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Concetti Chiave

  • L'unificazione italiana del 1861 ha evidenziato profonde differenze tra Nord e Sud, tra cui disparità economiche, analfabetismo e infrastrutture carenti, che hanno alimentato il fenomeno del brigantaggio.
  • I governi della destra e sinistra storica hanno cercato di sviluppare l'industria e migliorare le infrastrutture, ma le difficoltà economiche hanno causato emigrazione e manifestazioni popolari.
  • La seconda rivoluzione industriale ha portato innovazioni tecnologiche significative, come l'energia elettrica e il telefono, e ha favorito la crescita demografica e l'igiene pubblica.
  • Giolitti ha promosso importanti riforme sociali e lavorative, come il diritto di sciopero, miglioramento delle condizioni di lavoro e suffragio universale maschile, contribuendo alla modernizzazione dell'Italia.
  • La politica estera di Giolitti si è concentrata sull'espansione coloniale in Libia e ha cercato di mantenere buoni rapporti con le potenze europee, bilanciando la Triplice Alleanza con la Triplice Intesa.

Differenze tra Nord e Sud dell’Italia subito dopo l’unificazione (1861)

Indice

  1. L'unificazione e le sfide iniziali
  2. Differenze economiche e sociali
  3. La questione meridionale
  4. La destra storica al governo
  5. La sinistra storica e l'emigrazione
  6. Rivoluzioni industriali e cambiamenti globali
  7. Giolitti e le riforme sociali
  8. Accordi politici e il Patto Gentiloni
  9. Espansione coloniale italiana

L'unificazione e le sfide iniziali

Il Regno d’Italia nasce il 17 marzo 1861: viene così a costituirsi il nuovo Stato Italiano dopo le Guerre d’Indipendenza, tre conflitti che ebbero come risultato l’ampliamento territoriale del Regno di Sardegna, guidato dai Savoia, e la proclamazione del Regno d'Italia.

Come si presenta la situazione italiana nella seconda parte dell’Ottocento?

Differenze economiche e sociali

Dopi il 1861 il nuovo Stato Italiano dovette affrontare molti problemi per darsi una nuova organizzazione. I principali problemi erano:

1) forti differenze a livello politico, giuridico, economico e linguistico tra Nord e Sud.

2) il sud d’Italia aveva un’economia agricola molto arretrata e ancora dominata dal latifondo (= grandi estensioni di terre in mano ad un unico proprietario);

3) il Sud d’Italia aveva il 90% della popolazione analfabeta;

4) mancavano materie prime per la produzione;

5) industria, commercio e infrastrutture erano poco sviluppate e molto carenti;

6) al Nord era leggermente migliore la situazione: l’analfabetismo era minore, anche se ancora largamente diffuso; l’industria più sviluppata; le condizioni di vita della popolazione più accettabili anche se non ancora paragonabili ai giorni nostri.

La questione meridionale

Queste profonde differenze tra Nord e Sud delinearono la difficile “questione meridionale”, cioè l’insieme dei problemi sociali, culturali ed economici dell'Italia unita. I problemi riguardavano le condizioni di arretratezza e le differenze economiche e sociali della popolazione che viveva nelle province meridionali annesse al Piemonte nel 1860-1861.

In questi territori del sud la popolazione non era organizzata bene, parlava un dialetto diversissimo ed incomprensibile al nord d’Italia e spesso si opponeva al controllo governativo dei Savoia. Ci furono molti atti di ribellione che alimentarono un fenomeno definito “brigantaggio”, che i Savoia tentarono di reprimere con le armi, ma che però scatenarono nella gente sentimenti ancora più vivi di ribellione e di rivolta.

1.

La destra storica al governo

La destra storica al governo (dal 1861 al 1876), che era fedele ai principi delle idee moderate liberali. Era costituita da liberali e monarchici; si interessò di migliorare l’industria e le infrastrutture (= strade, ferrovie, ponti…), utilizzando capitali esteri nella gestione delle imprese pubbliche italiane. La destra non riuscì, però, a realizzare i suoi programmi ed alimentò invece sfiducia tra la popolazione e pertanto fu sostituita nel 1876 dalla sinistra storica.

2.

