Concetti Chiave
- Manet frequentava assiduamente musei come il Louvre e ammirava i grandi pittori del '600, tra cui Rembrandt e Velazquez.
- Le sue opere, considerate provocatorie, venivano spesso rifiutate dalle mostre accademiche ufficiali.
- Olympia, esposta al Salon de Refuses, fu ridicolizzata per il suo approccio provocatorio e reinterpretativo della Venere di Urbino di Tiziano.
- L'opera rappresenta una donna nuda con un atteggiamento sfacciato, che scandalizzò i critici, ispirata da un racconto di Zola.
- La composizione e l'uso del colore di Manet furono criticati per il forte contrasto chiaroscurale, che appiattisce le figure ma conferisce spazialità.
Indice
Manet e il contesto artistico
Manet amava frequentare i musei, in particolare il Louvre, e nutriva grande ammirazione per i grandi pittori del Seicento, tra cui Rembrandt, Velázquez e i realisti.Il suo stile suscitava forti reazioni negative da parte dei critici accademici ufficiali. Tentò più volte di esporre le sue opere alle mostre annuali dell'accademia, ma venivano sistematicamente rifiutate.
Olympia: opera rivoluzionaria
L’Olympia fu una di queste opere rifiutate, ma trovò spazio al Salon des Refusés, riservato ai lavori non accettati dalla giuria accademica. L'opera fu derisa e giudicata provocatoria, al pari del Déjeuner sur l’herbe.Olympia è una reinterpretazione di un celebre capolavoro dell’arte rinascimentale: la Venere di Urbino di Tiziano. Qui è rappresentata una donna nuda sdraiata su un lettino, mentre una domestica di colore le porge un mazzo di fiori.
Un nudo fuori dagli schemi
Lo sguardo diretto allo spettatore e attributi come il vistoso fiore tra i capelli o gli zoccoli ai piedi, impediscono di identificarla come una Venere classica.L’atteggiamento della figura fu considerato sfacciato e volgare, suscitando indignazione. Manet si ispirò a un racconto di Zola su una prostituta di nome Olympia.
Tecnica pittorica e composizione
Anche sul piano tecnico l’opera venne aspramente criticata: i critici non apprezzarono il forte contrasto chiaroscurale, giudicato eccessivo, per l’assenza di sfumature morbide e graduali tipiche dell’accademismo.Il risultato è un contrasto netto tra macchie chiare e scure, che appiattisce le figure, ma al contempo conferisce profondità attraverso l’uso del colore, senza ricorrere alla prospettiva tradizionale.