Concetti Chiave
- Giuseppe Parini, intellettuale illuminista, critica l'aristocrazia decadente proponendo una rieducazione per riportarla al suo ruolo sociale passato.
- Nonostante l'adesione ai principi illuministici come l'uguaglianza e l'umanitarismo, Parini rifiuta certe posizioni radicali, mantenendo un approccio moderato e riformista.
- Parini, fedele alla tradizione classica, si oppone alla letteratura utilitaristica promossa dal gruppo del Caffè, sostenendo un equilibrio tra utile e dilettevole.
- Nei suoi poemi come "Il Giorno", Parini utilizza l'ironia per criticare la vita oziosa dell'aristocrazia, creando un contrasto con la virtù delle classi lavoratrici.
- Il poeta vive una delusione storica con le riforme autoritarie di Giuseppe II, rifugiandosi nel Neoclassicismo per esprimere ideali di armonia e serenità.
1.
Indice
- Le origini e l'influenza illuminista di Parini
- Parini e la critica all'aristocrazia
- Il Dialogo sopra la nobiltà e la riforma sociale
- Parini e il Caffè: divergenze culturali
- Le odi di Parini e l'educazione illuminista
- Il Giorno: satira dell'aristocrazia
- L'ironia e la critica sociale di Parini
- L'evoluzione stilistica di Parini
- Alfieri: vita e formazione intellettuale
- Le idee politiche di Alfieri
- Il titanismo e il pessimismo di Alfieri
Le origini e l'influenza illuminista di Parini
Nasce a Bosisio da una famiglia modesta.
2. Entra all’Accademia dei Trasformati (frequentata da Beccaria e Verri).
3. Intraprende l’attività di precettore.
4. Entra al servizio di Giuseppe Maria Imbonati come precettore del figlio Carlo. Quest’ultimo sarà colui che avrà una relazione con Giulia Beccaria (madre di Manzoni). Per questo inizierà uno scambio epistolare fra Parini e Manzoni.
Parini è un’intellettuale di passaggio che attraversa tutto l’illuminismo.
Dopo l’Illuminismo si svilupperanno altre correnti come il Neoclassicismo e il Preromanticismo.
Parini e le idee illuministe.
La letteratura di Parini nella sua prima fase si trova in sintonia con il clima riformistico instaurato dall’assolutismo illuminato di Maria Teresa d’Austria. Perciò Parini si colloca nell’ambito dell’intellettualità avanzata, illuministica e riformatrice anche se i suoi rapporti con l’Illuminismo sono a tratti ambigui.
Parini respinge le posizioni antireligiose ed edonistiche di alcuni filosofi letterati come Voltaire e Rousseau. Per certi aspetti si trova affine ad alcune idee illuministe come l’ostilità verso ogni forma di fanatismo religioso, giudica negativamente la Controriforma... però crede profondamente nella religione come un principio di ordinata convivenza civile e anche in senso metafisico.
Dell’Illuminismo si trova a favore dei principi egualitari: crede nell’uguaglianza originaria e naturale di tutti gli uomini, nella necessità di riconoscere a ogni individuo una pari dignità umana. Un altro aspetto illuministico con cui si trova a favore è l’umanitarismo ovvero l’amore per l’umanità.
Parini e la critica all'aristocrazia
Il poeta critica duramente la classe aristocratica, la quale è oziosa, vuota e improduttiva:
1. sul piano economico: si accontenta di sperperare le ricchezze che derivano dalle sue rendite, cioè dal lavoro altrui.
2. sul piano intellettuale: i nobili non dedicano il loro ozio a coltivare studi che servano all’avanzamento della cultura e della scienza.
3. sul piano civile: i nobili non si curano di ricoprire cariche e magistrature che siano utili al bene pubblico, in quanto possiedono una vita vacua protesa ad una frivola ricerca del piacere.
Parini si scaglia anche contro l’immoralità dei costumi, soprattutto contro l’uso del cavalier servente che corrisponde alla legalizzazione dell’adulterio, che distrugge uno dei valori considerati più sacri da Parini ovvero la famiglia.
Il Dialogo sopra la nobiltà e la riforma sociale
Nel Dialogo sopra la nobiltà, che si svolge tra due defunti, un poeta di origine plebea e un nobile, lo scrittore sottolinea come essa abbia avuto origine dalla violenza e dalla rapina.
