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Nina ha la sindrome di down e viene esclusa dalla maturità perché, secondo i professori, sarebbe troppo stressante per leiNina Rosa Sorrentino è una ragazza di 19 anni con sindrome di Down. A giugno avrebbe dovuto concludere i suoi studi superiori e sostenere l’esame di Maturità, ma per la scuola sarebbe troppo stressante per lei.


A riportare la notizia il ‘Corriere di Bologna’. I genitori, Alessandro e Francesca, non ci stanno: “Il futuro di nostra figlia ora è in sospeso, ma per lei vogliamo puntare al massimo delle sue possibilità. È un suo diritto.

La 19enne con sindrome di Down esclusa dalla Maturità

Nina ha 19 anni e ama la musica, con cui è a contatto fin da quando è molto piccola, visto e considerato che i genitori sono dei musicisti. Come fa sapere il ‘Corriere di Bologna’, ha studiato violino, chitarra e flauto, ed è molto brava anche a suonare il tamburo a cornice.

Nina balla da che ne ha memoria, è la sua passione. Anche per questo le piacerebbe insegnare danza a tutte le persone che vogliono imparare, ma soprattutto ai bambini, come ammette lei stessa. “Poi il mio sogno più grande è continuare a studiare, diventare un’artista nel campo della musica e del teatro, anche se lo so che è difficile”. Nina è dolce nelle relazioni e nel tempo libero scrive poesie. Ma tra le sue passioni c’è anche la scuola, di cui è sempre stata entusiasta. “Alla chiusura a giugno era solita contare i giorni che la separavano dalla riapertura a settembre”, dice il padre. Di recente però le cose sono andate storte e qualcosa si è rotto. Nina si è vista costretta a ritirarsi dalla classe quinta del liceo. Una soluzione “tosta e dolorosa”, che la famiglia ha dovuto perseguire per non far perdere alla figlia la possibilità di riprovare ad accedere alla Maturità il prossimo anno. Capiamo il perché.

Il programma differenziato, i genitori non ci stanno

Per gli alunni con disabilità, il Consiglio di classe alle superiori può optare per tre differenti programmi: 1) ordinario, 2) personalizzato con obiettivi minimi (equipollenti), che accompagna lo studente fino all’Esame di Stato vero e proprio, somministrato però con le dovute rimodulazioni e 3) differenziato, che al termine del percorso superiore fa acquisire un attestato di competenze senza alcuna validità. La scuola, per Nina Rosa, ha optato per quest’ultimo, il differenziato. La decisione in realtà era già stata presa dopo le prime settimane del primo anno, ma a quel tempo i genitori avevano accettato, facendo buon viso a cattivo gioco: “Non volevamo metterci in contrasto con la scuola appena arrivati, anche perché ci dissero che il percorso si poteva modificare in qualsiasi momento”.

Gli anni intanto passano e Nina si diverte a scuola, studia e si impegna, facendo progressi e acquisendo competenze. Alla fine del terzo anno, i genitori si convincono che per lei si potrebbe fare un passo in più. Ecco allora che decidono di parlarne con l’insegnante di sostegno: Il lavoro con Nina stava andando in una direzione che non era quella che auspicavamo; così abbiamo chiesto alla scuola di poter mettere in campo una progettualità didattica che portasse a lungo termine nostra figlia al raggiungimento di quegli obiettivi minimi necessari per poter essere ammessa in quinta all’esame di Maturità”.

La madre: “Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”

I genitori si sono fatti affiancare dal dal Ceps di Bologna (Centro Emiliano Problemi Sociali per la Trisomia 21), dall’associazione nazionale CoorDown e dai docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, con l’obiettivo di realizzare un progetto-pilota per Nina e la sua classe. Sembrava andare tutto bene, finché non è arrivato il no definitivo del Consiglio di classe, ai primi di marzo: Il perché è quello che ci tormenta. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”, sottolinea la madre della ragazza al ‘Corriere’.

Alla fine la decisione è stata obbligata: se Nina non fosse stata ritirata da scuola entro il 15 marzo, a fine anno avrebbe ricevuto l’attestato di competenze del programma differenziato, il che significa che se avesse voluto riprovare con la Maturità avrebbe dovuto ricominciare tutto il percorso dalla prima superiore.

La posizione ferma della scuola

La scuola è rimasta ferma sulla propria linea, ancora convinta che per la 19enne sarebbe stato troppo impegnativo e stressante. Il rischio sarebbe stato quello di generare un “senso di frustrazione nella ragazza”, come si legge nella lettera della dirigente.

“È una possibilità che le è stata negata”, commenta Giovanni Lacoppola, referente scuola per CoorDown. “È mancata una visione. Sono tanti i casi. Si dovrebbe lavorare di più tutti insieme per un’inclusione vera che deve proprio partire dalla scuola. Senza un diploma questi ragazzi fanno fatica a essere poi inseriti a livello lavorativo”.

Per i genitori di Nina si tratta di un’ingiustizia: “Se un ragazzino senza disabilità nella vita ha qualche possibilità in più di nostra figlia”, osserva il padre, “allora Nina deve avere un pezzo di carta in più non per stare al passo, ma per avere davvero un’opportunità”. Ecco perché hanno deciso di cercare un’altra scuola disposta a sostenere la 19enne e a offrirle una programmazione personalizzata fino alla Maturità. Per noi è importante che su queste tematiche si faccia un passo avanti, non solo per Nina, ma per tutta la società.

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