrazione della polis. La conoscenza del diritto romano rafforzò il pensiero aristotelico. Il continuo riferimento al civis, il cittadino, coincideva con il pensiero aristotelico e trovava rispondenza nei Comuni. La dottrina di Aristotele corrispondeva alle esigenze del nuovo spirito associativo, dove i cittadini trovavano ragioni di unione spesso in contrasto con le pretese del papato.

Il pensiero aristotelico rappresentava un rovesciamento delle tradizionali concezioni medievali, in particolare rispetto ad Agostino (354-430).

Secondo la concezione tradizionale, il potere politico era un prodotto della degenerazione umana causata dal peccato originale, che aveva reso gli uomini incapaci di convivere pacificamente. Lo Stato non era naturale come voleva Aristotele, ma un male minore senza il quale non sarebbe possibile la vita civile.

Tommaso d'Aquino e il tomismo

Tommaso d’Aquino, un frate domenicano, cercò la compatibilità fra la concezione terrena di Aristotele e quella spirituale del cristianesimo. La sua filosofia, il tomismo, divenne un fondamento della cultura medievale.

La concezione della politica di Tommaso è un’alternativa alla dottrina ispirata ai princìpi agostiniani. Riprendendo Aristotele, Tommaso afferma che l’uomo è animale socievole per natura e lo Stato nasce proprio perché la società organizzata, retta da un’autorità, corrisponde alla sua natura razionale. Se non vi fosse qualcuno che si occupi del bene generale, la comunità si disperderebbe.

L’intera realtà è opera della creazione divina, dunque anche le leggi umane sono espressione delle leggi eterne dell’universo e pertanto chi le infrange si ribella a Dio. Ciò implica che potere temporale (regnum) e potere spirituale (sacerdotium) non solo non sono in contraddizione, ma devono collaborare.

Concezione laica dello Stato

Da questa distinzione tra la sfera sacra e temporale si svilupperà nell’età moderna una concezione laica dello Stato. Tale distinzione è netta anche in Agostino e può essere fatta risalire all’evangelico “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.

Teocrazia e potere temporale

Agostino e Tommaso erano convinti della superiorità della Chiesa, data la maggiore importanza del fine della vita religiosa (la salvezza eterna) rispetto alla vita terrena. Credevano che l’autorità civile dovesse collaborare con quella religiosa, senza esplicitare se ciò implicasse una sottomissione. I sostenitori della teocrazia sostenevano che il papa potesse esercitare direttamente il potere temporale. Il monaco Egidio Romano, nel trattato De ecclesiastica potestate, si esprime favorevole alla plenitudo potestatis del pontefice.

Giovanni da Parigi e Marsilio da Padova

Schierato in difesa dei diritti del re francese, vi era Giovanni da Parigi, un domenicano allievo di Tommaso d’Aquino. Il suo De potestate regia et papali, opera filomonarchica (i legisti), mirava a dimostrare il carattere autonomo della monarchia, in quanto è più antica. Entrambi i poteri provengono direttamente da Dio, ma Giovanni distingueva, seguendo l’insegnamento di Tommaso, quello temporale (il naturale) da quello spirituale (il soprannaturale): non vi può essere alcuna subordinazione dell’uno all’altro.

Nello scontro tra l’imperatore Ludovico il Bavaro e il papato avignonese, assunse posizioni contrarie alla teocrazia anche Marsilio da Padova, rettore dell’Università di Parigi. Criticò l’Unam Sanctam di Papa Bonifacio VIII e l’opera filopapale di Egidio Romano. Ne Il difensore della pace sostenne che alla base di quelle discordie sta un motivo sconosciuto al mondo antico: la volontà dei pontefici di rivendicare la propria superiorità nei confronti dei sovrani terreni. Per conservare la pace è necessario desacralizzare il governo. L’origine del potere e delle leggi è la pars valentior (più eminente) dei cittadini dello Stato, in quali scelgono la forma di governo e si danno le leggi. Il monarca deriva dunque il proprio potere dall’elezione popolare e non dall’incoronazione dell’autorità religiosa. Secondo Marsilio, per restituire pace alla cristianità, il papa stesso doveva ricevere l’autorità della sua carica dal basso, attraverso un’assemblea di cristiani, cioè attraverso il concilio ecumenico. Queste tesi furono giudicate eretiche e lo studioso fu marchiato come “figlio del diavolo”.

Dante Alighieri e la duplice natura dell'uomo

In difesa dell’autonomia dell’impero giunse Dante Alighieri, che nel De Monarchia sostenne la necessità di una collaborazione tra le due istituzioni universali. Partendo dalla duplice natura dell’uomo, materiale del corpo e quella spirituale dell’anima, individua i due fini a cui l’uomo deve tendere: la felicità terrena e la beatitudine celeste. Dio ha fornito agli uomini due guide: l’imperatore, che deve emanare leggi giuste per dare agli uomini la felicità terrena; il pontefice, la guida degli uomini alla salvezza. Poiché l’imperatore riceve l’autorità di governo direttamente da Dio, il papa non può pretendere alcuna superiorità.

Domande da interrogazione

  1. Qual è stato l'impatto della riscoperta di Aristotele nel XIII secolo?
  2. La riscoperta di Aristotele ha fornito strumenti preziosi per comprendere gli eventi del tempo e teorizzare nuove istituzioni, sostenendo l'autonomia politica e influenzando il pensiero politico dei Comuni.

  3. In che modo Tommaso d'Aquino ha conciliato il pensiero aristotelico con il cristianesimo?
  4. Tommaso d'Aquino ha cercato la compatibilità tra la concezione terrena di Aristotele e quella spirituale del cristianesimo, affermando che lo Stato è naturale e necessario per la società organizzata, e che le leggi umane sono espressione delle leggi divine.

  5. Qual era la posizione di Giovanni da Parigi riguardo alla relazione tra potere temporale e spirituale?
  6. Giovanni da Parigi sosteneva l'autonomia della monarchia, distinguendo il potere temporale da quello spirituale, e affermando che entrambi provengono direttamente da Dio senza subordinazione reciproca.

  7. Quali erano le critiche di Marsilio da Padova alla teocrazia?
  8. Marsilio da Padova criticava la volontà dei pontefici di rivendicare la superiorità sui sovrani terreni, sostenendo che il potere deriva dalla pars valentior dei cittadini e che il papa dovrebbe ricevere autorità attraverso un concilio ecumenico.

  9. Come Dante Alighieri vedeva la relazione tra impero e papato?
  10. Dante Alighieri sosteneva la necessità di collaborazione tra impero e papato, con l'imperatore e il pontefice come guide per la felicità terrena e la beatitudine celeste, rispettivamente, senza che il papa pretendesse superiorità sull'imperatore.

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