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Concetti Chiave

  • Tylor's anthropological definition of culture marks a shift from Enlightenment universalism, emphasizing culture's relativity and its presence in all social groups, including so-called "primitive" societies.
  • Functionalists like Durkheim focus on the moral and symbolic aspects of collective representations as essential for social cohesion, contrasting with Marx's view of culture as a superstructural element tied to economic structures.
  • Anthropologists like Malinowski and Levi-Strauss argue for immersive cultural study, with Malinowski pioneering participant observation to understand cultures from within, challenging earlier evolutionary approaches.
  • The post-modern era, represented by scholars like Clifford and Bauman, highlights cultural hybridization and the fluidity of social roles, emphasizing the dynamic, interconnected nature of global cultures.
  • Contemporary sociologists like Bauman critique the effects of globalization and consumer culture, suggesting a society driven by consumption rather than production, aligning with the ideas of Appadurai and Baudrillard.
Appunto di Sociologia che presenta il concetto di cultura dal punto di vista antropologico e sociologico, attraverso lo svolgimento di un saggio breve, di impronta umanistica, che esplica i concetti connessi alla definizione di cultura.
La cultura: un concetto a metà fra sociologia e antropologia articolo

Indice

  1. La cultura dal punto di vista antropologico e sociologico
  2. Il concetto di cultura in rassegna: i principali studiosi che hanno scritto del concetto
  3. Il processo di Ibridazione culturale nell’era post-moderna

La cultura dal punto di vista antropologico e sociologico

L’antropologo evoluzionistaTylor, con i suoi studi e le sue ricerche arrivò a fornire la prima definizione antropologica di cultura che si allontanava sia dall’universalismo illuminista sia dalla visione etnocentrica della prima antropologia e sottolinea il carattere relativo della cultura nel 1871; proprio per questa “rottura” rispetto al sistema precedente egli inaugura un nuovo modo di intendere il concetto. Tylor definisce la cultura come il complesso che include le conoscenze, le credenze, la morale, le abitudini e gli oggetti materiali che rivestono valore in una comunità. Vi sono tre novità in questo tipo di pensiero: la prima è che riconosce che tutti i gruppi sociali, quindi anche i selvaggi o primitivi, hanno la capacità di produrre cultura; la seconda è che inserisce nel termine “cultura” non solo il sapere scientifico, l' arte, la religione, il diritto, ma anche le consuetudini, i costumi e i modi di vita acquisiti socialmente, in un'accezione "totale" del termine cultura; infine, la terza novità, è che rifiuta qualsiasi soluzione di continuità fra popoli civili e popoli primitivi.
Tylor si colloca durante il periodo in cui prevaleva un approccio teorico in cui si riteneva che le varie culture si collocassero in diversi stadi evolutivi, che seguivano tutti la stessa linea direttrice-periodo illuminista. Durante il periodo funzionalista, si rifiutarono le principali tesi evoluzioniste, infatti questa corrente privilegiò lo studio empirico sul campo dei fatti sociali, cioè l’individuo viene studiato all’interno del contesto sociale che lo influenza. Durkheim, uno dei maggiori esponenti del funzionalismo, pose l’accento sulla dimensione morale e simbolica delle rappresentazioni collettive come momento costituente la coesione necessaria a definire un organismo sociale.

Il concetto di cultura in rassegna: i principali studiosi che hanno scritto del concetto

