
Tra questi c’è un ragazzo di 18 anni iscritto al liceo classico Galileo di Firenze, che ha voluto condividere la sua testimonianza con una lettera dalla grande forza evocativa mandata all’attenzione del quotidiano ‘La Repubblica’, con tanto di citazione leopardiana in calce.
“Ho deciso di prendere parte all’iniziativa di volontariato nel campigiano con l’obiettivo di impegnarmi in prima persona e poter essere di sostegno in qualche modo”.
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La lettera dello studente volontario: “I nuovi angeli del fango sono la ginestra che profuma questo deserto”
“Disperazione e distruzione: non so se mi trovo catapultato su un set di un film fantascientifico oppure se assisto ad una scena post apocalittica. “Non è vero, non può essere”: ci sembra di commentare banalmente quanto si presenta dinnanzi ai nostri occhi, ma laddove viene catturata l’attenzione del nostro sguardo queste sono le uniche parole che spontaneamente escono dalle nostre bocche. L’impatto all’arrivo in piazza Dante è scioccante. Sono luoghi che conosco bene perché vi ho trascorso gran parte della mia infanzia, dove i miei nonni hanno vissuto per molto tempo. Il parco, i giochi, le vie, le abitazioni: niente è più riconoscibile. Fango, macerie, detriti, mobili, vite spazzate via dalla furia dell’acqua.Sono uno studente del Liceo Classico Galileo e, come molti altri ragazzi, ho deciso di prendere parte all’iniziativa di volontariato nel campigiano con l’obiettivo di impegnarmi in prima persona e poter essere di sostegno in qualche modo.
Mi sono diretto verso Campi Bisenzio in mattinata insieme ad un gruppetto di compagni di classe, dal momento in cui la scuola ci ha permesso di aderire all’iniziativa giustificandoci l’assenza in aula. Una catena social la sera precedente ci ha permesso di organizzarci in tempi record. Nel giro di pochi minuti e con pochi scambi di whatsapp abbiamo deciso che volevano essere di aiuto alle tante famiglie alluvionate anche di nostri compagni che vivono in quelle zone. Scesi dalla macchina siamo andati in piazza Dante, centro di ritrovo per i volontari, a seguito di un viaggio reso interminabile dal traffico che aumentava in maniera esponenziale man mano che ci avvicinavamo ai territori alluvionati, arrivando comunque con largo anticipo rispetto a chi ha dovuto ricorrere all’impiego dei mezzi pubblici.
Ci siamo messi immediatamente in coda per ricevere la tuta bianca e qualche indicazione sul da farsi; nel frattempo un nostro compagno armato di pala è stato subito chiamato a dare manforte poiché mancavano attrezzi meccanici. La prima tappa per me è stata la Chiesa del Sacro Cuore, dove abbiamo aiutato il parroco, don Massimo, nostro professore; qui, dopo un impegnativo lavoro di qualche ora al pian terreno e in giardino, abbiamo fatto la pausa pranzo, con il pasto preparato e offerto dai volontari, i quali si occupano di garantire il cibo non solo a noi (altri) volontari, ma soprattutto ai campigiani che sono stati colpiti dall’alluvione. Una pasta al pomodoro che ora per la fame, ora per la fretta, si è fatta mangiare in tempo record e ci ha permesso di tornare a lavoro più carichi di prima. Ci siamo spostati verso le abitazioni ancora invase dall’acqua: ed è in questo cammino nel fango alla ricerca della situazione che mi è stata indicata e a cui prestare il mio supporto, che si è radicata in me ancora di più la sensazione di devastazione, una distruzione dovuta ad una calamità naturale che, mi chiedo, poteva essere evitata?
E intanto i miei pensieri sono accompagnati dallo sciabordare dei secchi pieni d’acqua mista a fango, dal rumore delle assi di legno che vengono accastate sopra i marciapiedi e da quello di pale e vanghe impugnate da tantissimi ragazzi improvvisati manovali che come me stanno cercando di apportare un piccolo contributo. Inutile sottolineare come i luoghi in cui ci troviamo oggi siano incorniciati da una carica di dolore e patimento. Nonostante ciò si respira uno spirito di collaborazione e grande solidarietà che abbraccia volontari e alluvionati: sono numerosi i caffè e i pasti caldi che vengono offerti alle tute bianche quasi battendoli all’asta. Al nostro passaggio, ho percepito negli sguardi degli abitanti fuori dalle loro case devastate, tutta la loro riconoscenza con i tanti urlati “grazie ragazzi”. Commozione e brividi! Laddove la natura sembra aver sfogato la propria indignazione esplodendo con tutte le forze al pari di un vulcano, i nuovi angeli del fango sono la ginestra che profuma questo deserto, e anche se non riesce a coprire l’acre odore del fango, almeno lo alleggerisce; è questa la social catena”
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