Concetti Chiave
- L'Italia post-prima guerra mondiale affrontò crisi economiche, disoccupazione e conflitti sociali, con fabbriche chiuse e produzione agricola in calo.
- Il Partito Popolare Italiano nacque con politiche per la riforma agraria e il decentramento amministrativo, mentre all'interno del Partito socialista si scontravano linee riformiste e rivoluzionarie.
- Benito Mussolini fondò i fasci di combattimento, caratterizzati da forte nazionalismo e violenza, adattandosi alle circostanze politiche senza un'ideologia precisa.
- La delusione dell'Italia alla conferenza di pace di Parigi, con l'insuccesso del Patto di Londra, portò a tensioni politiche e dimissioni di Orlando, sostituito da Nitti.
- Nel biennio rosso, le occupazioni di fabbriche e terre aggravarono le tensioni sociali, con Giolitti che cercò di mediare e risolvere il conflitto con il trattato di Rapallo.
Indice
Difficoltà economiche post-belliche
L’Italia uscita vittoriosa dal primo conflitto mondiale, dovette affrontare molte difficoltà economiche.
Su piano economico vi erano le difficoltà legate al:
▪ processo di riconversione bellica (passare da un’economia di guerra ad un’economia di pace fu rallentata dal basso tenore di vita degli italiani);
▪ molte fabbriche chiusero;
▪ diminuzione della produzione agricola;
▪ aumento della disoccupazione e dell’inflazione che provocò un peggioramento dei conflitti sociali.
La classe operaia rivendicava i salari e reclamava la partecipazione alla gestione delle imprese;
I contadini richiedevano la riforma agraria promessa durante la guerra; come reazione si diffusero forti tendenze autoritarie e antidemocratiche, soprattutto negli organi fondamentali dello Stato (polizia, esercito), che erano abituati ad avere un ruolo importante durante la guerra.
Novità politiche nel dopoguerra
Nel dopoguerra, il quadro politico italiano ebbe delle importanti novità.
La prima, in seguito alla revoca definitiva del non expedit, con cui Pio IX aveva vietato la partecipazione dei cattolici alla vita politica, fu la nascita del primo partito italiano cattolico, il Partito Popolare Italiano, da Don Luigi Sturzo, il cui programma si basava:
▪ sulla riforma agraria a favore dei contadini;
▪ il decentramento amministrativo (maggior autonomia locale e regionale);
▪ l’interclassismo (dottrina politica e sociale fondata sulla convivenza e collaborazione delle diverse classi sociali);
▪ il sistema proporzionale e l’allargamento del voto alle donne.
La seconda novità, fu la nascita del Partito socialista, al cui interno si scontravano la linea riformista, guidata da Turati, e quella massimalista/rivoluzionaria di Menotti Serrati, a favore di una rivoluzione bolscevica in Italia sul modello sovietico e contraria a qualsiasi forma di compromesso con la borghesia.
All’interno dello stesso partito, vi fu una terza linea, quella di un gruppo napoletano (Togliatti, Gramsci, Bordiga), favorevoli alla formazione di un partito rivoluzionario, sulla base dei consigli di fabbrica, simili ai soviet russi.
Nascita del fascismo
In questo contesto di instabilità politica nacque il Movimento dei fasci di combattimento, da parte di Benito Mussolini, il cui programma, detto di San Sepolcro, si caratterizzava per un forte nazionalismo e raccoglieva un insieme di posizioni eterogenee.
D’altra parte Mussolini considerava i fasci di combattimento più come un movimento politico capace ad adattarsi alle circostanze (duttile ed elastico), che come un partito con una precisa ideologia. Per i fascisti l’unica tattica è l’azione.
Gli aspetti fondamentali del primo fascismo furono:
▪ forte nazionalismo;
▪ esaltazione dell’azione individuale e della violenza (i fascisti saccheggiarono e incendiarono la sede dell’Avanti a Milano);
▪ ostilità nei confronti verso i socialisti e le classi agiate (antiplutocrazia; si intende un attegiamento ostile ai poteri plutocratici, basati cioè sulla ricchezza).
Problemi con il patto di Londra
Oltre alle gravi difficoltà economiche e ai forti contrasti sociali, l’Italia dovette risolvere i problemi che si erano creati con il patto di Londra (secondo il patto, firmato segretamente prima dell’entrata in guerra, il 26 aprile 1915, l’Italia avrebbe ricevuto l’Istria, la Venezia Tridentina e una parte della Dalmazia, più alcuni compensi coloniali).