Rispetto agli autori precedenti non vi sono punti in comune fra le teorie di questi e i concetti sviluppati da Tylor, mentre con gli antropologi Malinowski, Mauss e Levi-Strauss, nonostante l’appartenenza a correnti di pensiero differenti, vi era la presenza di un concetto comune: l’evidenziare la necessità di immergersi nel tessuto culturale della comunità studiata per comprenderne realmente i suoi significati (quindi distaccandosi dall’antropologia da tavolino propria dell’800). Tylor, così come Malinowski, Mauss e Levi-Strauss contribuiscono all’affermazione di una visione più relativista, introducendo l’idea secondo cui, per poter studiare e comprendere una cultura occorra partecipare attivamente alla vita. Secondo questo assunto, l’antropologo deve sperimentare direttamente le strutture, gli usi e i costumi in modo da comprendere i bisogni sottostanti. In particolare, questo pensiero venne sviluppato dal funzionalista Malinowski che criticò l'approccio evoluzionista e impose l'osservazione partecipante, una tecnica di ricerca etnografica incentrata sulla prolungata permanenza e partecipazione alle attività del gruppo sociale studiato da parte del ricercatore, come metodo fondamentale dell'antropologia. Precedentemente gli antropologi evoluzionisti consideravano la loro ricerca un lavoro di teorizzazioni su dati che altri soggetti procuravano loro, infatti alcuni, come Tylor, non hanno mai svolto ricerche sul campo.
Per lo struttural-funzionalista Levi-Strauss la cultura è come il linguaggio, si compone di un numero finito di segni che danno un’infinita varietà. Ciò può essere ricollegabile alla definizione di Geertz, che considera la cultura come un insieme di simboli che prendono vita nello scambio comunicativo. Una definizione simile è rinvenibile anche nelle teorizzazioni di Benedict secondo cui la cultura è l’insieme dei modi in cui si esprime il pensiero, sia attraverso le parole sia attraverso il comportamento; dunque la cultura è vista come un insieme di simboli anche da questa autrice, appartenente, insieme a Boas, alla corrente anti evoluzionista del particolarismo storico; il compito dell’antropologo era quello di andare presso i micro-aggregati per cercare d’immedesimarsi, di capire il punto di vista del nativo e di vedere la realtà sociale dalla sua prospettiva. Le idee, valori e atteggiamenti di Benedict costituivano un tutto integrato, differente dal tutto complesso di cui parlava Tylor nella sua definizione di cultura.
James Clifford, appartenente al periodo post-moderno, seguì la scia di critiche di Malinowki, Mauss e Levi-Strauss stabilendo che la cultura non è un bagaglio di modelli definiti, ma un insieme di possibilità e vincoli che strutturano la realtà in un processo dinamico di continua ibridazione con altre culture. Dunque, Clifford parla anche di acculturazione, il processo di cambiamento culturale e psicologico dovuto al contatto duraturo con persone appartenenti a culture differenti. Inoltre, secondo questo autore, il testo antropologico è l’unico mezzo per poter studiare le popolazioni senza farsi influenzare dal proprio punto di vista. La prospettiva di contrasto, invece, rispetto alla modernità si è combinata nell'antropologia più recente con l'abbandono dell'idea (tenace in Lévi-Strauss) che le società primitive, tradizionali, premoderne fossero mondi chiusi, integri, puri e, nello stesso tempo, fragili, destinati soltanto, di fronte all' avanzata della modernità occidentale, a resistere e cercare di conservare disperatamente la propria identità oppure definitivamente sparire. In merito, Geertz sostiene che le popolazioni indigene hanno dovuto fare i conti con le forze del progresso ma i risultati sono stati sia distruttivi, sia inventivi; l’espansione dell’Occidente appare a Clifford un fertilizzante per nuovi ordini di differenza. Questa visione di un futuro assai meno tragico e possibilista, che si fa storia, può produrre del "nuovo" e apre “sentieri della modernità” specifici, peculiari, alternativi, e nasce dalla convinzione che l'identità, in senso etnografico, non possa che essere mista, relazionale e inventiva.
Per quanto riguarda Geertz, appartenente al filone dell’antropologia contemporanea, trattò in particolare di che cosa si occupa l’etnografia per individuare la conoscenza, accomunando la cultura ad una rete di significati che gli individui hanno creato e continuano a ricreare, restandone così invischiati. Egli non accoglie il metodo comparativo evoluzionista, secondo cui si cerca di confrontare vari fenomeni per trovarne gli elementi comuni ed è molto legato al simbolismo, infatti non avvolge totalmente gli esseri umani in quanto esseri culturali e l’antropologo deve essere in grado di imparare e interpretare i significati specifici allo stesso modo dei nativi. Per Geertz compito dell’antropologo è compiere una ricerca etnografica intensa, dialogando con gli individui della popolazione studiata. Dunque, si pone in stretto contatto con Clifford perché entrambi sostengono che è necessario vedere le cose non solo dal proprio punto di vista ma anche da quello della popolazione studiata.
Questo approccio pone l’accento sulle differenze di quanto teorizzato dal conflittualista Karl Marx che, al contrario, definisce la cultura come l’elemento sovrastrutturale necessario a mantenere l’ordine sociale derivato dalla ripartizione e proprietà dei mezzi materiali di produzione. Dunque Marx e Durkheim hanno idee contrarie sul concetto di cultura: Durkheim tratta dei fatti sociali, che influenzano fortemente l’individuo, mentre Marx collega fattori economici e disuguaglianze con le istituzioni sociali; in particolare, però, Marx ha idee in contrapposizione anche con il sociologo Comte, della corrente evoluzionista.
Infine vi è un aspetto in comune fra Marx e gli evoluzionisti: divide l’evoluzione della società in categorie (primitiva comunista, schiavista e quella in cui proletariato e borghesia sono in conflitto tra loro) esattamente come gli evoluzionisti che dividevano l’evoluzione in stadi universali di sviluppo. Se il funzionalismo e le teorie del conflitto pongono l’accento sulle strutture che sorreggono la società e che influenzano il comportamento umano, le teorie dell'azione sociale rivolgono l'attenzione alle azioni e interazioni che producono quelle strutture; inoltre, il funzionalismo e le teorie del conflitto promuovono modelli di funzionamento complessivo della società mentre le teorie dell'azione sociale si concentrano sui comportamenti individuali dei singoli attori. Il maggiore esponente della teoria dell’azione sociale è Mead secondo cui l’interazione simbolica, ossia lo scambio di segni e significati mediante le pratiche comunicative, è alla base dello sviluppo del sé e dell’interiorizzazione dell’immaginario sociale ossia l’insieme dei modelli che formano la cultura in una data società.
La cultura: un concetto a metà fra sociologia e antropologia articolo