La sinistra storica e l'emigrazione

La sinistra storica al governo (1876-1896). Si adoperò soprattutto per attuare lo sviluppo delle industrie soprattutto al nord d’Italia, che tuttavia non portò a buoni risultati. Infatti, negli ultimi decenni dell’Ottocento aumentarono le difficoltà economiche della popolazione ed iniziò il fenomeno dell’emigrazione, in particolare verso l’America, oltre che numeroso manifestazioni contro il governo.

Rivoluzioni industriali e cambiamenti globali

La prima rivoluzione industriale si era diffusa soprattutto in Inghilterra tra la fine del 1600 e gli inizi del 1800. Nacquero le prime fabbriche; si sviluppò l’industria tessile, mineraria e metallurgica con l’impiego del vapore; fu inventata infatti la prima macchina a vapore ad opera di James Watt. Furono quelli gli anni della nascita del primo sistema capitalistico, che portò ad una radicale trasformazione della società, cioè l’introduzione di capitali in campo industriale, lo sviluppo delle banche e di una nuova classe di imprenditori e di industriali.

La seconda rivoluzione industriale si sviluppa dal 1870 in poi. Si diffonde in tutta Europa e in tutto il mondo attraverso la tecnologia e la ricerca scientifica. Numerose sono le innovazioni:

1. sviluppo del settore chimico e benefici all’agricoltura, all’industria tessile, farmaceutica ed alimentare; diffusione dell’energia elettrica e dei telegrafi (servivano per spedire i telegrammi, come oggi le nostre mail);

2. invenzione del telefono (ad opera dell’italiano Meucci);

3. progressi nella medicina (es. i vaccini);

4. miglioramento dell’igiene pubblica;

5. crescita demografica.

- Giappone: isolato dal resto del mondo; organizzato in modo feudale come nel medioevo, avvia una politica di conquiste contro la Cina, che viene sconfitta.

- Russia: governata dagli zar; caratterizzata da una forte arretratezza economica; lo zar Alessandro II cerca di modernizzare il Paese con abolizione della servitù della gleba e con riforme; lo zar Nicola II tenta di espandersi verso l’estremo oriente, scontrandosi col Giappone. Nel 1905 si ridimensiona il regime dello zar, che determinò la nascita di governi rivoluzionari, chiamati soviet (= consigli) formati da operai, contadini e borghesi intellettuali. Lo zar fu costretto a formare un parlamento, chiamato Duma e a concedere la costituzione che prevedeva una certa libertà. Era così iniziata per la Russia l’epoca delle riforme che portò alla cosiddetta Rivoluzione d’Ottobre del 1917.

- Stati Uniti: in questo periodo sono meta di una massiccia immigrazione proveniente dai Paesi più poveri d’Europa, Italia compresa. Al nord continuava il cosiddetto trust, cioè la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi gruppi di capitalisti. Continuava, invece, nel sud il problema della schiavitù.

- America meridionale: gli Stati Uniti diffusero in questo periodo la loro espansione verso il centro e il sud America (Panama, Messico, Cuba, Portorico…), verso le Filippine. Così, gli stati Uniti diventarono una potenza economica a livello mondiale.

All’inizio del XX secolo l’Italia è caratterizzata da una stabilità di governo. Il personaggio politico più importante per il primo quindicennio del ‘900 è Giovanni Giolitti, piemontese, padre fondatore dell’Italia unita e moderna ed abile uomo politico.

Negli anni del suo governo si afferma in Italia, come in Europa, una crescita industriale concentrata soprattutto nel triangolo Milano-Torino-Genova. La nuova forza dell’Italia si fonda su una politica estera più intraprendente. La società si modernizza, anche se aumentano le differenze tra nord e sud e gli squilibri tra un nord più industrializzato ed un sud contadino più arretrato.

Umberto I, re d’Italia, a causa di una politica reazionaria e per le sue idee contrarie alla classe operaia, fu vittima di un attentato nel 1900; dopo di lui diventa re il figlio Vittorio Emanuele III (dal 1861 al 1946 i re d’Italia furono: Vittorio Emanuele II, Umberto I, Vittorio Emanuele III, Umberto II), uno dei re più longevi della storia (rimase sul trono fino al 1946). Morirà in Egitto al Cairo nel 1947 e soltanto due anni fa le sue spoglie furono portate nel santuario di Vicoforte (vicino a Mondovì) per volere dei suoi familiari.

