Concetti Chiave
- Botticelli dipinse "La Primavera" intorno al 1477, un'opera che riflette l'atmosfera delle Stanze del Poliziano e le influenze della filosofia platonica.
- Il dipinto viene considerato un'allegoria dell'Amore, rappresentando la trasformazione dall'amore sensuale a quello spirituale e divino.
- La scena è ambientata in un boschetto di aranci, con diverse figure mitologiche, tra cui Zefiro, Clori, Flora, Venere, le tre Grazie e Mercurio.
- Venere, al centro del dipinto, simboleggia l'amore spirituale e domina la composizione, mentre Cupido vola sopra di lei.
- Nonostante l'apparente festività, l'opera trasmette anche una sottile malinconia legata alla fragilità della bellezza e all'incertezza del futuro.
Indice
L'origine e la datazione dell'opera
Probabilmente, Botticelli dipinse l’opera nel 1477: l’atmosfera gioiosa rimanda alle Stanze del Poliziano (Poliziano scrive nelle Stanze per la giostra “….tutto lascivo dietro a Flora/Zefiro vola e la verde erba infiora”) e questo lascia supporre che sia stata realizzata comunque prima del 1478, anno in cui Giuliano de’ Medici fu assassinato nella congiura de’ Pazzi. Qualche critico suppone, invece, che sia stata dipinta in occasione del matrimonio del committente, Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, avvenute nel 1482. L’opera recupera la filosofia platonica e la rilettura in chiave simbolica dei miti antichi che fin dai tempi di Cosimo il Vecchio costituivano il maggiore interesse culturale della famiglia medicea. Attualmente, il dipinto, le cui dimensioni sono m 2,03x3,14, è conservato nel museo degli Uffizi, a Firenze.
Interpretazioni e simbolismo
Giorgio Vasari, attribuì al dipinto il titolo Venere che le Grazie fioriscono, dinotando Primavera e nel corso del tempo, si è prestato a diverse interpretazioni. Quella più sicura vi vede un’allegoria dell’Amore, inteso in senso platonico come forza motrice che, dopo un primo grado di infatuazione sensuale se non erotica, giunge alla sublimazione, trasformandosi in amore spirituale e quindi tendente al divino. Infatti, nella parte destra, si può individuare l’episodio del rapporto di Zefiro e Clori, che ha l’aspetto di violenza impetuosa, intesa come la rappresentazione del grado più basso di Eros, quello dell’amore dei sensi. Questo tipo di amore è comunque fecondo perché genera Flora, o Primavera, che distribuisce i fiori. Essa viene intesa come il potere rigenerativo universale. A questo succede Venere, la dea dell’amore: essendo castamente vestita, essa è il simbolo dell’Amore spirituale che avvia l’uomo verso la contemplazione del bello. Spostandoci verso sinistra, si individuano le tre Grazie che, probabilmente, rappresentano lo stadio della perfezione. La scena è chiusa da Mercurio che, con un gesto, allontana le nubi ed apre così la veduta su di un cielo sempre sereno a cui aspira l’anima, un volta che si è liberata dalle passioni terrene.
Descrizione del dipinto
In un boschetto di aranci, che potrebbe essere identificato con il giardino delle Esperidi, fanciulle della mitologia classica dalla voce melodiosa, compaiono alcune figure, su di un tappeto erboso ricoperto di fiori; se ne contano parecchie centinaia e si riconoscono facilmente la rosa, il ranuncolo, l’erba viperina, la nigella e l’elleboro, ecc., tutti riscontrabili nella campagna che circonda Firenze. Sulla destra, vediamo Zeffiro o Borea, ossia il vento fecondatore che soffia in primavera che, per amore, rapisce una ninfa – Clori – e con il suo soffio vivificatore la mette incinta. La ragazza ricompare nelle vesti della figura successiva, come una donna dallo splendido abito fiorito, coronata e inghirlandata di fiori, che sparge a terra i fiori che tiene in grembo. Si tratta di Flora, la dea dei fiori: d’altra parte, la trasformazione di Clori in Flora era già preannunciata dal rametto di verde che incominciava ad uscire dalla bocca di Clori, mentre stava ancora cercando di resistere all’aggressione amorosa di Zeffiro.
La figura centrale e il contesto
Al centro, campeggia una figura femminile, in atto quasi benedicente, come una sorta di Madonna laica: si tratta di Venere, vestita di abiti sontuosi e quindi da collocare idealmente in rapporto in contrasto con la Venete dell’altro dipinto del Botticelli che nasce nuda dalle acque. Venere si trova in una posizione arretrata rispetto alle altre figure; nonostante ciò essa appare più alta e quindi col significato di dominatrice. L’aranceto che fa da sfondo, si incurva fino a formare in modo irrealistico una nicchia, pronta ad accogliere e ad esaltare la dea dell’amore. Sopra Venere, vola il suo figlioletto Cupido, rappresentato bendato secondo la tradizione, mentre sta per scoccare le sue frecce. Nella tradizione culturale e artistica, la primavera è da sempre identificata come la stagione degli amore. Scorrendo verso sinistra del dipinto, incontriamo le tre Grazie, che danzano fra di loro, avvolte in leggerissimi veli trasparenti che ondeggiano appena al leggero soffio del vento primaverile. L’ultima figura è quella di Mercurio, riconoscibile agilmente dai calzari alati, che col caduceo (la sua verga magica), simbolo di prosperità e di pace, scaccia le nubi per preservare alla prima vera un tempo perennemente sereno.
Critica e interpretazioni emotive
Al di là dell’aspetto festoso, per alcuni critici, l’opera è pervasa da un sottile velo di malinconia legato alla consapevolezza della fragilità della bellezza e dell’incertezza del domani, un sentimento che si ritrova anche nell’apparente poesia gioiosa di Lorenzo il Magnifico.
Domande da interrogazione
- Qual è l'anno probabile in cui Botticelli dipinse "La Primavera"?
- Qual è il significato allegorico principale dell'opera?
- Quali figure mitologiche sono rappresentate nel dipinto?
- Dove è attualmente conservato il dipinto "La Primavera"?
- Quale sentimento sottile è percepito da alcuni critici nell'opera?
Probabilmente, Botticelli dipinse l’opera nel 1477, prima del 1478, anno dell'assassinio di Giuliano de’ Medici.
L'opera è un’allegoria dell’Amore platonico, che evolve dall'infatuazione sensuale all'amore spirituale e divino.
Nel dipinto compaiono figure come Zefiro, Clori, Flora, Venere, Cupido, le tre Grazie e Mercurio.
Il dipinto è conservato nel museo degli Uffizi, a Firenze.
Alcuni critici percepiscono un sottile velo di malinconia legato alla fragilità della bellezza e all'incertezza del domani.