Concetti Chiave
- L'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo nel 1914 fu il catalizzatore che portò allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, coinvolgendo inizialmente solo gli stati europei.
- La politica espansionistica e aggressiva della Germania sotto Guglielmo II, con il programma pangermanista, minacciò gli equilibri europei e portò a tensioni internazionali.
- La crisi balcanica, con le guerre balcaniche, evidenziò la fragilità degli imperi e contribuì all'instabilità in Europa, aumentando le tensioni tra le potenze.
- La conferenza di pace di Versailles del 1919 ridisegnò la mappa geopolitica europea, imponendo pesanti sanzioni alla Germania e smembrando l'Impero Austro-Ungarico.
- L'intervento degli Stati Uniti nel conflitto nel 1917 e il ritiro della Russia cambiarono le sorti della guerra, portando infine alla sconfitta degli Imperi Centrali.
Indice
- L'assassinio di Sarajevo e le tensioni europee
- La politica espansionistica di Guglielmo II
- Le tensioni nei Balcani e le guerre balcaniche
- Il declino economico della Gran Bretagna
- L'Intesa Cordiale e le alleanze europee
- L'ideologia nazionalista e le sue contraddizioni
- Il movimento operaio e il colonialismo
- Il ruolo degli intellettuali nella guerra
- L'attentato di Sarajevo e l'inizio della guerra
- La guerra di posizione e le battaglie iniziali
- La guerra sottomarina e l'ingresso degli USA
- L'entrata in guerra dell'Italia e le sue motivazioni
- Il Patto di Londra e l'entrata in guerra dell'Italia
- La guerra di logoramento e la battaglia di Verdun
- I governi di unità nazionale e le difficoltà interne
- La rivoluzione russa e l'ingresso degli USA
- La disfatta di Caporetto e la riorganizzazione italiana
- La controffensiva dell'Intesa e la resa tedesca
- La conferenza di pace di Versailles
- Le conseguenze del trattato di Versailles
- Le sanzioni all'Austria e le tensioni post-belliche
- Le aspettative italiane e la vittoria mutilata
- La spartizione dell'impero ottomano
- Il dibattito sulle cause della guerra
- Il nazionalismo e le posizioni italiane
L'assassinio di Sarajevo e le tensioni europee
Il 28 Giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie furono assassinati a Sarajevo da un certo Princip.
Questo evento fece precipitare la situazione nella guerra che coinvolse dapprima solo gli stati europei, poi anche Giappone e Stati Uniti. Questo fu solo il casus belli perché le motivazione che indussero le maggiori potenze del mondo erano diverse. Vi era dissenso, infatti, tra gli stati europei. Grazie all’azione del cancelliere tedesco Bismark si costituì in Europa un sistema statale fondato su 3 punti fondamentali: 1) fu creata un’alleanza tra Germania, che comandava, Russia, Austria e Italia; 2) la Gran Bretagna assicurò la sua neutralità; 3) la Francia isolata. Ma questo programma era destinato a fallire soprattutto quando Bismark venne deposto da Guglielmo II che iniziò una politica estera più aggressiva.
La politica espansionistica di Guglielmo II
La politica estera di Guglielmo II venne inaugurata con la dotazione di una grande flotta marina che avesse permesso alla Germania di spingersi sempre più avanti nella corsa alle colonie. Questo programma tedesco però urtò gli interessi britannici che vedevano minacciate le loro colonie e quindi la loro economia. Guglielmo II contò comunque anche sull’appoggio dell’opinione pubblica soprattutto quando espose il programma pangermanistico che prevedeva l’occupazione da parte della Germania di tutti gli stati ove erano presenti tedeschi. In tutti i paesi occupati vennero a crearsi gruppi estremisti di destra che raccoglievano consensi tra il popolo.
Le tensioni nei Balcani e le guerre balcaniche
L’equilibrio europeo non era in pericolo solo a causa della Germania ma anche a causa di questioni statali ancora irrisolte. Il focolaio più grande fu individuato nell’area balcanica. L’impero asburgico mostrò la sua fragilità quando croati e slavi chiedevano a gran voce la loro indipendenza. Lo stimolo decisivo a croati e slavi fu dato dalla Serbia che era ormai indipendente. Fu così che con la creazione di una lega tra Grecia, Montenegro e Bulgaria, che fu dichiarata guerra alla Turchia (1° guerra balcanica). Avendo vinto, la lega assunse nuovi territori e proprio per questo vi furono dissensi tra i vincitori sulla spartizione di questi e sui confini da stabilire. Così nel 1913 la Bulgaria dichiarò guerra alla Serbia che, appoggiata da Turchia e Romania, vinse ancora ottenendo il controllo delle regioni macedoni (2° guerra balcanica).
