Concetti Chiave
- Le sculture cicladiche, di formato piccolo o medio, sono diventate iconiche nel XX secolo, distanziandosi dalla classicità greco-romana.
- L'arte greca, riscoperta nel Novecento, si collegava con l'arte "primitiva", in cerca di autenticità e lontana dalla tradizione classica del Rinascimento.
- Christian Zervos integrò l'arte greca nel gusto moderno, valorizzando la connessione con il paesaggio naturale e le tradizioni primitive.
- Artisti come Henry Moore, Hans Arp e Amedeo Modigliani trovarono affinità nell'arte cicladica, alimentando il suo successo nel mercato dell'arte.
- L'interesse per le statuette cicladiche ha portato alla creazione di falsi e scavi clandestini, compromettendo la comprensione della loro funzione originaria.
Indice
Fortuna delle sculture cicladiche
Di formato piccolo o medio e con un linguaggio formale facilmente riconoscibile, le sculture cicladiche hanno avuto negli ultimi cent’anni una straordinaria fortuna, diventando icona di un gusto novecentesco che tendeva a ripudiare la classicità greco-romana. L’arte antica imitata nel Rinascimento, esaltata nel Settecento come modello inarrivabile dall’archeologo tedesco Winckelmann e poi dal movimento neoclassico, non bastava più. In sintonia con l’arte del primo Novecento, si cominciò a inseguire un’arte più “autentica”, diversa da quella ammirata da Raffaello o da Canova. Gli scavi archeologici nelle terre greche intorno al Mar Egeo fornirono a questo desiderio molte risposte: statue arcaiche (per esempio da Mileto o da Efeso) di cui nessuna fonte antica parla mai, architetture e ceramiche di cui archeologi e artisti non sospettavano l’esistenza; e, soprattutto, gli “idoli cicladici”. Il loro rigore rappresentativo, fondato su una forte linea di contorno che esalta la presenza corporea delle figure nello spazio, parve allora sorprendentemente moderno.
Rinascimento e arte primitiva
Per i teorici del Rinascimento l’arte classica aveva incarnato la verità di natura, anzi era apparsa più naturale della natura stessa. Insidiata dalla ricerca di autenticità, questa supremazia del classico sul naturale fu soppiantata da una nuova sensibilità, che si allontanava dal “naturale” e scopriva segrete affinità con l’arte “primitiva”. Christian Zervos, amico di Picasso e fondatore di una delle più importanti riviste d’arte del Novecento, i «Cahiers d’Art» (che uscirono dal 1926 al 1960), pubblicò nel 1934 l' Art en Grèce, una scelta di immagini di arte greca. Per lui l’arte «che si trova in Grecia, poiché il principale fattore dell’arte greca è il paesaggio naturale», doveva integrarsi nell’«entusiasmo della nostra generazione per le arti dei popoli a torto chiamati selvaggi, nel nostro gusto profondo per le stirpi primitive e vicine alla natura». Zervos vedeva nell’arte greca, «grazie alla costante ginnastica spirituale a cui ci obbliga l’arte moderna», un «gusto per gli slanci istintivi e per la regola, un’audacia dell’invenzione e un attaccamento alla passione» che sono «del più puro e incontestabile spirito moderno». Fu in questo contesto che il confuso desiderio di un modello remotissimo, ma non “classico”, finì con l’incarnarsi nell’arte cicladica.
Influenza e mercato dell'arte cicladica
Degli idoletti cicladici lo scultore inglese Henry Moore (1898-1986) lodava il «senso puro dello stile, l’unità di forma - come se non potessero sbagliare, ma sempre giungessero a un risultato inevitabile fin dal principio». L’affinità elettiva fra l’arte cicladica e le opere di Hans Arp (1887-1966), Amedeo Modigliani (1884-1920) o Constantin Brancusi (1876-1957) spinse i collezionisti ad accaparrarsi statuette dall’aspetto tanto moderno (una di esse è stata venduta all’asta a New York nel 2010 per 16 882 000 dollari). La fortuna di mercato dell’arte cicladica spiega la produzione di falsi (molti sono stati scoperti, ma non mancano casi controversi). Ma le statuette autentiche sono state spesso recuperate da scavi clandestini, che per avidità di guadagno hanno distrutto senza scrupoli il contesto archeolo-gico: è anche per questo che non sappiamo bene quale fosse la funzione originaria di questi preziosi “idoli”. Erano immagini divine? di antenati? di defunti? di offerenti? Queste e altre spiegazioni sono state proposte, ma solo una conoscenza approfondita dei contesti, irrimediabilmente danneggiata dal mercato, potrebbe offrire una risposta.
Domande da interrogazione
- Qual è stata l'evoluzione della percezione dell'arte cicladica nel corso del tempo?
- Come si è manifestato l'interesse per l'arte cicladica nel contesto del primo Novecento?
- Quali sono le caratteristiche distintive delle sculture cicladiche che le rendono attraenti per gli artisti moderni?
- Quali sono le problematiche legate al mercato dell'arte cicladica?
- Quali sono le ipotesi sulla funzione originaria degli idoli cicladici?
L'arte cicladica è passata dall'essere ignorata a diventare un'icona del gusto novecentesco, in contrasto con la classicità greco-romana, grazie alla sua modernità percepita e al desiderio di autenticità.
L'interesse per l'arte cicladica nel primo Novecento si è manifestato attraverso la ricerca di un'arte più autentica e primitiva, in sintonia con le tendenze artistiche dell'epoca, come evidenziato da Christian Zervos e altri artisti.
Le sculture cicladiche sono apprezzate per il loro rigore rappresentativo, l'unità di forma e il senso puro dello stile, che le rendono simili alle opere di artisti moderni come Henry Moore, Hans Arp e Amedeo Modigliani.
Il mercato dell'arte cicladica è afflitto dalla produzione di falsi e dal recupero di statuette attraverso scavi clandestini, che danneggiano il contesto archeologico e complicano la comprensione della loro funzione originaria.
Le ipotesi sulla funzione originaria degli idoli cicladici includono l'idea che fossero immagini divine, di antenati, di defunti o di offerenti, ma la mancanza di contesti archeologici intatti rende difficile una risposta definitiva.