Giolitti e le riforme sociali

Giovanni Giolitti divenne capo del governo nel 1903 dopo Zanardelli, ritiratosi per malattia. Giolitti mantenne il potere, a parte qualche breve interruzione, per quasi un decennio, che si ricorda oggi come “Età giolittiana”.

Tra i provvedimenti più importanti di Giolitti ci fu la questione dello sciopero; infatti, il suo predecessore Zanardelli nel 1899 aveva istituito il “codice Zanardelli”, nel quale ammetteva il diritto di sciopero e lo garantiva, ma con notevoli restrizioni. Infatti, lo Stato e la polizia potevano intervenire per bloccare qualsiasi forma sovversiva o di tafferugli, bloccando ogni genere di manifestazione.

Giolitti assunse un comportamento completamente diverso sul diritto allo sciopero: considerò gli scioperi come esperienza utile per l’Italia in una fase di cambiamenti sociali; lo Stato doveva mantenere l’ordine pubblico, ma non poteva intervenire con repressioni violente e doveva assicurare che i contrasti tra lavoratori e datori di lavoro si risolvessero con trattative e non con la violenza. In questo modo, Giolitti pensava che le condizioni di vita potessero migliorare soltanto se l’Italia si fosse trovata in una situazione economica più ricca e meno disagiata. Pertanto, le sue principali riforme furono:

1. approvare il diritto di sciopero quando e dove necessario;

2. migliorare le condizioni di vita dei lavoratori per un deciso progresso in tutto il Paese;

3. riorganizzazione del lavoro con leggi a favore dei lavoratori più anziani e invalidi;

4. condizioni migliori di lavoro per le donne e le fasce deboli;

5. obbligo di istruzione elementare fino al dodicesimo anno d’età. In Italia, infatti, era presente un grave problema sociale: l’analfabetismo, soprattutto al sud, che coinvolgeva l’80% della popolazione. Purtroppo, l’obbligo scolastico non fu sempre rispettato, perché mancavano i controlli, soprattutto nelle campagne e nei luoghi lontani delle scuole in cui i bambini venivano mandati a lavorare per guadagnare e la cultura interessava soltanto a pochi;

6. diritto al riposo settimanale;

7. indennità parlamentare anche ai lavoratori che volessero candidarsi alle elezioni per offrire loro la possibilità di presentarsi alle elezioni senza dipendere da altri. Fino a quel momento, infatti, solo i ricchi potevano candidarsi. L’indennità era un compenso in denaro che lo Stato garantiva ai deputati per le spese che essi dovevano sostenere per svolgere il proprio compito in parlamento. E ancora oggi è così;

8. migliori retribuzioni e salari;

9. nel campo della sanità pubblica, distribuzione gratuita del chinino contro la malaria. Questa iniziativa ridusse la malattia dal 31% al 2% in pochi anni;

10. ampliamento del diritto di voto. Nel 1913 fu varata la legge sul suffragio universale: potevano votare solo i cittadini di sesso maschile di oltre 30 anni se erano analfabeti e se non avevano fatto il servizio militare. Altrimenti già a 21 anni era prevista l’età minima per votare.

Grazie a questi provvedimenti e riforme ci fu un incremento demografico e migliorarono le condizioni di vita della popolazione che passò da 26 milioni del 1870 ai 36 milioni del 1913.

Giolitti:

1. tentò di risanare l’economia italiana, incrementando il valore della moneta italiana, che allora era la lira ed agevolando il risparmio ed i depositi presso le banche, le quali, a loro volta, poterono così finanziare le varie imprese;

2. favorì l’industria meccanica ed automobilistica con la FIAT, fondata nel 1899 da Giovanni Agnelli, che incrementò la produzione dalle 6 vetture del 1900 alle 1.380 di pochi anni dopo;

3. favorì anche l’industria della gomma sorta a Milano per iniziativa dell’industriale Pirelli.

4. mantenne il bilancio dello Stato in pareggio, cioè le entrate e le uscite in pari. Questa regola fa si che lo Stato, attraverso le tasse dei cittadini e delle imprese, possa spendere quanto necessario per i servizi pubblici. Se, però, uno Stato non è in grado di amministrare così, si crea deficit; se lo Stato spende di più di quanto entra nelle sue casse, va in passivo. Questo passivo costa, perché lo Stato deve farsi un prestito che finirà per gravare ancora di più sul debito pubblico. Oggi il debito pubblico dello Stato è altissimo, per cui, persino i bambini appena nati, hanno sulle spalle una parte di questo debito davvero considerevole.