Il declino economico della Gran Bretagna
La Gran Bretagna aveva fino ad allora svolto un ruolo fondamentale in Europa per quanto riguarda anche il settore economico che tuttavia nei primi anni del XIX secolo iniziò a declinare perché contesa da altre grandi potenze economiche come la Germania e gli USA. La crisi inglese era anche dovuta alla fine della fase coloniale apertasi dopo la crisi di fine 800, mentre Francia e Germania continuavano. Il mondo allora era stato tutto suddiviso e non vi erano più territori non occupati. Ogni impero poteva espandersi solo a spese dell’altro. Tutti allora decisero di dotarsi di armi micidiali e di flotte sempre più grosse. Proprio a questa decisione si deve il grandioso sviluppo delle industri siderurgiche e belliche.
L'Intesa Cordiale e le alleanze europee
La politica espansionistica e di sviluppo militare tedesca indusse Francia e Gran Bretagna a riavvicinarsi e a stringere un’alleanza politico-militare chiamata Intesa Cordiale. Si avvicinò a loro anche la Russia preoccupata dell’appoggio tedesco all’impero asburgico. Per la prima volta dopo un secolo si vennero a creare due sistemi di alleanze opposte: la Gran Bretagna che contava su Francia e Russia e, la Germania che contava su Austria e Italia. Tutti erano legati da un0alleanza così forte che se un solo stato avesse attaccato o fosse stato attaccato tutta l’Europa sarebbe scesa in guerra.
L'ideologia nazionalista e le sue contraddizioni
Penetrando anche nella borghesia e negli strati sociali meno abbienti, i partiti social-demogratici posti in competizione con le classi operaie e i sindacati, l’idea di nazione legata agli ideali liberali dell’800 venne trasformata in un’idea antidemocratica e imperialistica. Vi fu una rivolta, guidata da Orioni, a cui fu attribuita la caratteristica di ideale. Come scrive lo stesso Orioni: “non bisogna temere l’avvenire, perché esso sarà proprio di coloro che non l’anno temuto; una volta mossa la macchina bellica non ci si può tirare indietro e indipendentemente dal risultato bisogna continuare a combattere”. Tutte queste idee vennero raggruppate in Italia con la creazione dell’Associazione Nazionalista Italiana cui prese parte anche Prezzolino, il quale credeva che la borghesia potesse rinascere solo se si fosse affermata come un’aristocrazia dello spirito eliminando la vecchia figura di Giolitti.
Il movimento operaio e il colonialismo
Grazie agli interessi comuni si creò un’alleanza tra nazionalisti e liberali. Fu comunque un’alleanza pericolosa perchè come erano presenti interessi comuni, vi erano anche delle contraddizioni di fondo, come l’avversione alla democrazia e il favore per l’aristocrazia dello spirito o ancora alla pace a favore della guerra rigeneratrice. Queste contraddizioni furono influenti in Italia che non aveva un’antica tradizione liberalista e che daranno vita al Fascismo, mentre in Francia e in Gran Bretagna furono facilmente arginate. Il movimento operaio provocò non pochi problemi ai movimenti nazionalistici. Già nel 1907 al congresso di Stoccarda della Seconda Internazionale, fu presentata una mozione a sfavore del colonialismo da Karl Kautsky che venne approvata, mentre accolse molti assensi la possibilità di civilizzazione per mezzo dei socialisti. Il segnale più forte a favore del colonialismo socialista fu dato il 4 Agosto 1914 dall’SPD che approvava i crediti di guerra per respingere la Russia.