Parini riconosce che in epoche passate la nobiltà aveva avuto una funzione sociale infatti ciò che muove il suo sdegno è la decadenza attuale della classe aristocratica, il fatto che essa abbia abbandonato le attività utili passate.
Parini non è ostile alla nobiltà in sé, ma solo alla sua degenerazione e non auspica all’eliminazione di essa ma al contrario propone una forma di rieducazione che la riporta ad assumere il ruolo sociale che un tempo possedeva.
Socialmente e politicamente Parini è un moderato riformista e illuminista. Infatti gli illuministi lo sentivano lontano da loro, troppo moderato.
Parini e il Caffè: divergenze culturali
Parini non condivideva il cosmopolitismo degli intellettuali appartenenti al Caffè, i quali erano dei ferventi ammiratori degli illuministi francesi.
Parini aveva il timore che l’assorbimento della cultura francese snaturasse i caratteri originari della cultura italiana; inoltre gli intellettuali del Caffè respingevano il classicismo tradizionale, retorico, in nome di una letteratura utilitaristica.
Parini invece era fedele ad un’idea classica della letteratura ed era animato da un culto della dignità formale e dei modelli antichi. Inoltre fa un uso moderato di un lessico ricavato dalle scienze moderne, per esempio in odi come La salubrità dell’aria troviamo termini come “polmoni”, “atomi”…
Proprio del gruppo del Caffè insieme alla concezione utilitaristica della letteratura, era anche il culto della scienza; si riteneva che dalla diffusione delle informazioni scientifiche moderne scaturisse il progresso.
Anche Parini apprezza le scoperte scientifiche ma non condivide il fatto che la scienza sia diventata una moda, una mania frivola di salotti aristocratici.
Inoltre è ostile ad una letteratura completamente utilitaristica con fini esclusivamente pratici perché Parini sostiene che bisogna unire l’utile al dilettevole, per lui l’utile non può mai andare disgiunto dal lusinghevol canto. Parini resta fedele alla tradizionale concezione umanistica che vede nelle lettere l’essenza stessa dell’uomo.
-interesse per le teorie fisiocratiche: il gruppo del Caffè era a favore del commercio e dell’industria e riteneva che il loro sviluppo potesse garantire il progresso. Parini invece era concorde con le teorie fisiocratiche, le quali vedevano nell’agricoltura l’origine della ricchezza delle nazioni.
A Parini sfuggiva il senso della battaglia combattuta da Beccaria e Verri a favore della nascita di una nuova società in cui la borghesia fosse il centro propulsore e innovatore.
La prima raccolta di versi mostra Parini ancora inserito nel clima dell’Arcadia, quindi rigorosamente fedele ad un’idea tradizionale di letteratura.
Ode: genere lirico con contenuti elevati e toni solenni; riprende modelli della poesia greca e latina.
Le odi di Parini e l'educazione illuminista
Le odi possono essere divise cronologicamente in 3 gruppi, che presentano fisionomie diverse.
1. 1756-1769: testi maggiormente legati alla battaglia illuministica come La vita rustica, La salubrità dell’aria…
2. 1777: La laurea e Le nozze…
3. Ultime odi non più battagliere ma ispirate a un composto classicismo.
Il primo gruppo contiene odi che come le prime due parti del Giorno riflettono una diretta adesione illuminista e sono animate da un più fervido impegno civile. Gli argomenti sono costituiti da problemi di attualità e molto pratici e moderni come l’inquinamento nella Salubrità dell’aria.
Un altro tema prettamente illuminista è l’educazione. Parini scrive un’ode dedicata a questo argomento e si indirizza alla formazione del ceto dirigente, offrendo i suoi precetti pedagogici alla nobiltà che vuole riportare all’antica funzione sociale perduta. Si colgono 3 principi illuministi: la ragione che deve regolare e guidare i sentimenti piegandoli ai suoi fini ma non soffocarli, l’idea che la vera nobiltà non è quella della nascita ma quella interiore dell’individuo.
Parini aderisce alla poetica del sensismo. Questa teoria risale al filosofo inglese Locke ed in Italia era stata diffusa dagli scritti di Etienne de Condillac.
Secondo il sensismo tutta la vita spirituale dell’uomo ha origine dalle sensazioni fisiche attraverso le quali egli entra in contatto con la realtà esterna. Perciò i suoi sentimenti fondamentali sono il piacere e il dolore. Il piacere nasce dalla varietà e dalla vivezza delle sensazioni.