Il processo di Ibridazione culturale nell’era post-moderna

Uno dei maggiori esponenti della post-modernità, oltre a Clifford, è la scuola di Francoforte che racchiude vari autori e parla di industria culturale per indicare la produzione omologante di modelli culturali attraverso i media e l’industria che favoriscono la diffusione di una cultura e una società massificata, ossia senza stimoli, priva di creatività in quanto destinata a raggiungere il maggior numero di persone (rianimando l’idea illuminista di una cultura alta). Infatti, dagli studiosi contemporanei, in particolare Bauman, la società è vista come in preda ad una crisi di valori, complessa e ricca di problemi; in merito, infatti, il sociologo polacco Zygmunt Bauman parla di società liquida, evidenziando il fatto che la staticità di ruoli, istituzioni e strutture della modernità è stata progressivamente soppiantata da una nuova fluidità, che riveste tutti gli aspetti della vita umana all’interno della società. Secondo Bauman, l’uomo moderno si trova di fronte a una sfida, essendo chiamato all'esercizio di un grado di responsabilità individuale più alto rispetto a prima. Siamo quindi più liberi di scegliere, ma dobbiamo nel contempo rispondere delle nostre scelte, mentre i tradizionali strumenti di distribuzione e assorbimento collettivo dei rischi sono sempre meno efficaci. Quanto più ampia è la libertà, insomma, tanto più esteso è il rischio che potremmo essere costretti ad affrontare.
Bauman tratta anche della globalizzazione che ha generato i suoi effetti non solo sui sistemi produttivi ma anche sui singoli individui, sul formarsi della loro coscienza, sulla possibilità che ciascuno ha di stabilire un corso di vita dotato di senso, ma ha naturalmente influito anche sulle relazioni sociali. La Scuola di Chicago tratta in particolare di una cultura statica e analizza quella degli immigrati negli Stati Uniti, in termini di integrazione e assimilazione. Secondo Berger, Luckman e Garfinkel, antropologi post-industriali, la cultura si identifica con tutte quelle pratiche che danno forma alla conoscenza: non esiste così una realtà oggettiva ma solo una realtà percepita riflesso della cultura di appartenenza. Ciò si sviluppa seguendo l’interazionismo simbolico di Mead; per quanto riguarda i primi due autori, Berger e Luckman, svilupparono un approccio costruttivista mentre Garfinkel l’etnometodologia, il cui ha preso ispirazione dalle teorie di Edmund Husserl, di Alfred Schütz, da alcuni presupposti del funzionalismo di Talcott Parsons e dalle teorie dell'interazionismo simbolico di Mead.
Pierre Bourdieu, del periodo post-industriale, riprende l’approccio critico per sottolineare come il rapporto tra capitale scolastico e consumi culturali siano in relazione all’origine sociale: i gusti culturali sono segni distintivi di una classe, la quale esprime una visione del mondo e modelli culturali inconsci che informano la distinzione sociale. La novità rispetto alla teoria conflittuale di Marx è che l’elemento culturale non è più una sovrastruttura, ma parte integrante della struttura. Tale visione ricorda, in qualche modo, gli interessi ideali di Weber e le sue analisi sul ceto: secondo il sociologo tedesco, tuttavia, la distinzione in base al prestigio legato allo status di una posizione sociale, espresso in un’etica e in un’estetica specifiche, non si sovrappone necessariamente alla posizione economica come in Bordieu.