Il ruolo degli intellettuali nella guerra
Fino ad allora gli intellettuali del tempo non si erano mai posti il problema se, in caso di guerra o tumulti, avessero dovuto partecipare attivamente alla vita pubblica e politica cercando di spiegare i motivi vari secondo la loro cultura, oppure se avessero dovuto rimanere al di sopra della mischia e non partecipare attivamente. A favore della prima tesi abbiamo in Italia il maggior filosofo del tempo, Benedetto Croce, e anche in Europa Romain Rolland; entrambi non avevano intenzione di partecipare attivamente alla vita pubblica, anzi erano contrari. A favore della seconda tesi, quella della partecipazione degli intellettuali alla vita pubblica si schierarono moltissimi intellettuali tedeschi, in considerazione del fatto che questa seconda tesi si sviluppò soprattutto in Germania. Un nome noto a tutti è quello di A. Einstein che si mise a disposizione della patria. In molti, tra gli intellettuali tedeschi, consideravano necessaria una guerra perché vista come unica via d’uscita dall’accerchiamento francese ed inglese alla Germania che cresceva sempre più. Un famoso intellettuale, Thomas Mann, credeva inoltre che una volta dichiarata guerra, scendevano in campo altri due componenti: la Kultur,che era la cultura del popolo che belligerava per difendersi dall’oppressione straniera, in questo caso la Germania, e la Civilization, che era quella civiltà superficiale basata su concezioni materialistiche, in questo caso G.B. e Francia. Pochi anni dopo Mann rinnegò la sua stessa tesi. Da altri ne fu portata avanti un’altra sempre a difesa tedesca: attaccando un popolo non si attacca solo l’esercito, ma si attacca la sua civiltà; popolo e militarismo sono allora la stessa cosa quando combattono per difendere ideali comuni. In sostanza è questo ciò a cui i maggiori intellettuali del tempo affermarono con “l’appello dei 93”.
L'attentato di Sarajevo e l'inizio della guerra
L’attentato di Sarajevo smosse le volontà belliche soprattutto di Austria e Germania. La prima credeva di risolvere il conflitto con i Balcani a suo favore, mentre la seconda, contando sulla neutralità della G. B. avrebbe travolto la Francia prima ancora che la Russia si fosse mobilitata. I belligeranti contavano quindi di iniziare una “guerra lampo”. L’Austria lanciò quindi un ultimatum con il quale chiedeva allo stato serbo di rimuovere tutti gli impiegati che lavoravano per la propaganda contro gli austriaci e la partecipazione di funzionari austriaci alle indagini sull’attentato di Sarajevo. Il governo serbo accettò tutte le richieste, ma non l’ultima. L’Austria dichiarò subito guerra alla Serbia. Si mosse subito la Russia che proclamò la mobilitazione generale a favore della Serbia. La Germania il 1 Agosto dichiarò guerra alla Russia e successivamente Francia e G.B. dichiararono guerra ad Austria e Germania. La Germania occupò subito Belgio e Lussemburgo con il fine di attaccare la Francia direttamente. Anche il Giappone entrò in guerra schierandosi con l’Intesa per avere il controllo dei possedimenti tedeschi in Cina. L’Italia si proclamò neutrale ritenendo l’alleanza con la Germania e Austria inoperante perché stipulata come patto difensivo.
La guerra di posizione e le battaglie iniziali
L’esercito belga guidato da Joffre riuscì a resistere ben poco alla minaccia tedesca che occupato il Belgio arrivò a pochi chilometri da Parigi. Il governo parigino fuggì a Bordeaux mentre l’esercito francese insieme ad un corpo militare mandato dagli inglesi scacciò i tedeschi con una sanguinosa battaglia presso il fiume Marna. I tedeschi arretrarono e i due eserciti si incontrarono sui fiumi Aisne e Somme. La guerra era diventata di posizione logorando uomini, mezzi e risorse. La sconfitta tedesca fu dovuta a due fattori: l’avanzata troppo veloce dei tedeschi che aveva reso le comunicazioni impossibili e l’invasione della Prussica da parte dei Russi. I tedeschi spostarono le loro truppe in Austria e batterono i Russi a Tannenburg e sui fiumi Mesuri. I russi vinsero comunque la battaglia di Leopoli.