L’arte contribuisce a stimolare la vitalità dell’anima destando in noi sensazioni. Da questo deriva nella letteratura, la ricerca della parola precisa, icastica ovvero capace di suscitare immagini e sensazioni vivide.
L’eredità classica
Su Parini pesa sempre l’eredità retorica del letterato tradizionale per cui accanto alle espressioni usate dalla poetica sensistica si trova sempre la preoccupazione di utilizzare un linguaggio consacrato dalla tradizione classica.
Il Giorno: satira dell'aristocrazia
Il Giorno: poemetto antifrastico didascalico scritto in endecasillabi sciolti
endecasillabo sciolto: usato da Leopardi e dai romantici
Parini lavorò ad un poema che mirava a rappresentare satiricamente l’aristocrazia del tempo. Esso aveva per argomento la descrizione della giornata di un giovinsignore della nobiltà milanese.
È diviso in 4 parti: il Mattino, il Mezzogiorno, il Vespro, la Notte.
Il Giorno rientra nel genere della poesia didascalica, che vantava illustri modelli nella letteratura classica ed era diffusa nell’ambito della cultura illuministica.
Il poeta afferma di voler insegnare al giovinsignore come riempire piacevolmente i vari momenti della sua giornata perciò l’impianto del poema è descrittivo, viene descritta una giornata tipo dell’aristocrazia.
Nel Mattino il nobile viene colto nel momento in cui si corica, all’alba, dopo una notte trascorsa al tavolo da gioco o a teatro; vengono quindi descritti il suo risveglio a mattina inoltrata e tutte le seguenti attività con un indugio minuzioso su tutti gli oggetti che lo circondano.
Alla fine il giovinsignore è pronto per uscire e recarsi a trovare la sua dama e questo esplica il fenomeno del cicisbeismo, per cui ogni donna sposata aveva il diritto ad un cavalier servente che l’accompagnasse costantemente in luogo del marito. Il rapporto consisteva in un puro servizio della donna.
L'ironia e la critica sociale di Parini
La struttura didascalico-descrittiva è un pretesto per utilizzare la satira per criticare il mondo aristocratico. Tutto il discorso del precettore è impostato in chiave ironica e si fonda sull’antifrasi (viene affermato il contrario di ciò che si vuole far intendere). Il precettore finge di accettare il punto di vista del nobile, e di condividerne i gusti e i giudizi, perciò la vita vuota della nobiltà viene celebrata in termini iperbolici e i gesti più banali come sbadigliare divengono eventi prodigiosi.
L’eccesso della celebrazione con la sproporzione evidente serve per mettere in rilievo la negatività del mondo nobiliare.
L’antifrasi ironica è lo strumento critico più corrosivo nei confronti di una società oziosa e inutile.
La critica pariniana utilizza anche altri strumenti come l’uso del tempo e dello spazio.
1. Tempo: non viene scelta una giornata particolare ma una giornata tipo, uguale a infinite altre. Il tempo in cui si collocano gli eventi descritti è breve, sono poche ore anche se si ha l’impressione di un tempo lunghissimo; l’effetto è creato dall’indugio descrittivo estremamente lento, dall’osservazione al microscopio di quella realtà.
È un tempo vuoto, in cui si ripetono meccanicamente i medesimi gesti. L’impostazione del tempo narrativo rappresenta un mondo vacuo, privo di senso, dominato solo dalla noia.
2. Spazio: spazio ristretto, al chiuso. La ristrettezza dello spazio dà il senso di un mondo morto, ormai privo di energie vitali.
-la pluralità di piani: alla nobiltà oziosa del presente viene contrapposta quella rude del passato. Viene usata l’ironia in quanto il precettore finge di provare orrore per la barbarica ferocia della nobiltà passata e di esaltare le pacifiche operazioni della nobiltà presente. L’atteggiamento del poeta è opposto ed è inteso in realtà a celebrare la nobiltà guerriera che sapeva affrontare la morte in battaglia per salvare la patria.
-le classi popolari: all’ozio corrotto dei nobili Parini contrappone la vita operosa e sana del contadino e dell’artigiano, che si dedicano ad attività utili e che si ispirano a valori fondamentali come la famiglia. Oppure contrappone lo sperpero nobiliare con la miseria popolare.
