
A riportare la proposta al centro del dibattito nella comunità scolastica è un sondaggio effettuato da La Tecnica della Scuola - su 1.723 lettori - oltre 6 docenti su 10 (più precisamente il 63%) si sono espressi in modo negativo sulla novità.
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Anche gli studenti sono perlopiù contrari. I genitori un po’ meno
A dargli manforte, inoltre, potrebbero farsi avanti anche i loro alunni. Sempre secondo la stessa ricerca, tra gli studenti la quota dei contrari è molto simile a quella riscontrata tra gli insegnanti: sono quasi 6 su 10 (il 59%) quelli che non vorrebbero che il proprio docente venisse valutato in questo modo. Alleati un po’ meno affidabili, invece, sarebbero le famiglie degli studenti: qui il fronte si spacca a metà, con circa 1 genitore su 2 che si schiera contro il test psico-attitudinale per i prof, ma con altrettanti (50,6%) che lo vedrebbero di buon occhio.
Le motivazioni dei prof: “Dovrebbero farlo anche tutti gli altri dipendenti pubblici”
L’indagine, però, ha dato anche l’opportunità agli intervistati di motivare il proprio voto. Le argomentazioni più diffuse spingono, qualora si arrivasse alla riforma, per estendere tale verifica a molte altre categorie, a partire dalla classe politica. Un lettore, ad esempio, accetterebbe di sottoporsi al test solo se “se lo facessero anche politici, magistrati, ecc.”. Un altro coinvolgerebbe la Pubblica Amministrazione nel suo complesso: “Il test psico-attitudinale - secondo questa voce - dovrebbe diventare obbligatorio per l’intero comparto del Pubblico Impiego: penso ai medici che sono scorbutici con i pazienti, agli impiegati che sono aggressivi nei confronti degli utenti, a certi componenti delle Forze dell’ordine che non rispettano la dignità delle persone che manifestano pacificamente”.Qualcuno altro, invece, non dà alcuna possibilità di concretizzazione al provvedimento: “Il mondo della scuola - evidenzia un docente - è troppo complesso per poter individuare con certezza l’attitudine corretta”. E c’è pure chi inverte la prospettiva, sostenendo che bisognerebbe preoccuparsi di valutare quanto sia logorante il mestiere di insegnante: “Del burnout - sottolinea un intervistato - nessuno parla, nessuno dice quanto la professione sia alienante. Volete selezionare solo i più duri che possano resistere alla pressione di alunni/genitori/dirigenti/ministero?”.
C’è pure chi sostiene che la prova attitudinale sarebbe “pericolosa”, potendo essere facilmente strumentalizzata: “Se vogliono insegnanti equilibrati - ricorda un esponente della categoria - non si devono pretendere mesi con un carico orario eccessivo, senza riposo settimanale reale (situazione di molti)”. Gli fa eco un altro che controbatte: “Ma che venga qualcuno in aula, una volta per tutte! Gli studenti ti fanno impazzire, altro che test psicoattitudinale!”.
Alcuni lettori, infine, sollevano dei dubbi sulla metodologia delle eventuali verifiche. Uno, in particolare fa notare: “Sarebbero da valutare i vari parametri secondo quali il test verrebbe preparato. Inoltre, sarebbe una prova nazionale, ovvero uguale per tutte le istituzioni scolastiche, oppure ciascuna scuola potrebbe agire in completa autonomia? Sono, comunque, contrario all’adozione di un test psico-attitudinale; forse, sarebbe più idoneo il ricorso a uno specialista (psicologo o altra figura) cui i docenti potrebbero fare riferimento nella scuola, in caso di necessità e nella più assoluta discrezione, a tutela della privacy di ciascuno”.
Ad ogni modo, è ancora presto per affilare i coltelli. L’Esecutivo, al momento, ha altre priorità e il percorso verso un eventuale ritocco alle norme per l’accesso alla docenza potrebbe iniziare solo nel corso del prossimo anno. Nel frattempo, chi dovrà scriverle, sa già che non avrà, negli insegnanti, un comitato d’accoglienza festante.