La guerra sottomarina e l'ingresso degli USA
Al fronte orientale ed occidentale si aggiunse quello del mare del Nord dove G. B. e Germania iniziarono aspre battaglie. L’intento della G. B. era quello di bloccare i rifornimenti alimentari e militari tedeschi. A partire dal 1915 la G.B. ebbe i risultati sperati. In Germania iniziarono ad esserci casi di denutrizione provocando vittime tra bambini e anziani, ma non perché il cibo non arrivava, ma perché il governo lo razionava. La Germania allora decise di attaccare con i sottomarini per bloccare i rifornimenti americani agli inglesi. La guerra sottomarina crebbe a tal punto che capitò che sottomarini tedeschi affondavano navi passeggeri di paesi neutrali. Il caso più importante fu quello dell’affondamento della Lusitania sulla quale viaggiavano circa mille persone tra cui 198 americani. Il presidente USA Wilson protestò aspramente e dichiarò che se atti di questo genere si fossero ripetuti sarebbe entrato in guerra immediatamente. I tedeschi si spaventarono della minaccia americana e attenuarono gli atti di guerra sottomarina.
L'entrata in guerra dell'Italia e le sue motivazioni
Per il momento la Germania aveva evitato l’ingresso in guerra degli USA. L’estensione del conflitto però si allargò e nuovi paesi a favore dell’uno o dell’altro scesero in guerra. Per esempio, la Bulgaria nel 1915 scese in campo con gli Imperi centrali, mentre a favore dell’Intesa andò il Portogallo, la Romania e soprattutto l’Italia. Con l’ingresso di questa ultima si aprì il fronte sud. L’Italia però entrò in guerra proprio durante la “settimana rossa” durante la quale il governo fu represso dagli scioperi degli operai. L’opinione pubblica era sfavorevole all’entrata in guerra con Germania e Austria.
Il governo si giustificò basandosi su tre punti principali: 1) la Triplice Alleanza aveva solo scopo difensivo; 2) l’Austria non accettava l’articolo 7 del patto che prevedeva compensi territoriali all’Italia nel caso in cui l’Austria avesse vinto; 3) l’Italia non era stata consultata sull’ultimatum austriaco dato alla Serbia. Contrario alla guerra fu anche Giolitti.
La posizione del governo di Sonnino e Calandra era più protesa all’intervento italiano in guerra a fianco dell’Intesa. L’entrata in guerra dell’Italia secondo i due ministri avrebbe accentuato il carattere autoritario del governo. Anche tra le compagnie industriali, ben rappresentate in Parlamento, vi erano grandi consensi per l’entrata in guerra in quanto ritenevano che avrebbe portato sviluppo e prestigio all’Italia. Anche alcuni settori del sindacalismo rivoluzionario, per motivi opposti a quelli del governo, appoggiavano l’entrata in guerra in quanto considerarono che proprio questa avrebbe sbriciolato quel sistema capitalista che regnava in Italia. Mussolini che si era dichiarato, insieme al giornale in cui lavorava, neutrale quando fondò il suo giornale, iniziò una grande propaganda bellicista. Tra le frange nazionalistiche invece si trovava G. D’Annunzio, che insieme ad altri era a favore dell’entrata in guerra dell’Italia, ma da alleati degli Imperi Centrali. Neutralisti invece si dichiararono i cattolici e i socialisti; i primi per motivi morali e perché non avrebbero voluto combattere contro una potenza cattolica con L’Austria, i secondi perché non vedevano intaccati i diritti dei lavoratori e i loro interessi.
Il Patto di Londra e l'entrata in guerra dell'Italia
Nel 1915, il primo ministro Sonnino, stipulò un patto segreto con Londra, chiamato appunto il Patto di Londra, che avrebbe impegnato l’Italia ad entrare in guerra a fianco dell’Intesa nell’arco di un mese dandole in cambio, in caso di vittoria, la Dalmazia, L’stria, Il Trentino, il Tirolo e Trieste in più la base di Valona in Albania. Nel frattempo Giolitti, all’oscuro di tutto, ribadì la sua posizione neutrale forte di 300 deputati. Calandra rassegnò le dimissioni che furono rifiutate dalla corte che scavalcando il Parlamento, gli diede poteri speciali per gestire la guerra. Il 20 Maggio 1915 il Re diede il suo consenso al governo e il 23 Maggio l’Italia dichiarò guerra all’Austria. Il giorno dopo l’esercito italiano oltrepassava il Piave in forze. Bisogna dire che alla base di tutte queste decisioni, vi era la convinzione che la guerra sarebbe stata veloce e vittoriosa per l’Intesa.