L’inserimento di questi due piani (nobiltà del passato e classi popolari) ha l’effetto di rompere la continuità di una rappresentazione che dà il senso di vuoto soffocante del mondo aristocratico. Uguale scopo hanno le favole, brevi racconti di carattere mitologico, che Parini inserisce sempre per criticare la nobiltà.
L’atteggiamento di Parini verso il mondo nobiliare è di condanna ma è allo stesso tempo ambiguo perché nelle sue descrizioni sembra accarezzare gli oggetti come se fosse affascinato dall’eleganza e dalla grazia di quel mondo.
Questa sensualità era frutto della cultura dell’epoca, intrisa di galanteria ed edonismo e Parini non poteva non risentirne.
L'evoluzione stilistica di Parini
Le riforme del successore Giuseppe II, radicali, suscitarono nel poeta e negli altri illuministi disaccordo e determinarono un senso di delusione per l’impegno militante. L’autoritarismo del sovrano voleva regolare ogni aspetto della vita cittadina, soffocando ogni autonomia.
Parini risentì di questo governo perché non poteva accettare l’asservimento totale della letteratura a fini utilitaristici. Di conseguenza si allontanò dal perseguimento di finalità civili attraverso la scrittura letteraria. L’evoluzione è rispecchiata nel Vespro e nella Notte.
Il diverso atteggiamento del poeta è anche riflesso sugli aspetti formali e stilistici. Il classicismo di origine arcadica si evolve verso il Neoclassicismo (gusto che si andava diffondendo nel secondo Settecento). Le componenti del Neoclassicismo sono nitidezza, semplicità di linee, armonia, serenità e compostezza.
Di questa svolta neoclassica è il frutto diretto della delusione patita da Parini in conseguenza della politica di Giuseppe II, che lo induce a rifugiarsi in un mondo di forme ideali.
1.
Alfieri: vita e formazione intellettuale
Alfieri nasce ad Asti da una famiglia nobile.
2. Nel 1766 viene arruolato nell’esercito.
3. Compie il Grand tour dove completa la sua formazione con diversi viaggi.
4. Indifferente agli obblighi politici e sociali della nobiltà decide di dedicarsi alla letteratura.
5. Inizia a scrivere tragedie e affina le proprie conoscenze culturali attraverso lo studio dei classici.
6. Si spiemontizza donando tutti i suoi beni alla sorella in cambio di una rendita.
7. Fissa le proprie idee politiche e scrive il trattato Della tirannide.
8. 1786: si trasferisce a Parigi e assiste di persona ai primi eventi della rivoluzione francese e scrive un’ode in cui celebra la presa della Bastiglia.
9. 1792: fugge dalla Francia per stabilirsi a Firenze.
10. Alfieri si chiude in una riservata solitudine e si dedica allo studio dei classici.
11. A Firenze scrive le Satire e un prosimetro antifrancese: il Misogallo.
12. Muore a Firenze.
Le basi della formazione intellettuale di Alfieri sono ancora illuministe, sensistiche anche se lui prova nei confronti di quella cultura una confusa insofferenza.
Gli ripugna il culto della scienza, per lui il freddo razionalismo scientifico soffoca il forte sentire, la violenza emotiva e passionale che consiste la vera essenza dell’uomo, e spegne l’immaginazione, da cui solo può nascere la poesia.
Alfieri si ribella a questo controllo razionale ed esalta la dismisura e la passionalità sfrenata.
Alfieri è mosso da un fondamentale spirito religioso che si manifesta in un’oscura tensione verso l’infinito. Egli ha il senso dell’ignoto, del mistero.
Mentre l’Illuminismo è pervaso da un ottimismo fiducioso nelle sorti dell’uomo, la visione di Alfieri insiste sulla miseria e impotenza umane.
Alfieri vede nello sviluppo economico solo l’incentivo al moltiplicarsi di una massa di gente meschina e arida, incapace di alti ideali e forti passioni.
Le idee politiche di Alfieri
Le idee politiche di Alfieri (avversione contro la tirannide e il culto della libertà assoluta) possiedono una matrice illuministica. Ma anche in questo caso Alfieri si distacca dalla cultura dei lumi.
È contro la tirannide non solo per l’Illuminismo ma anche per l’ambiente in cui nasce: il Piemonte caratterizzato da un assolutismo paternalistico.
Dall’ambiente assolutistico del Piemonte, Alfieri fugge vagando per 5 anni tra i paesi europei, ma ovunque si scontra con il clima dell’assolutismo monarchico.
