Concetti Chiave
- Piero della Francesca è una figura chiave del Rinascimento, noto per il suo uso della prospettiva e della luce, influenzato da artisti come Domenico Veneziano e Paolo Uccello.
- Il "Battesimo di Cristo" è un esempio di rigore geometrico e realismo spaziale, con un uso magistrale della luce per nobilitare le figure e creare un'atmosfera solenne.
- Le "Storie della vera croce" ad Arezzo rappresentano un capolavoro di composizione e narrazione storica, con riferimenti a eventi religiosi e politici del Quattrocento.
- Il "Dittico dei Duchi di Urbino" mostra l'influenza della pittura fiamminga, con un eccezionale realismo nei ritratti e una complessa resa luministica.
- La "Pala di Brera" combina simbolismo religioso con una struttura compositiva geometrica, utilizzando la luce e la prospettiva per integrare personaggi e architettura.
Indice
L'influenza di Piero della Francesca
Figura fondamentale dell’ambiente culturale e artistico di Urbino fu Piero della Francesca. Nacque a Borgo San Sepolcro e, dopo un breve apprendistato locale, si formò a Firenze. Nella città medicea fu collaboratore di Domenico Veneziano, dal quale assimilò l’uso di una luce piena e limpida, mentre da Paolo Uccello apprese la passione per la prospettiva.
Le novità di Masaccio furono da lui interpretate in modo personale: Piero mantenne la plasticità dei volumi, ma abbandonò il pathos e la drammaticità che caratterizzavano le opere del pittore. Il risultato è una pittura intellettuale, nella quale nessun elemento è lasciato al caso e i personaggi, composti e solitari, invitano alla meditazione silenziosa. L’atmosfera dei dipinti è solenne e umana al tempo stesso, realistica nella rappresentazione dello spazio e della luce. I personaggi, immobili e solidi, sembrano esempi di un’umanità superiore, severa, lontana dalle angosce della quotidianità.Il battesimo di Cristo
Nel 1440, a Borgo San Sepolcro, Piero realizzò la sua prima opera, il Battesimo di Cristo. È uno dei dipinti più celebri del Rinascimento, costruito in modo rigorosamente geometrico: sulla bisettrice verticale della tavola sono posti Gesù, la mano di San Giovanni che lo battezza e la colomba dello Spirito Santo, dipinta in scorcio. Il realismo spaziale è reso anche grazie al corso del fiume e alla posizione delle gambe dei personaggi. Ogni parte del dipinto è perfettamente bilanciata e in relazione con le altre. Protagonista dell’opera è la luce, chiarissima e soprannaturale, che nobilita il corpo di Cristo ma anche quello del battezzando sulla destra, perdendosi poi in un cielo terso. Ai lati di Cristo, l’albero e la figura di San Giovanni isolano il protagonista contribuendo a renderne la presenza ancora più incisiva. Tutte le figure sono solenni, caratterizzate da volti inespressivi. Unico gesto naturalistico e spontaneo è quello del battezzando che si spoglia. Complesse allegorie sono legate ai personaggi: i tre angeli che si tengono per mano sulla sinistra rappresentano la Trinità e la concordia, virtù invocata per la riunificazione delle chiese d’Occidente e d’Oriente in occasione del concilio di Firenze.
Viaggi e incontri influenti
Negli anni successivi Piero della Francesca viaggiò tra Ancona, Pesaro, Bologna e Ferrara. A Rimini ebbe modo di incontrare Leon Battista Alberti, che gli trasmise un sobrio classicismo e spunti per lo sviluppo dei suoi ideali di pura geometria. Tra il 1452 e il 1466, l’artista affrescò le pareti del coro della Chiesa di San Francesco ad Arezzo con le Storie della vera croce, l’opera che riassume tutti gli aspetti della sua pittura.