In questo periodo il bilancio dello Stato fu tenuto in pareggio ed anche un po’ in attivo grazie ad una scrupolosa ed onesta amministrazione del denaro pubblico, nonostante che persino la natura si fosse quasi accanita contro l’Italia. Infatti, ci furono due grandi catastrofi naturali: eruzione del Vesuvio nel 1906 e il terremoto di Messina nel 1908.

Queste due tragedie provocarono una completa distruzione di paesi e di città (esempio Messina) con un altissimo numero di sfollati e la necessità di impiegare molto denaro per la ricostruzione.

Nonostante i grandi sforzi ed i numerosi risultati positivi raggiunti dalla politica economica e sociale di Giolitti, molti problemi rimasero ancora da risolvere. Tra i principali: l’analfabetismo soprattutto al sud; la tubercolosi con più di 75.000 vittime all’anno; povertà e disoccupazione. L’Italia rimaneva ancora un Paese sottosviluppato e classificato tra i più arretrati d’Europa. Questo fatto, favorì una emigrazione di massa soprattutto verso i Paesi extraeuropei, in particolare verso gli Stati Uniti.

Accordi politici e il Patto Gentiloni

Giolitti si accordò con i nuovi partiti politici che erano nati in quegli anni:

1. Partito socialista o partito dei lavoratori, fondato a Genova nel 1892, da Filippo Turati. Non era un partito religioso, ma laico in un’Italia in cui la maggioranza della popolazione era cattolica. Il partito socialista non era ben visto, per questo motivo, dalla Chiesa, la quale ad un certo punto si accorse, però, che i principi diffusi da questo partito erano molto simili a quelli della Chiesa Cattolica stessa, così come erano stati descritti nell’enciclica Rerum Novarum del papa Leone XIII. In questo documento papale, infatti, si incoraggia una politica di aiuto ai deboli e alle fasce più disagiate della società;

2. Partito Popolare, fondato da un sacerdote siciliano don Luigi Sturzo. Si tratta di un partito laico, cristiano, democratico e popolare che diventerà, poi, la Democrazia Cristiana, la quale governerà l’Italia per anni, con fasi alterne, fino alla cosiddetta Tangentopoli (1994).

Come già detto nel precedente riassunto (file n. 5), in Italia si formano due importanti partiti politici: il Partito Socialista (con a capo Filippo Turati) e il Partito Popolare (fondato da don Luigi Sturzo).

Nasce anche il Movimento di un sacerdote di nome Romolo Murri, che prenderà poi il nome di Democrazia Cristiana Italiana, che riprendeva le idee socialiste ma si fondava sulla dottrina sociale della Chiesa (aiuto ai deboli, attenzione ai problemi sociali e alle classi sociali più svantaggiate).

In questo periodo a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento Giolitti stipulò un accordo segreto molto importante con il conte cattolico Gentiloni (Patto Gentiloni).

Questo accordo è molto importante, perché segnò proprio il ritorno dei cattolici nella vita politica italiana dopo il 1870 (sconfitta del papato con l’invasione di Roma da parte delle truppe dei Savoia, la cosiddetta “breccia di porta Pia”), quando il papa Pio IX emanò un documento chiamato “Non expedit” (= non conviene), parole con le quali inizia proprio il documento. Il papa con questo documento aveva inteso dire che ai cattolici non conveniva partecipare alla politica del nuovo Stato italiano e non tollerava ingerenze dello Stato italiano stesso nella Città del Vaticano e negli affari della Chiesa.

Con il Patto Gentiloni lo Stato italiano supera queste proibizioni del papa ed in cambio prende l’impegno di:

1. abbandonare le politiche ostili verso la chiesa (= anticlericalismo);

2. abbandonare ogni progetto di legge sul divorzio,

3. difendere le scuole cattoliche,

4. difendere l’insegnamento della religione nella scuola pubblica.

Tuttavia, il Patto Gentiloni non dette tutti i risultati che Giolitti sperava. Giolitti stesso fu giudicato un uomo politico a volte un po’ cinico e spregiudicato, non sempre onesto. Ma egli ebbe dei meriti a favore della legislazione sociale e sul lavoro (diritto di sciopero, scuola obbligatoria, suffragio universale maschile). Inoltre, per circa un decennio (1900-1910) ci fu una notevole stabilità di governo che favorì la modernizzazione dell’Italia.