La guerra di logoramento e la battaglia di Verdun
Come si è detto, con l’ingresso dell’Italia in guerra si aprì un nuovo fronde di guerra (circa 600 km che andavano da Trieste fino n Svizzera che era neutrale). La volontà tedesca di condurre una guerra lampo si era annullata e si passò ad una guerra di logoramento anche perché milioni di soldati si affronteranno stando dentro le trincee e la guerra, anche con l’appoggio dell’una o dell’altra fazione, non riusciva a concludersi a favore di nessuno. Questa fase di stallo dura dal 1915 al 1916. Chi subiva più danni erano gli Imperi centrali che essendo circondati da ogni parte, erano praticamente gestiti dall’Intesa. Così la Germania, con il tentativo di rompere l’isolamento creato dall’Intesa, decise di attaccare. Fu il generale tedesco Erico Falkenhayn che concentrò tutte le armate tedesche presso la fortezza di Verdun, e attaccò le forze anglo-francesi. Proprio questi ultimi furono in grado non solo di mantenere le posizioni, ma anche di contrattaccare facendo arretrare l’esercito tedesco nei pressi di Somme. Questa fu la battaglia più cruenta che causò più di un milioni di vittime. Avendo perso questa battaglia sulla terra, i tedeschi decisero di attaccare via mare la flotta inglese; riportarono una parziale vittoria che non preoccupò la G.B. per quanto riguarda l’egemonia marina inglese. In sostanza, la Germania perse entrambe i tentativi di rompere l’isolamento, così sostituito Falkenhayn da Hindemburgm la Germania dichiarò la guerra sottomarina totale, cioè qualunque nave, passeggera e non, di qualunque nazione sarebbe stata affondata. Questa decisione avrebbe portato gli USA ad intervenire nel conflitto, ma secondo Hindemburg, la Germania avrebbe vinto prima che le truppe USA sarebbero arrivate. Sul fronte meridionale la Germania attaccò l’Italia con una spedizione punitiva all’alleato traditore. Gli italiani furono impreparati all’attacco e Calandra si dimise. Il nuovo governo, presieduto da Borselli, nel 1916 riuscì ad avere l’unico successo militare con la presa di Gorizia.
I governi di unità nazionale e le difficoltà interne
Per fronteggiare le difficoltà di guerra e i primi malcontenti anche tra la popolazione, furono costituiti governi basati sull’unità nazionale. Il primo fu quello Francese, guidato da Aristide Briandi; seguì quello italiano di Borselli e quello di Lloyd in G.B. In Austria le pressioni autonomistiche indussero Carlo I, successore di Francesco Giuseppe, morto nel 1916, a pensare alla pace con l’Intesa. Questo accentramento del potere, ebbe il risultato di rafforzare i poteri degli esecutivi. In sostanza in base alle necessità di guerra il governo chiedeva produzione di beni alle industrie. Questo determinò uno sviluppo notevole e la nascita di imprese importanti.Anche nel campo della tecnologia vi furono invenzioni con la creazione del magnete utilizzato nei motori a scoppio e anche l’elettricità ebbe un uso più diffuso.
La rivoluzione russa e l'ingresso degli USA
Durante il quarto anno di guerra si verificarono eventi che cambiarono le sorti della guerra: la Russia, dopo aver perso 2 milioni di uomini, con lo scoppio della rivoluzione bolscevica e con il malcontento della popolazione, si ritirò dal conflitto e gli USA entrarono in guerra. La goccia che fece traboccare il vaso in Russia fu proprio la rivolta operaia nel 1917. Nicola II, zar di Russia, abdicò e venne formato un governo composto da liberali e comunisti. Esso fu guidato da Karenskis che promosse un nuovo sforzo bellico convincendo anche i contadini che in caso di vittoria sarebbe stata data loro la terra. Non vi riuscì soprattutto perché l’esercito si dimostrò reticente e la Russia fu costretta a concordare con l’Intesa la sua uscita dal conflitto. Infine l’altro evento importante fu l’ingresso degli USA nel conflitto che tentavano di tutelare il loro patrimonio prestato all’Intesa ed essendo guidato da un governo liberal-democratico, erano spinti a guerreggiare contro i paesi con governo autoritario e militaristico.
Al fronte Russo, già i soldati, prima ancora del governo, avevano dichiarato la fine delle ostilità. Anche i socialisti si mostrarono insofferenti alla guerra che ripresero l’opposizione interna. Nel 1916 fu pubblicato il Manifesto di Kiluthal con il quale i socialisti dichiaravano di esser contrari alla guerra. Nel 1917 oltre alle rivolte operaie, dell’esercito e del governo, determinarono la fine della partecipazione Russa. Inoltre l’inverno del 1917 fu devastante per le truppe che furono ancora decimate da malattie, malnutrizione e da nuove armi (gas asfissianti, lanciafiamme, bombe a mano…).