Il programma iconografico – Le Storie della vera croce costituiscono un vasto ciclo dedicato alle vicende che hanno come protagonista la croce di Cristo, dal momento in cui l’albero che ne fornì il legno venne piantato sulla tomba di Adamo fino a quando, la croce fu riportata a Gerusalemme in epoca bizantina. Per Piero il ciclo rappresenta un lungo viaggio nelle pieghe della storia dell’uomo, realizzato in dodici quadri.: le vicende del legno rivelano la vicinanza di Cristo all’umanità.
UN’enciclopedia stilistica – Le Storie della vera croce costituiscono uno dei massimi capolavori della pittura italiana. Ricordano Masaccio i corpi umani, solidi e dalle linee essenziali. Più caratterizzati appaiono i volti maschili, mentre quelli femminili hanno espressioni austere e forme geometriche. Le ricerche luministiche del pittore sono evidenti nella luce diffusa, nell’abilità a dosare il bianco, nella resa delle stoffe.
I capolavori del ciclo – Tra le scene più importanti abbiamo l’Adorazione del sacro legno e l’Incontro di Salomone con la regina di Saba. A sinistra la regina è ritratta inginocchiata in preghiera, attorniata dalle sue ancelle, mentre a destra è ricevuta dal re nella sala marmorea di un palazzo alla presenza di numerosi invitati. La prospettiva è rigorosa e le figure sono disposte secondo un preciso schema circolare intorno ai due protagonisti.
Il riquadro più celebre è forse il Sogno di Costantino. La notte prima dello scontro con Massenzio, l’imperatore cristiano Costantino, atterrito dalla forza dell’esercito avversario, fu svegliato da un angelo e vide in cielo una luce luminosa: forte di questo presagio, vinse la battaglia. La scena rappresenta il primo notturno realistico dell’arte italiana. Costantino dorme nella sua tenda, aperta per mostrarne la figura, mentre l’angelo si materializza in alto a sinistra.
Le allusioni storiche – Il ciclo di affreschi rimanda a temi molto sentiti alla metà del Quattrocento. L’Incontro di Salomone con la regina di Saba allude alla riunificazione delle chiese d’Occidente e d’Oriente, sostenuta dall’ordine francescano.
Altro tema importante è quello della lotta contro i turchi. Alla crociata allude per l’appunto il Sogno di Costantino.
La flagellazione e le sue ipotesi
La piccola tavola della Flagellazione si deve datare al 1460 circa. Il primo piano è occupato da tre misteriose figure che conversano tra loro, mentre sullo sfondo, a sinistra, Cristo viene flagellato di fronte a Pilato. Lo studiatissimo scorcio prospettico permette ai personaggi di muoversi in un ambiente illusionistico e profondo, suggerendo diversi piani spaziali. La luce valorizza le geometrie ed è diffusa: proviene da destra nella scena della flagellazione; i tre personaggi in primo piano sono illuminati da una luce assoluta; una terza fonte di luce rischiara la scala al di là della porta di fianco a Pilato.
Vi sono varie ipotesi riguardo l’identità dei personaggi in primo piano. Secondo quella più attendibile l’uomo con la barba sarebbe il cardinale Bessarione, amico di Federico da Montefeltro, il ragazzo il suo allievo Buonconte e figlio del duca, l’uomo sulla destra Giovanni Bacci, il committente delle Storie di Arezzo. Pilato assomiglia all’imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo, che si dimostrò incapace di respingere l’espansione ottomana: il martirio di Cristo simboleggerebbe quindi ciò che la chiesa pativa in quel periodo nell’Oriente bizantino.
Ritratti e influenze fiamminghe
Nel Dittico con i ritratti di Federico da Montefeltro e di sua moglie Battista Sforza si fa più evidente l’influsso della pittura fiamminga, approfondita a contatto con la collezione privata di Federico e attraverso il confronto con gli artisti stranieri chiamati ad Urbino. Sebbene i due personaggi siano ripresi di profilo, secondo un modulo ricorrente anche nelle medaglie, il pittore ha comunque creato due ritratti di eccezionale realismo, specialmente nel caso di Federico (deformazione del naso a causa di una ferita riportata durante un torneo che aveva sfigurato anche la parte destra del volto).
