Concetti Chiave
- Il movimento fascista rappresenta la rivendicazione di potere del ceto medio emergente, che esprime tendenze anticapitalistiche e antiproletarie ma senza la capacità di concretizzarle.
- Il ceto medio, sentendosi privato di spazio sociale, si scontra con il proletariato, rendendo il fascismo l'espressione della lotta antiproletaria e della ricerca di potere del ceto medio.
- Giolitti, illudendosi di stabilizzare le istituzioni liberali con il supporto fascista, promuove i blocchi nazionali sperando in una disfatta socialista, ma sottovaluta la solidità di quest'ultimo.
- Le elezioni del 15 maggio 1921 vedono il partito socialista rimanere il primo partito nonostante le perdite, mentre il partito popolare cresce grazie al supporto delle parrocchie.
- Le elezioni non forniscono a Giolitti la larga maggioranza sperata, e i deputati fascisti eletti non consolidano il suo governo, portando alla sua caduta nel giugno 1921.
Indice
Il ceto medio e il fascismo
Il movimento fascista, in quanto forma di aggregazione politica e rivendicazione di potere del ceto medio emergente, ha espresso tendenze sia anticapitalistiche che antiproletarie, essendo il ceto medio appunto lo strato sociale posto tra la borghesia imprenditoriale e la classe proletaria, che può sentirsi privato di spazio ora dall’una ora dall’altra di quelle due classi. Senonché il ceto medio, per il suo carattere socialmente composito, per la persistenza dei suoi legami di interesse con la borghesia imprenditoriale, e per la sua estraneità al mondo industriale, cioè al momento strutturante della società capitalistica, non è in grado di dare concretezza alle sue tendenze anticapitalistiche, che sono destinate a rimanere allo stadio di aspirazioni vaghe e contraddittorie, e di obbiettivi o non realizzabili in pratica o non seriamente perseguìti.
La lotta antiproletaria
Di conseguenza, nella totale impossibilità di trovare una via per concretare le sue iniziali velleità anticapitalistiche, a causa del vuoto di direzione lasciato dal partito socialista, il ceto medio emergente non può realizzare la sua ricerca di spazio sociale e di potere, se non scontrandosi frontalmente con il proletariato. La natura del movimento fascista è di essere l’espressione ideologica e politica della lotta antiproletaria (e anche di residue velleità anticapitalistiche) attraverso cui si manifesta la nuova rivendicazione di potere del ceto medio emergente. Di conseguenza, l’azione sovvertitrice del fascismo non può essere fermata che da nuove istituzioni che garantiscano, a spese del proletariato, un nuovo rango e un nuovo potere a quel ceto medio di cui il fascismo è espressione.
Giolitti e le elezioni del 1921
Tutto questo, però, nel 1921 non è ancora compreso, al punto che Giolitti, allora capo del governo, si illude addirittura di poter avvalersi del movimento fascista per ridare stabilità alle istituzioni liberali scosse dalla crisi postbellica. Perciò chiede e ottiene dal re lo scioglimento della Camera, e affronta nuove elezioni promuovendo i cosiddetti blocchi nazionali, cioè liste elettorali uniche per tutti i partiti di matrice o ispirazione liberale, dalle quali rimangono fuori soltanto repubblicani, popolari, socialisti e comunisti. Egli è infatti convinto che il partito popolare e il partito socialista, avendo visto nei mesi precedenti, il primo parzialmente e il secondo quasi totalmente, distrutta la propria intelaiatura organizzativa, siano destinati ad uscire drasticamente ridimensionati da nuove elezioni, tanto da essere poi costretti, per conservare qualche peso politico, ad accettare una collaborazione subalterna con le forze liberali, che egli ha intenzione di offrire, come nell’anteguerra, soprattutto ai socialisti.
