Concetti Chiave
- Giovanni Giolitti succede a Crispi nel 1891, cercando di promuovere uno stato liberista e ottenere il consenso anche dai ceti più bassi.
- A differenza di Crispi, Giolitti non combatte il socialismo ma reprime le espressioni anarchiche, evidenziando un approccio diverso alla stabilità sociale.
- L'accusa di debolezza è mossa contro Giolitti per la sua tolleranza verso i fasci siciliani, che protestavano contro la miseria senza intenti politici.
- Giolitti si dimette a causa di irregolarità legate alla Banca Romana, portando Crispi a ritornare come Presidente del Consiglio nel 1893.
- Crispi, affrontando la situazione in Africa, vede il rifiuto del negus Menelik del trattato di Uccialli, conducendo alla sconfitta italiana di Adua.
Indice
Giolitti e il suo approccio politico
Nel 1891 Crispi si dimette, e gli succede Giovanni Giolitti, un piemontese che, deputato nell’82, aveva sostenuto Depretis solo fino all’86, poiché ostile alla sua politica di trasformismo e alle eccessive spese del suo governo.
Giolitti vorrebbe creare uno stato liberista, ed ottenere il consenso al parlamento da parte anche dei ceti più bassi.
Crispi e Giolitti sono due uomini molto diversi, non negli scopi perseguiti, quanto piuttosto nel modo di perseguirli.
Entrambi vogliono infatti rafforzare lo stato, solo che Giolitti vorrebbe ottenere questo attraverso una omologazione fra le classi sociali.
Ecco perché, a differenza di Crispi, non combatte il socialismo, ma reprime invece le sue espressioni anarchiche.
Giolitti si rifiuta dunque anche di intervenire contro i fasci siciliani, composti da contadini. Essi combattono contro la miseria della loro condizione sociale, senza intenti economico-politici.
Per questo suo comportamento tollerante, molti accusano dunque Giolitti di debolezza.
Le dimissioni di Giolitti
Coinvolto di persona nelle pesanti irregolarità della Banca Romana(che aveva determinato tra l’altro un aumento dell’inflazione e dato soldi ai parlamentari), Giolitti si dimette.
Crispi e la sua politica repressiva
Nel 1893 ritorna dunque Presidente del Consiglio Crispi.
Egli ottiene facilmente una tregua di Dio in parlamento per sistemare la difficile situazione che si è venuta a creare.
Prima di tutto, anche se sa che le denunce fatte dai fasci sono fondate, li reprime immediatamente, onde ristabilire l’autorità dello stato.
Divampano in quel periodo anche i moti di protesta in lunigiana. Crispi dichiara lo stato d’assedio e scioglie il partito socialista.
Dopodiché, tenta inutilmente di attaccare il latifondo.
Crispi e il ministro Sonnino conferiscono inoltre solo alla Banca d’Italia il controllo della cartamoneta circolante nel paese.
La questione africana e la sconfitta di Adua
Per quanto riguarda le questioni con l’Africa, il negus Menelik rifiuta di riconoscere il trattato di Uccialli, a causa della sua ambigua traduzione dell’italiano all’aramaico.
Ne sfocia una guerra che termina con la sconfitta italiana di Adua.
Crispi, ormai ottantenne, si ritira.
Domande da interrogazione
- Quali erano le differenze principali tra Crispi e Giolitti nel loro approccio al governo?
- Perché Giolitti fu accusato di debolezza durante il suo governo?
- Quali furono le conseguenze della crisi della Banca Romana per Giolitti?
Crispi e Giolitti avevano obiettivi simili di rafforzare lo stato, ma differivano nei metodi. Giolitti cercava l'omologazione tra le classi sociali e non combatteva il socialismo, mentre Crispi reprimeva le espressioni anarchiche e socialiste.
Giolitti fu accusato di debolezza perché si rifiutò di intervenire contro i fasci siciliani, che erano composti da contadini che protestavano contro la loro condizione sociale senza intenti economico-politici.
La crisi della Banca Romana, che coinvolse Giolitti in irregolarità finanziarie, portò alle sue dimissioni, permettendo a Crispi di tornare come Presidente del Consiglio nel 1893.