Anche la complessità della resa luministica si ispira alla tradizione fiamminga: la tramatura di ombre, la luce piena proveniente da destra e lo stagliarsi del profilo in controluce sullo sfondo luminoso danno risalto al volto di Federico e ai ricami del vestito e i gioielli di Battista.
Entrambi i duchi si stagliano sul luminoso paesaggio che riprende i territori dell’aera romagnola e marchigiana in cui essi regnavano.
La pala di Brera e la sacra conversazione
Il dipinto più celebre realizzato da Piero a Urbino è la Pala di Brera, commissionata da Federico Montefeltro in segno di ringraziamento per la nascita dell’erede Guidubaldo.
Al centro di un gruppo di santi e angeli immobili e in meditazione si trova la Madonna con il Bambino dormiente, la cui posa ricorda quella di Gesù morto sorretto dalla madre, così come il corallo rievoca il sangue versato della croce. Il trono poggia su una predella ricoperta da un tappeto che si ispira alla pittura fiamminga. La Madonna e il Bambino richiamano per simboli anche la maternità della duchessa e la nascita dell’erede, mentre Federico ritratto di profilo è inginocchiato in segno di sottomissione all’onnipotenza di Dio.
Sopra la testa della Vergine pende da una conchiglia in marmo un uovo di struzzo che, oltre a essere uno degli emblemi dei Montefeltro, è anche simbolo di fecondità e allude alla nascita di Cristo.
In quest’opera si realizza una fusione tra architettura e personaggi, per quanto riguarda la prospettiva e la luce. La luminosa struttura dipinta alle spalle delle figure è concepita come una continuazione ideale di quella reale dell’edificio sacro.
Dopo questo dipinto, la Sacra conversazione ambientata all’interno di una chiesa diventerà una delle immagini più utilizzate nella pittura italiana.
La struttura compositiva testimonia la passione di Piero per la geometria: l’uovo è il centro esatto del cerchio ideale determinato dall’arco dell’abside, ma è anche il vertice del triangolo che contiene la Madonna e il Bambino.
La luce limpida, proveniente da sinistra, si riflette in un delicato controluce nell’abside e colpisce il metallo della corazza di Federico, creando riflessi di finestre invisibili. Questi ultimi sono memorie della pittura fiamminga, come la croce in vetro tenuta in mano da San Francesco e i gioielli degli angeli.
Domande da interrogazione
- Quali sono le caratteristiche distintive della pittura di Piero della Francesca?
- Cosa rappresenta il dipinto "Battesimo di Cristo" di Piero della Francesca?
- Qual è il significato del ciclo di affreschi "Le Storie della vera croce"?
- Come si manifesta l'influsso fiammingo nel "Dittico dei Duchi di Urbino"?
- Qual è il simbolismo presente nella "Pala di Brera"?
La pittura di Piero della Francesca è caratterizzata da un'intellettualità rigorosa, con un uso attento della luce e della prospettiva, e personaggi che invitano alla meditazione silenziosa, risultando solenni e umani.
Il "Battesimo di Cristo" è un'opera costruita geometricamente, con un realismo spaziale e una luce soprannaturale che nobilita i personaggi, rappresentando allegorie complesse come la Trinità e la concordia.
"Le Storie della vera croce" rappresentano un viaggio storico e stilistico, con riferimenti alla vicinanza di Cristo all'umanità e alludono a temi contemporanei come la riunificazione delle chiese e la lotta contro i turchi.
L'influsso fiammingo nel "Dittico dei Duchi di Urbino" si manifesta attraverso il realismo dei ritratti, la complessità luministica e l'uso di ombre e controluce che esaltano i dettagli dei volti e degli abiti.
Nella "Pala di Brera", il simbolismo è evidente nella rappresentazione della Madonna e del Bambino, l'uovo di struzzo come simbolo di fecondità, e la fusione tra architettura e personaggi, riflettendo la passione di Piero per la geometria e la luce.