Pensa inoltre che nuove elezioni gli diano anche il tempo di attendere che la da lui prevista “disfatta del partito socialista” riporti alla testa del partito stesso, screditando il massimalismo, l’ala riformista fautrice della collaborazione subalterna con la borghesia. Giolitti è convinto che le forze liberali, per la prima volta unite, e di fronte ad avversari, invece, divisi e indeboliti, possano ottenere una larga maggioranza assoluta che consenta loro, a differenza che nella Camera del 1919, di esprimere anche da sole un governo stabile. Giolitti, promuovendo l’inclusione nei blocchi nazionali di candidati nazionalisti e fascisti e attribuendo loro un'infondata ispirazione liberale, spera di utilizzarli non solo per rendere più completa la prevista disfatta socialista e popolare, ma anche per far cessare le violenze fasciste dando al movimento fascista la soddisfazione di avere i suoi capi in parlamento e quindi la possibilità di influenzare la vita politica attraverso un suo piccolo gruppo parlamentare.
Il risultato delle elezioni
Il risultato delle elezioni politiche del 15 maggio 1921 evidenzia l'errore di valutazione commesso da Giolitti. Il partito socialista non ha il previsto tracollo perché, pur scendendo da 156 a 122 seggi, rimane il primo partito politico italiano. Inoltre, poiché esso ha subìto pochi mesi prima la scissione comunista, e poiché il partito comunista prende di conseguenza una parte del suo elettorato, ottenendone 16 seggi, le sue perdite nei confronti dei partiti borghesi assommano a 18 seggi. Si tratta quindi di perdite di gran lunga inferiori a quelle preventivate da Giolitti (e previste dagli osservatori politici del tempo), che mostrano come, ad eccezione che nella bassa pianura padana da Bologna a Rovigo (dove si è avuto il deflusso di voti verso destra che ha provocato la maggior parte delle perdite socialiste che hanno dato i 18 seggi in meno), la base di consenso del partito socialista sia rimasta solida, nonostante le violenze subìte ed i collegamenti organizzativi distrutti.
La tenuta dei partiti
Il partito popolare, poi, cresce addirittura da 100 a 107 seggi, perché là dove sono venuti meno, come collettori di voti, sindacati “bianchi” e circoli del partito, distrutti dai fascisti, hanno supplito le parrocchie. I repubblicani, infine, mantengono presso a poco la loro precedente consistenza, ottenendo 22 seggi. Così, le forze al di fuori delle liste giolittiane ottengono complessivamente 267 seggi, contro i 275 dei blocchi nazionali. Si tratta non della larga maggioranza prevista da Giolitti, ma di una maggioranza ridottissima e di fatto inesistente, perché i 35 deputati fascisti eletti nelle liste giolittiane non vogliono favorire il consolidamento del governo Giolitti, tanto che alla fine di giugno del 1921 gli votano contro in parlamento, provocandone la caduta.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo del ceto medio nel movimento fascista?
- Qual era la strategia di Giolitti riguardo al movimento fascista e alle elezioni del 1921?
- Come si è comportato il partito socialista nelle elezioni del 15 maggio 1921?
- Qual è stato l'esito delle elezioni per il partito popolare?
- Quali sono state le conseguenze politiche delle elezioni del 1921 per Giolitti?
Il ceto medio, come strato sociale tra la borghesia imprenditoriale e la classe proletaria, esprime tendenze anticapitalistiche e antiproletarie, ma non riesce a concretizzarle, risultando in un confronto diretto con il proletariato.
Giolitti sperava di utilizzare il movimento fascista per stabilizzare le istituzioni liberali e promosse i blocchi nazionali per ottenere una maggioranza assoluta, prevedendo una disfatta del partito socialista.
Il partito socialista ha perso seggi ma è rimasto il primo partito politico italiano, nonostante la scissione comunista e le violenze subite, dimostrando una base di consenso ancora solida.
Il partito popolare è cresciuto da 100 a 107 seggi, grazie al supporto delle parrocchie che hanno supplito alla mancanza di sindacati e circoli distrutti dai fascisti.
Le elezioni non hanno portato alla larga maggioranza prevista da Giolitti; i 35 deputati fascisti eletti non hanno sostenuto il suo governo, portando alla sua caduta a giugno 1921.