Concetti Chiave
- Il 1859 iniziò con auspici favorevoli per l'Italia grazie al trattato franco-piemontese e l'intervento di Napoleone III e Vittorio Emanuele II, promuovendo l'unità italiana.
- La diplomazia anglo-russo-prussiana tentò di risolvere pacificamente la questione italiana, mentre l'Austria provocò l'inizio delle ostilità con un ultimatum al Piemonte.
- La seconda guerra d'indipendenza vide iniziali difficoltà tattiche, ma le forze franco-piemontesi ottennero vittorie decisive a Magenta e Solferino contro gli austriaci.
- Napoleone III firmò l'armistizio di Villafranca, temendo l'espansione del Regno Sardo e la minaccia all'egemonia francese, senza rispettare completamente gli accordi di Plombières.
- L'armistizio portò alla cessione della Lombardia al Piemonte e all'annessione della Toscana e dell'Emilia, con plebisciti che sancivano l'espansione del Regno di Sardegna.
Indice
L'inizio della causa italiana
Per la causa italiana, l’anno 1859 sembrò aprirsi sotto i migliori auspici. Infatti, al ricevimento di Capodanno del corpo diplomatico Napoleone III si era lamentato con l’ambasciatore austriaco, lamentandosi che i rapporti fra i due paesi non fossero così cordiali come un tempo. Qualche giorno più tardi Vittorio Emanuele II, in occasione dell’inaugurazione del Parlamento del Regno di Savoia pronunciò una frase molto significativa “… non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi”.
L’impressione suscitata da tale frase sia in Italia che all’estero fu grandissima. Il 18 gennaio fu firmato il trattato franco-piemontese, sulla base gli accordi segreti di Plombières fra Napoleone III e Cavour. Qualche tempo dopo, Cavour ordinava il richiamo alle armi delle riserve e il rafforzamento delle difese sul Ticino; contemporaneamente, Garibaldi costituiva i “Cacciatori delle Alpi”, un corpo di volontari, regolarmente inquadrato nell’esercito sardo.Trattative e tensioni diplomatiche
Dopo questi favorevoli inizi, però, ad un certo punto sembrò che la situazione prendesse una strada opposta. Innanzitutto, la diplomazia anglo-russo-prussiana avviò delle trattative per una pacifica soluzione della situazione italiana all’interno di un apposito congresso. Anche in Francia, la politica filoitaliana cominciava ad incontrare degli ostacoli: l’imperatrice Eugénie e il ministro degli esteri Walewski non condividevano l’idea di Napoleone III mentre del tutto ostili ad una guerra erano il mondo della finanza, i clericali e i conservatori. Il 18 aprile, Napoleone III chiese il disarmo, una condizione richiesta dall’Austria, per la partecipazione del Piemonte al congresso. Cavour si sentì tradito da Napoleone III e minacciò di rendere pubblico i contenuti degli accordi segreti di Plombières. Tuttavia, inaspettatamente, quando ormai sembrava che la politica di Cavour fosse compromessa, a Vienna, il partito militare aveva la meglio. Infatti, il 23 aprile, l’Austria inviò al Piemonte un ultimatum con il cui veniva ordinato in modo perentorio il disarmo, condizione necessaria per partecipare al congresso, dando tre giorni di tempo per la risposta. Si trattava di un’evidente provocazione da parte austriaca che fece scoppiare le ostilità il 26 aprile.