In sostanza ogni paese belligerante era costretto a combattere due guerre: una contro i nemici e la seconda contro gli oppositori all’interno stesso del paese, che per vari motivi, contrastavano il governo. A questi si aggiunse la popolazione disastrata dalla guerra, dall’assenza di alimenti e dalla riduzione dei salari. In Italia l’episodio più grave avvenne a Torino, quando la popolazione affamata e povera scese a manifestare e le truppe regie soppressero la rivolta provocando molte vittime. Anche i cattolici militarono; Benedetto XV inviò una nota a tutti i paesi belligeranti chiedendo la fine della inutile strage. Tutto stava cambiando. Per fare fronte all’emergenza, per esempio, la Francia cambiò i vertici dell’esercito e lo stesso accadde in Italia, negli USA e in G.B., mentre la Germania industrializzo le industrie.
La disfatta di Caporetto e la riorganizzazione italiana
Dal punto di vista militare, il 1917 favorì la Germania e l’Austria. Una volta smobilitate le truppe Russe i due esercirti degli Imperi Centrali, sferrarono un attacco massiccio e le truppe italiane, stremate dagli sforzi continui chiesti da Cadorna, non ressero l’impatto. Gli italiani, per non essere accerchiati decisero di indietreggiare fino al Piave perdendo 400 mila uomini e molta artiglieria. Il 24 Ottobre 1917 Caporetto fu conquistata dagli Imperi Centrali. Dopo la disfatta di Caporetto fu formato un governo nazionale di solidarietà guidato da Vittorio Emanuele Orlando che affidò il compito di ricomporre l’esercito al generale Armando Diaz che per rialzare il morale alle truppe promise appezzamenti di terra a tutti visto che la maggior parte dei soldati era formata da contadini.
La controffensiva dell'Intesa e la resa tedesca
L’attacco a Caporetto era solo l’inizio di un piano previsto dagli Imperi Centrale per distruggere le armate dell’Intesa. Attaccarono infatti nel Marzo 1918 nella regione di S. Quintino dove sbaragliarono l’esercito dell’Intesa; ma le truppe anglo-francesi che vi si trovavano seppero riorganizzarsi anche grazie al comando generale che passò nelle mani di Foch e riuscirono cosi a resistere. Quando però le truppe americane, il 18 luglio arrivarono in Europa inizio la controffensiva dell’Intesa. Vennero impiegati nuovi mezzi bellici, come aerei, carri armati e cannoni a lunga gittata. Anche l’esercito italiano partì all’attacco sbaragliando le truppe austriache. Così grazie all’intervento americano e alla ripresa bellica dell’Intesa le truppe tedesche indietreggiarono e gli Imperi centrali caddero. Dopo la resa firmata da tutti gli alleati degli Imperi Centrali il kaiser tedesco Guglielmo II fuggì e fu proclamata la repubblica.
La conferenza di pace di Versailles
Alla conferenza di pace che si aprì a Versailles nel 1919 si trovarono tutti i paesi vincitori: Italia, USA, G.B. e Francia, mentre i vinti furono convocati solo per firmare i trattati di pace. Due furono le tendenze che prevalsero durante la conferenza: quella europea, dettata soprattutto dalla Francia che intendeva dare il colpo di grazia agli imperi già sgretolati (ottomano, russo e tedesco) affermando la sua egemonia in Europa insieme alla G.B. Mentre la seconda tendenza, fu quella che il presidente americano Wilson cercò di portare avanti: cioè si basava sull’autodeterminazione dei popoli; principio su cui tutti i paesi avrebbero dovuto ridisegnare i confini europei. In un quadro generali tutti furono accontentati e anche l’Italia lo fu; non gli fu concessa solo la città di Fiume e la Dalmazia.