Espansione coloniale italiana

L’Italia, già dal 1882 apparteneva alla Triplice Alleanza insieme a Germania ed Austria. Giolitti tentò, però, di stabilire buoni rapporti anche con la Francia e l’Inghilterra (che appartenevano alla Triplice Intesa - 1907), facendo considerare la Triplice Alleanza un patto puramente difensivo.

L’Italia non aveva partecipato, come le altre potenze europee, all’espansione coloniale e quindi Giolitti tentò di aumentare il prestigio italiano occupando (1911) in Libia la Tripolitania e la Cirenaica, territori che avevano sempre riscosso scarso interesse da parte delle potenze europee ed erano difese malamente dall’Impero Turco-Ottomano.

Questa occupazione fu uno scambio con la Francia: l’accordo era che l’Italia occupasse la Libia (un territorio vicino all’Italia che poteva ospitare le famiglie del sud per migliorare la loro vita e per favorire là l’emigrazione) e la Francia potesse espandersi in Marocco (un territorio in cui già si parlava il francese). Questo accordo fu firmato anche da Inghilterra e Russia già unite fin dal 1907 nella Triplice Intesa con la Francia.

Iniziò così la conquista della Libia da parte dell’Italia dopo una lunga trattativa diplomatica ed una altrettanto lunga preparazione militare. La Francia conquistò il Marocco.

Nel settembre del 1911 l’Italia, approfittando di alcuni scontri nella città di Tripoli in Libia contro alcuni cittadini italiani, dichiarò guerra all’Impero Turco-Ottomano nel cui territorio si trovava la Libia. Fu una conquista molto difficile non solo per le difficoltà del territorio, ma anche per la resistenza della popolazione locale. Infatti, i libici accolsero gli italiani non come liberatori ma come invasori.

Per costringere la Turchia alla pace, l’Italia nel 1912 decise di attaccare l’isola di Rodi e altri undici isole del mare Egeo (in tutto 12 isole, in greco Dodecaneso). Cinque navi italiane penetravano nello stretto dei Dardanelli ed occupavano Costantinopoli, capitale dell’Impero Turco. Il sultano chiese allora l’armistizio e firmò la pace di Losanna. La Turchia riconobbe così l’Italia.

Con la pace di Losanna si stabiliva che:

1. la Turchia cedeva all’Italia la Tripolitania e la Cirenaica e si impegnava a far cessare la guerra;

2. l’Italia conservava il Dodecaneso e Rodi.

Domande da interrogazione

  1. Quali furono le principali differenze tra il Nord e il Sud dell'Italia dopo l'unificazione del 1861?
  2. Dopo l'unificazione, l'Italia affrontò forti differenze politiche, giuridiche, economiche e linguistiche tra Nord e Sud. Il Sud aveva un'economia agricola arretrata, un alto tasso di analfabetismo e carenze industriali, mentre il Nord era leggermente più sviluppato.

  3. Quali furono i principali obiettivi della politica interna di Giolitti?
  4. Giolitti si concentrò sul miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, approvando il diritto di sciopero, migliorando le condizioni lavorative, promuovendo l'istruzione obbligatoria e ampliando il diritto di voto.

  5. Come influenzò la politica estera di Giolitti la guerra di Libia?
  6. Giolitti cercò di aumentare il prestigio italiano occupando la Libia, stabilendo accordi con Francia e Inghilterra, e dichiarando guerra all'Impero Turco-Ottomano per ottenere la Tripolitania e la Cirenaica.

  7. Quali furono le principali innovazioni della seconda rivoluzione industriale?
  8. La seconda rivoluzione industriale portò allo sviluppo del settore chimico, all'uso dell'energia elettrica, all'invenzione del telefono, ai progressi nella medicina e a un miglioramento dell'igiene pubblica.

  9. In che modo il Patto Gentiloni influenzò la politica italiana?
  10. Il Patto Gentiloni segnò il ritorno dei cattolici nella politica italiana, con l'impegno dello Stato di abbandonare politiche anticlericali e difendere le scuole cattoliche, influenzando la stabilità politica e la modernizzazione dell'Italia.

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