La seconda guerra d'indipendenza
La seconda guerra d’indipendenza non fu particolarmente brillante sul piano tattico e strategico. Da parte piemontese, l’esercito presentava delle deficienze a cui da parte austriaca corrispondeva un’incerta direzione da parte del comandante Gyulai. Quest’ultimo pensò di oltrepassare subito il Ticino in modo da impedire ai Francesi di riversarsi in Piemonte tramite le valli alpine e quindi poter colpire duramente l’esercito piemontese. Tuttavia, l’armata piemontese si era spostata verso sud in attesa dei Francesi che erano sbarcati a Genova, mentre a nord l’allagamento della regione di Vercelli, costituì un ostacolo per gli austriaci. Si alleati si congiunsero ad Alessandria e vinsero un primo scontro a Montebello, mentre i Piemontesi sconfiggevano la retroguardia austriaca a Palestro. Da parte sua, Garibaldi oltrepassava per primo il Ticino, sbaragliava il nemico a San Fermo (Oggi San Fermo della battaglia) e a Varese, occupava Como, Bergamo e Brescia. I Francesi cercarono di accerchiare gli Austriaci, spostandosi in direzione del Lago Maggiore; Gyulai, allora, si ritirò a Magenta dove il 4 giugno fu pesantemente sconfitto dall’esercito franco-piemontese. Quattro giorni dopo la vittoria di Magenta, Napoleone III e Vittorio Emanuele II entravano trionfalmente a Milano. Gli austriaci ripiegarono allora al di là del Mincio, nella fortezza del quadrilatero i cui vertici erano formati dalle fortezze di Peschiera del Garda, Mantova, Legnano e Verona e quindi comprese fra il Po, il Mincio e l’Adige. Qui lo stesso imperatore Francesco Giuseppe assunse il comando dell’esercito. I due eserciti si scontrarono pesantemente a Solferino e a San Martino. Gli Austriaci furono battuti dai Francesi nella prima località e dai Piemontesi nella seconda.
L'armistizio di Villafranca
Tuttavia, improvvisamente giunse la notizia che Napoleone III aveva firmato separatamente l’armistizio di Villafranca. L’imperatore francese aveva preso questa decisione perché gli avvenimenti italiani avevano preso una piega molto diversa rispetto a quella che egli sperava. Infatti, l’espansione del Regno Sardo minacciava di prendere proporzioni troppo vaste e soprattutto minacciava la prevista egemonia francese sulla penisola italiana. Occorre anche ricordare che nello stesso giorno in cui iniziavano le ostilità tra Piemonte e Austria, si ebbero diverse insurrezioni che portarono all’annessione di diverse regioni, fra cui lo Stato Pontificio, al Regno Sardo. Il fatto che venisse intaccata l’integrità territoriale dello Stato Pontificio aveva suscitato l’indignazione dei cattolici francesi, minacciando così il fragile equilibrio su cui si basava il potere di Napoleone III. Con l’armistizio di Villafranca, la Lombardia era ceduta dall’Austria a Napoleone III affinché, a sua volta la cedesse al Piemonte. Inoltre, negli Stati dell’Italia Centrale avrebbero dovuto ritornare i vecchi sovrani. Gli accordi di Plombières non venivano dunque rispettati. Furono avvisate, però, delle nuove trattative con la Francia. Cavour poté ottenere il consenso per l’annessione della Toscana e dell’Emilia, cedendo, in cambio, Nizza e Savoia. L’11 e il 12 marzo 1860 una serie di plebisciti sanzionava l’annessione ufficiale della Toscana e dell’Emilia al Regno di Sardegna.
Domande da interrogazione
- Quali furono gli eventi chiave che portarono all'inizio della guerra del 1859?
- Come si sviluppò la seconda guerra d'indipendenza dal punto di vista tattico e strategico?
- Quali furono le conseguenze immediate della vittoria a Magenta?
- Perché Napoleone III decise di firmare l'armistizio di Villafranca?
- Quali furono le conseguenze dell'armistizio di Villafranca per l'Italia?
Gli eventi chiave includono il trattato franco-piemontese basato sugli accordi segreti di Plombières, il richiamo alle armi delle riserve da parte di Cavour, e la provocazione austriaca con l'ultimatum al Piemonte che portò all'inizio delle ostilità il 26 aprile.
La guerra non fu particolarmente brillante tatticamente, con deficienze nell'esercito piemontese e una direzione incerta da parte austriaca. Tuttavia, le forze alleate franco-piemontesi riuscirono a vincere diverse battaglie chiave, tra cui Montebello, Palestro, e Magenta.
Dopo la vittoria a Magenta, Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrarono trionfalmente a Milano, mentre gli austriaci si ritirarono al di là del Mincio, nelle fortezze del quadrilatero.
Napoleone III firmò l'armistizio perché l'espansione del Regno Sardo minacciava l'egemonia francese in Italia e l'integrità territoriale dello Stato Pontificio, suscitando l'indignazione dei cattolici francesi.
L'armistizio portò alla cessione della Lombardia al Piemonte tramite Napoleone III, e alla possibilità di nuove trattative che permisero l'annessione della Toscana e dell'Emilia al Regno di Sardegna, in cambio della cessione di Nizza e Savoia.