Le conseguenze del trattato di Versailles
Di fatto prevalse la decisione di Clemenceau, primo ministro francese, che mirava a paralizzare la Germania. Così infatti fu. Infatti fu obbligata a sottoscrivere il trattato di pace imposto dalla Francia che la impegnava a concedere alla Francia l’Alsazia e la Lorena e in più le furono applicate pesantissime sanzioni di guerra che condizioneranno il suo sviluppo futuro e quello dell’Europa tutta. A livello territoriale e politico si iniziarono a formare tutti quegli stati che erano raggruppati dagli Imperi Centrali, come la Cecoslovacchia, la Bulgaria, la Bosnia e parte della Macedonia. La Polonia fu ristabilita ed ottenne anche uno sbocco sul mare presso la città di Danzica, dichiarata libera. Anche l’Italia ricevette compensi territoriali, vedendosi annesso il Trentino, l’Alto Adige e l’Istria. Tutti gli altri territori dell’impero vennero controllati da Francia e G.B. Inoltre su proposta del Presidente USA Wilson fu creata la Società delle Nazioni, che avrebbe avuto il compito importante di arbitrato per risolvere le controversie, qualora ve ne fossero, tra gli stati europei. Non ebbe i risultati sperati, perché allo stesso Wilson che portò la proposta in Senato, fu rifiutata l’approvazione soprattutto dalla parte repubblicana che sosteneva una politica isolazionista, cioè che tendeva ad estraniarsi dagli eventi europei. La Società delle Nazioni rimase in bilico e non ebbe gli effetti desiderati.
La grande guerra aveva avuto disastri di proporzioni giganti: a partire dai 9 milioni di vittime a finire agli assetti politici nuovi. I trattati di pace stipulati quando si aprì la conferenza del 1919 a Parigi presero i nomi delle località nei dintorni di Parigi: Versailles (sulla Germania); Saint-Germain-en_laye (sull’Austria); Trianon (sull’Ungheria); Neuilly (sulla Bulgaria); Sevres (impero ottomano). I socialisti europei presero posizione basandosi anche sulla frase importante di Lenin: pace senza annessioni e senza indennità. Per rispondere a ciò il presidente Wilson presentò i suoi 14 punti sui quali si doveva basare il ristabilimento dell’ordine in Europa. Alcuni dei punti di Wilson miravano ad affermare l’abolizione delle barriere economiche fra gli stati; la libertà di navigazione in tutti i mari e il principio di autodeterminazione dei paesi.
Gli obbiettivi di G.B. e Francia furono ben diversi da quelli di Wilson. Soprattutto la Francia mirava a devastare la Germania avendole fatto sottoscrivere clausole durissime. La Germania fu obbligata infatti a consegnare tutti gli armamenti pesanti alla Francia, a cedere la riva sinistra del Reno, a consegnare gran parte della flotta più i sottomarini. La Francia dunque fu la più intransigente. Questa fu la linea generale di Clemenceau, anche perché temevano che la Germania potesse rialzarsi e ricordandosi la devastazione che portarono le truppe tedesche in Francia, preferirono essere più intransigenti in questo momento.
In sostanza il trattato di Versailles prevedeva cessioni territoriali alla Francia e anche il pagamento di circa 132 miliardi di marchi, pari a più del doppio di soldi di quando si iniziarono ad estrarre i minerali dalle miniere e dagli scambia con gli USA. Con le cessioni territoriali la Germania perse il 13% della popolazione e il 10% di territorio. L’economia tedesca fu stroncata. Questa linea condotta da Clemenceau pose le basi per nuovi inasprimenti e per il successivo conflitto che sarà di proporzioni ancora più grandi.
Le sanzioni all'Austria e le tensioni post-belliche
L’Austria, essendo stata braccio destro della Germania nel conflitto, fu ritenuta colpevole quanto la Germania e le sanzioni applicatele non furono da meno: l’impero austriaco venne smembrato con le cessioni territoriali alla Cecoslovacchia e all’Italia che ridussero l’Austria ad una piccola entità regionale. L’equilibrio era già instabile e tensioni si preparavano.
Le aspettative italiane e la vittoria mutilata
Avendo partecipato al conflitto a fianco dell’Intesa, l’Italia aspettava le cessioni territoriali stabilite in precedenza con il Patto di Londra. Come concordato ricevette infatti il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria, Fiume, Trieste e Gorizia. Si verificò un problema però. Quando l’Italia firmò il patto di Londra non si era prevista la fine dell’impero Austro-Ungarico e quindi la neo formazione della Jugoslavia. Così i ministri Sonnino e Orlando, sostenuti dall’opinione pubblica, chiesero il rispetto delle clausole del contratto. Ciò si scontrava con uno dei 14 punti stabiliti da Wilson che prevedeva il riassetto dei confini nazionali fin dove era chiaramente riconoscibile questa ultima. I ministri dal loro canto furono irremovibili, ma anche Wilson lo fu, così durante la conferenza del 1919 i due ministri italiani abbandonarono la seduta. Tornati in Italia ricevettero gratificazioni anche dal parlamento. Più tardi ritorneranno alla conferenza ma non otterranno nulla, così si diffuse il sentimento della vittoria mutilata.