Alfieri si trova in urto sia con ciò che esiste, l’assolutismo, sia con ciò che è destinato a sostituirlo, la borghesia.
L’odio contro la tirannide non è la critica di una forma particolare di governo ma il rifiuto del potere in sé, in assoluto e in astratto, in quanto ogni forma di potere è oppressiva. Per questo Alfieri non propone un ordinamento migliore.
Anche il concetto di libertà, che egli esalta contro la tirannide, non possiede precise connotazioni politiche, economiche, giuridiche; non prende corpo in un progetto di Stato ma resta astratto e indeterminato, esso è espressione di un individualismo eroico radicalmente antisociale. È la libertà del super uomo, una libertà riservata all’aristocrazia dello spirito e in quanto tale non ha una autentica aspirazione politica.
Alfieri si entusiasma per le rivoluzioni del suo tempo nel loro primo slancio insurrezionale che distrugge la tirannia ma appena esse si assestano in un ordine nuovo assume atteggiamenti disillusi.
Il titanismo e il pessimismo di Alfieri
Nel pensiero di Alfieri non si scontrano due concetti politici, tirannide e libertà, ma due entità mitiche e fantastiche, entrambe proiezioni di forze che nascono all’interno di Alfieri stesso: da un lato il bisogno di affermazione totale dell’io, al di là di ogni vincolo esterno, dall’altro la percezione di forze oscure che nell’io si oppongono a questa espansione corrodendola.
Si delinea dunque il titanismo alfieriano, un’ansia di infinita grandezza e di infinita libertà che si scontra con tutto ciò che la limita e la ostacola.
L’io gigantesco che vuole spezzare ogni limite, si proietta la stessa condizione storica di Alfieri: il suo conflitto con una realtà politica e sociale mediocre, l’estraneità al suo secolo ma anche la volontà tesa verso un ideale di grandezza eroica sovrumana.
Lo scontro titanico tra l’io e la realtà esterna, il rifiuto del reale e il rifugio in un mondo a parte creato dalla soggettività collocano Alfieri nella stagione romantica.
Il limite con cui l’io si scontra non è solo esterno ma anche interno. Il tiranno è la proiezione di un limite che Alfieri trova in sé stesso e che rende impossibile la grandezza.
Al titanismo si accompagna anche la consapevolezza pessimistica della miseria e insufficienza umana.
Titanismo e pessimismo non sono tendenze opposte ma sono due facce della stessa medaglia. La tensione della volontà oltre i limiti umani si accompagna con la coscienza della propria impossibilità e genera un senso di sconfitta e di impotenza.
Domande da interrogazione
- Quali sono le origini e l'influenza illuminista di Parini?
- Come critica Parini l'aristocrazia?
- Qual è la posizione di Parini rispetto al Caffè e alle divergenze culturali?
- Quali sono i temi principali delle odi di Parini e la loro relazione con l'educazione illuminista?
- In che modo Parini utilizza l'ironia e la critica sociale nel "Giorno"?
Parini nasce a Bosisio da una famiglia modesta e si forma all'Accademia dei Trasformati. La sua letteratura iniziale è in sintonia con il clima riformistico dell'assolutismo illuminato di Maria Teresa d'Austria, pur mantenendo un rapporto ambiguo con l'Illuminismo, respingendo le posizioni antireligiose di filosofi come Voltaire e Rousseau.
Parini critica l'aristocrazia per la sua oziosità e improduttività economica, intellettuale e civile. Denuncia l'immoralità dei costumi, come il cavalier servente, che legalizza l'adulterio e distrugge il valore della famiglia.
Parini non condivide il cosmopolitismo del Caffè e teme che l'assorbimento della cultura francese snaturi quella italiana. È fedele a un'idea classica della letteratura e critica l'utilitarismo e la moda frivola della scienza nei salotti aristocratici.
Le odi di Parini, divise in tre gruppi cronologici, trattano temi illuministi come l'educazione e l'uguaglianza. Parini promuove la ragione, la nobiltà interiore e l'educazione del ceto dirigente, riflettendo un impegno civile e una critica sociale.
Nel "Giorno", Parini usa l'ironia e l'antifrasi per criticare l'aristocrazia. La struttura didascalico-descrittiva è un pretesto per una satira corrosiva, esaltando ironicamente la vita vuota dei nobili e contrappone la loro oziosità alla vita operosa delle classi popolari.