Concetti Chiave
- Il "squadrismo agrario" segnò l'alleanza tra squadristi, baroni e latifondisti, contribuendo alla definizione del partito fascista come di estrema destra.
- Nonostante alleanze con forze di centrodestra, il partito fascista ottenne pochi consensi elettorali, avendo solo 33 deputati nel 1922.
- Mussolini consolidò la sua leadership nel partito fascista tra il 1921 e il 1922, bilanciando alleanze con liberali e azioni più radicali.
- La strategia di Mussolini includeva la marcia su Roma come mossa di forza, mantenendo aperta la possibilità di un governo di coalizione.
- Il re Vittorio Emanuele III favorì Mussolini non concedendo lo stato d'assedio e incaricandolo di formare il nuovo governo, nonostante la minoranza parlamentare.
Indice
Il contesto politico del partito fascista
Questo periodo, chiamato "squadrismo agrario" proprio perché gli squadristi andavano ad affiancare i baroni e i latifondisti, portò poi alla definizione del partito fascista come partito di estrema destra (quindi quando nasce il
partito fascista, esso si configura come partito di estrema destra).
Il partito fascista comunque rientrava all'interno di coalizioni, cioè nel momento in cui c'erano le elezioni, il partito fascista tendeva ad allearsi con il centro destra (abbiamo infatti fatto riferimento al blocco nazionale di Giolitti). Nonostante però questo tentativo di unirsi a forze di centrodestra, il partito fascista ebbe comunque scarsissimi consensi alle elezioni: nel 1922 (anno della vigilia della marcia su Roma), il partito fascista aveva in parlamento solo 33 deputati (era dunque una forza estremamente minoritaria).
La leadership di Mussolini
Inoltre, nel 1922 si definisce anche la dirigenza del partito perché comunque Mussolini tendeva sempre ad allearsi con elementi liberali, mentre c'erano gli altri gerarchi fascisti (come ad esempio Farinacci) che tendevano a essere più violenti e schierati all'estrema destra. Ma tra il 1921 e il 1922 si stabilisce definitivamente la leadership di Mussolini all'interno del partito. Cosa accade?
La marcia su Roma
Mussolini gioca su due tavoli: a un certo punto prende accordi con Giolitti per un governo di coalizione con la partecipazione del partito fascista, ma contemporaneamente organizza la marcia su Roma facendo leva sulla debolezza
dello stato liberale (il partito fascista si presentava dunque come la soluzione dei problemi italiani, i quali erano soprattutto di natura politica, c'era infatti la stasi politica). Dunque in quel momento Mussolini faceva leva su questo stato debole che il partito fascista riusciva in qualche modo a supplire attraverso lo squadrismo; dall'altra parte faceva accordi con Giolitti.
Se il partito fascista avesse fallito l'atto di forza, allora avrebbe avuto la seconda chance, ossia entrare in un governo di coalizione. Dunque, Mussolini organizzava la marcia su Roma nella speranza che Giolitti non andasse al governo, infatti vi sono dei documenti in cui Mussolini dichiara chiaramente che se Giolitti fosse tornato al governo sarebbe stato un grande problema, perché come Giolitti ha fatto bombardare d'Annunzio, così, allo stesso modo, avrebbe fatto sparare sui fascisti. La marcia su Roma ha qualcosa di molto simile a livello propagandistico all'assalto al palazzo d'inverno: l'assalto al palazzo d'inverno era visto come un assalto eroico in cui c'erano cancelli che in realtà però non c'erano. Allo stesso modo, durante il periodo fascista, la marcia su Roma era presentata come un momento epico in cui Mussolini alla testa dei suoi squadristi marciava su Roma. In realtà non andò proprio cosi, perché Mussolini non partecipò alla marcia su Roma, questo perché appunto doveva mantenere aperta la seconda chance. Se i gerarchi fascisti e gli squadristi avessero fallito la marcia, allora Mussolini se ne sarebbe tirato fuori, si sarebbe cioè tirato fuori dalla responsabilità dell'accaduto, e avrebbe fatto il governo di coalizione con Giolitti.
Il ruolo di Vittorio Emanuele III
La fortuna degli squadristi fu che avevano dalla loro parte il re Vittorio Emanuele III, infatti nel momento in cui gli squadristi marciavano su Roma e in più parti d'Italia andarono ad occupare le prefetture, Facta si recò da Vittorio Emanuele III per chiedere la firma dello stato d'assedio. Non solo Vittorio Emanuele non concesse a Facta lo stato d'assedio per sgombrare Roma dagli squadristi, ma il giorno dopo chiamò Mussolini e lo incaricò di formare il nuovo governo. Si trattava di una cosa mai successa prima, perché Mussolini aveva solo 33 deputati, era dunque una forza minoritaria all'interno del parlamento. Fu ovviamente un colpo di mano da parte del re che scavalcava il parlamento. Mussolini tra l'altro definiva il parlamento come "bubbone pestifero" che bisognava assolutamente eliminare.
Domande da interrogazione
- Qual era il ruolo degli squadristi nel periodo dello squadrismo agrario?
- Come si configurava il partito fascista nelle elezioni del 1922?
- Qual era la strategia di Mussolini riguardo alla marcia su Roma?
- Quale fu il ruolo del re Vittorio Emanuele III durante la marcia su Roma?
- Come veniva presentata la marcia su Roma a livello propagandistico?
Gli squadristi affiancavano i baroni e i latifondisti, contribuendo a definire il partito fascista come partito di estrema destra.
Nonostante le alleanze con il centrodestra, il partito fascista ottenne scarsissimi consensi, avendo solo 33 deputati in parlamento.
Mussolini organizzò la marcia su Roma come atto di forza, ma mantenne aperta la possibilità di un governo di coalizione con Giolitti nel caso di fallimento.
Il re non concesse lo stato d'assedio richiesto da Facta e incaricò Mussolini di formare il nuovo governo, nonostante la minoranza parlamentare fascista.
La marcia su Roma era presentata come un momento epico, simile all'assalto al palazzo d'inverno, anche se Mussolini non vi partecipò direttamente.