Con la globalizzazione, di cui se n’era già trattato precedentemente e dunque nel periodo post-moderno, si parla di cultura come una rete di significati continuamente riformulata dalle interazioni e dalle pratiche sociali. In particolare, assieme alla globalizzazione, ha iniziato a farsi strada il concetto di Ibridazione culturale, detta anche Melting-pot, la quale indica il fatto che nelle società attuali, moderne e globalizzate, le varie origini ed etnie dei singoli gruppi sociali si siano influenzate a vicenda, generando così una cultura di mezzo, ovvero una cultura dominante in cui sono presenti usi, costumi, tradizioni ed abitudini appartenenti a tanti gruppi sociali differenti. Ibridazione culturale, inoltre, indica anche la commistione fra usi e costumi di etnie differenti, e attualmente risulta essere un concetto largamente studiato sia dai sociologi che dagli antropologi. In merito, Ulf Hannerz, parla di social networks come momento culturale fondamentale della contemporaneità: il punto centrale di questo approccio è il rifiuto sia della visione critica dell’imperialismo culturale sia della visione del particolarismo, che vede nel sorgere di specificità culturali una forma di reazione agli effetti di una cultura mondiale.
Bauman e altri autori appartenenti alla stessa corrente, di cui Giddens e Beck, invece, a contrario di Hannerz, criticano la cultura contemporanea perché ritengono che sia schiava del consumo e dell’immagine. Appadurai e Baudrillad hanno degli approcci simili a quello di Bauman: ritengono infatti che nella post-modernità non vi sia cultura. Questa concezione è ricollegabile a quella della scuola di Francoforte, secondo la quale la società è priva di creatività e di stimoli, si basa, infatti, sullo scambio di informazioni. Appadurai crede che la cultura debba essere usata nella sua forma di aggettivo, cioè "culturale”, unitamente a un sostantivo di cui si voglia sottolineare il carattere mobile che la parola cultura, così come è usata, invece non possiede. Baudrillad si concentra, a contrario di Appadurai, sul valore delle immagini.
Per quanto riguarda il fenomeno del consumismo, anch’esso scaturito dalla diffusione di idee culturali provenienti dal nuovo continente e diffusesi su larga scala per effetto della globalizzazione e dell’ibridazione culturale, Appadurai ritiene che non è la produzione il motore e il protagonista della società capitalista, ma il consumo, a differenza del pensiero di Marx.
Per ulteriori approfondimenti riguardo al concetto di cultura vedi anche qua

Domande da interrogazione

  1. Qual è la definizione di cultura secondo Tylor?
  2. Tylor definisce la cultura come un complesso che include conoscenze, credenze, morale, abitudini e oggetti materiali di valore in una comunità, riconoscendo la capacità di tutti i gruppi sociali di produrre cultura.

  3. Quali sono le differenze tra l'approccio evoluzionista e funzionalista alla cultura?
  4. L'approccio evoluzionista vedeva le culture in stadi evolutivi, mentre il funzionalismo rifiutava queste tesi, privilegiando lo studio empirico sul campo e l'influenza del contesto sociale sull'individuo.

  5. Come contribuiscono Malinowski, Mauss e Levi-Strauss alla comprensione della cultura?
  6. Questi antropologi sottolineano l'importanza di immergersi nel tessuto culturale per comprenderne i significati, promuovendo l'osservazione partecipante e una visione relativista della cultura.

  7. Cosa intende Bauman con il concetto di "società liquida"?
  8. Bauman descrive la società moderna come caratterizzata da una fluidità che sostituisce la staticità dei ruoli e delle strutture, richiedendo un maggiore grado di responsabilità individuale.

  9. Che cos'è l'ibridazione culturale nell'era post-moderna?
  10. L'ibridazione culturale si riferisce alla commistione di usi e costumi di diverse etnie, creando una cultura dominante che incorpora elementi di vari gruppi sociali, influenzata dalla globalizzazione.

Domande e risposte