TRATTATO SEVES: SPARTIZIONE IMPERO OTTOMANO
La spartizione dell'impero ottomano
I vincitori del conflitto, nel suddividere l’impero ottomano e nel trasformalo in appena un lembo di terra comprendente Costantinopoli e l’Anatolia settentrionali, suddivisero i territori in aree coloniali sottoposte al loro controllo. Non tennero conto però delle fortissime spinte nazionalistiche degli arabi e dei turchi che provocarono loro in questo caso, grandi difficoltà.
Il dibattito sulle cause della guerra
Secondo Hobsbawm il dibattito sullo scoppio della Prima Grande Guerra Mondiale non si chiarirà mai perché molteplici sono le cause che spinsero ogni paese a dichiarare guerra all’altro. Qualsiasi spiegazione unilaterale è troppo semplice, secondo l’economista inglese. La guerra infatti, non fu altro che l’espressione culturale, politica ed economia di ognuno dei paesi belligeranti che si era manifestata apertamente a tutti.
La guerra non sollevò solo problemi politici, economici e culturali, ma fu ottimo spunto per la riflessione per gli intellettuali del tempo che si dividevano in interventisti e non interventisti. La guerra era solo un’espressione illusoria di pace e libertà. Si parla di progresso che poteva avvenire solo con la vittoria di una guerra lunga e faticosa come questa, ma era anche questa un’illusione.
Il nazionalismo e le posizioni italiane
Il nazionalismo, con l’idea di nazione, non è un fenomeno circoscrivibile solo in Germania; esso è un sentimento presente in tutta l’Europa. Anche in Italia si formano associazioni e gli intellettuali si interrogavano sul concetto di nazione.
L’inizio della guerra sorprese l’Italia proprio durante la settimana rossa, cioè quando le rivolte operaie si facevano sentire sempre di più. Giolitti era contrario all’entrata in guerra e come lui tutti i socialisti che scrissero un manifesto con il quale proclamavano la loro neutralità.
Come i socialisti anche i cattolici presero posizioni contrarie all’intervento dell’Italia in guerra, per motivi morali e per questioni di principio che Giolitti appoggiava in pieno. Nelle sue memorie chiariva anche il perché della scelta della neutralità e alla contrarietà della guerra.
Anche se la maggior parte degli esponenti di governo era contrario alla entrata in guerra italiana, si agitavano comunque dei piccoli nuclei interventisti formati per lo più da socialisti riformisti e anche da cattolici democratici. Essi vedevano nella guerra l’occasione per creare nuove relazione internazionali sulla base di principi antimperialisti e democratici.
Domande da interrogazione
- Qual è stato l'evento scatenante della Prima Guerra Mondiale?
- Quali erano le principali alleanze formate prima della guerra?
- Come ha influenzato la politica espansionistica tedesca l'equilibrio europeo?
- Quali furono le conseguenze della guerra sottomarina tedesca?
- Quali furono i risultati della Conferenza di Versailles per la Germania?
L'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo il 28 giugno 1914 è stato l'evento scatenante che ha portato alla Prima Guerra Mondiale.
Prima della guerra, le principali alleanze erano la Triplice Alleanza tra Germania, Austria e Italia, e l'Intesa Cordiale tra Gran Bretagna, Francia e Russia.
La politica espansionistica tedesca, inclusa la costruzione di una grande flotta e il programma pangermanista, ha minacciato gli interessi britannici e contribuito a destabilizzare l'equilibrio europeo.
La guerra sottomarina tedesca, che includeva l'affondamento di navi passeggeri come la Lusitania, ha portato a tensioni con gli Stati Uniti, che minacciarono di entrare in guerra.
Alla Conferenza di Versailles, la Germania fu costretta a cedere territori, pagare pesanti sanzioni di guerra e subire restrizioni militari, il che influenzò negativamente il suo sviluppo futuro.