Alla conferenza di pace di Parigi, l’Italia trovò molte opposizioni da parte degli alleati (Francia e Inghilterra), soprattutto da parte degli Stati Uniti di Wilson, che non gli volle riconoscere l’annessione all’Italia della Dalmazia deciso a difendere il principio di nazionalità.
Per il presidente del Consiglio Orlando e il ministro degli Esteri Sonnino, il patto di Londra andava rispettato, e quindi Istria e Dalmazia dovevano passare all’Italia, con l’aggiunta della città di Fiume.
In segno di protesta, Orlando e Sonnino, abbandonarono Parigi, ma senza risolvere nulla. Anzi tale gesto peggiorò la situazione, poiché le colonie tedesche furono spartite tra le altre potenze, eccetto l’Italia.
L’insuccesso determinò le dimissioni di Orlando, sostituito da Francesco Saverio Nitti, che si trovò ad affrontare una duplice emergenza:
▪ le agitazioni sociali;
▪ “l’impresa fiumana” di Gabriele D’Annunzio, che dopo aver più volte denunciato la “vittoria mutilata”, il 12 settembre del 1919, occupò Fiume, istituendovi un governo provvisorio (Reggenza del Quarnaro; è il golfo sul quale si affaccia fiume), proclamandone l’annessione all’Italia.
Biennio rosso e agitazioni sociali
Contemporaneamente, tra il 1919 e il 1920, a causa delle problematiche che affliggevano il Paese, si organizzarono molte manifestazioni socialiste. Il periodo fu perciò detto biennio rosso.
Nelle aree più industrializzate del Nord, gli operai intrapresero l’occupazione e l’autogestione delle fabbriche; si diffusero i consigli di fabbrica, che si rifacevano ai soviet russi.
Nel Centro-Sud invece, i contadini poveri procedevano all’occupazione delle terre incolte e dei latifondi.
In questo clima di conflittualità, si tennero le prime elezioni con sistema proporzionale (introdotto da Nitti), che videro il trionfo dei “partiti di massa”: i socialisti e i cattolici ottennero da soli la metà dei seggi in Parlamento, mentre il movimento liberale e fascista, pochissimi consensi.
Giolitti e la questione fiumana
In questa difficile condizione la guida del governo passò a Giovanni Giolitti, che costituì il suo quinto e ultimo ministero.
L’intento di Giolitti era di replicare la strategia adottata nel suo primo governo; ma il quadro politico era profondamente mutato a causa della guerra.
Tuttavia in politica estera risolse la “questione fiumana”. Con il trattato di Rapallo, furono regolate le questioni di confine con la Jugoslavia, che ebbe la Dalmazia, in cambio del riconoscimento del possesso italiano di Zara e dell’Istria. Fiume fu dichiarata città libera, dunque né soggetta all’autorità dell’Italia né a quella Jugoslavia e D’Annunzio e il suo esercito vennero allontanati dalla città (25 dicembre 1920).
In politica interna invece Giolitti cercò di porre rimedio all’occupazione delle fabbriche. Per evitare il pericolo di una guerra civile, Giolitti attuò una politica di mediazione e di neutralità, opponendosi alla richiesta degli industriali di inibire con la forza l’occupazione, firmando un accordo con i sindacati; tuttavia non cessarono le agitazioni interne.
Domande da interrogazione
- Quali furono le principali difficoltà economiche affrontate dall'Italia dopo la Prima Guerra Mondiale?
- Quali furono le novità politiche in Italia nel dopoguerra?
- Come si caratterizzava il programma del Movimento dei fasci di combattimento di Mussolini?
- Quali furono le conseguenze del patto di Londra per l'Italia?
- Come cercò di risolvere Giolitti la questione dell'occupazione delle fabbriche?
L'Italia dovette affrontare difficoltà legate alla riconversione bellica, chiusura di fabbriche, diminuzione della produzione agricola, aumento della disoccupazione e dell'inflazione, che peggiorarono i conflitti sociali.
Le novità politiche includevano la nascita del Partito Popolare Italiano, il primo partito cattolico, e il Partito Socialista, con divisioni interne tra riformisti e rivoluzionari.
Il programma si caratterizzava per un forte nazionalismo, esaltazione dell'azione individuale e della violenza, e ostilità verso socialisti e classi agiate.
L'Italia non ottenne il riconoscimento dell'annessione della Dalmazia, portando a tensioni con gli alleati e le dimissioni di Orlando, mentre le colonie tedesche furono spartite tra altre potenze.
Giolitti attuò una politica di mediazione e neutralità, firmando un accordo con i sindacati per evitare una guerra civile, ma le agitazioni interne continuarono.