matteobortone
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studente scena muta orale

“Ho provato a seguire le regole e ad affrontare la scuola come gli altri ma non ero a mio agio”. Lo studente del liceo Fermi di Padova, che lo scorso 27 giugno si è rifiutato di sostenere l'esame orale di Maturità, in un’intervista al 'Corriere del Veneto', ha spiegato le ragioni della sua protesta.

Il suo gesto ha acceso un faro su un argomento spinoso: il sistema di valutazione scolastico. Ma il giovane non si aspettava così tanto clamore: "Non mi sarei mai immaginato tutto questo, anche perché non sono di certo stato il primo a rifiutare di sostenere l’esame orale di maturità. Già tre ragazze a Venezia lo scorso anno lo avevano fatto".

Indice

  1. La risposta al Ministro Valditara
  2. Il senso della sua scelta
  3. Un problema di competizione (non sana)
  4. Il supporto da docenti e studenti

La risposta al Ministro Valditara

Lo studente ha commentato anche la reazione del Ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che ha proposto una riforma che non permetterà più di fare "scena muta" all'orale come forma di protesta.

La sua replica è decisa: "Sono senza parole. Non c’è alcun dialogo con gli studenti. Sono dell’idea che un problema, che evidentemente esiste, si possa provare a risolvere in due modi: o con il dialogo oppure violentemente. E quella del ministro mi sembra una risposta violenta, per cui sono molto dispiaciuto". 

Il senso della sua scelta

Lo studente risponde anche a chi ha giudicato la sua protesta come sintomo di immaturità. Non ci sta che tutto sia ridotto a questa versione, e spiega il suo punto di vista: "Temo che la mia scelta sia stata travisata per alcuni pregiudizi. Mi è dispiaciuto che la preside del mio istituto mi abbia 'bollato' come uno sfaticato, credo si debba sempre mettersi in discussione. Sono deluso da chi dovrebbe guidarci, dagli adulti, dal fatto che la scuola sia un luogo dove si verificano nozioni e basta. C'è da riflettere su tutto".

Per l’alunno, la sua decisione nasce dalla consapevolezza che "la vita alla fine è una gara, che lo si voglia ammettere o meno. Si viene messi a confronto con tutti e tutto, sempre". Ma la scuola, secondo lui, dovrebbe essere un luogo diverso, "protetto, un luogo in cui si possa crescere tranquillamente".

Un problema di competizione (non sana)

Lo studente, giocatore di rugby, fa un paragone interessante tra lo sport e l'ambiente scolastico. "Esiste una competizione sana, tra pari che si stimano a vicenda. Quella la trovi nello sport. Io gioco a rugby da molti anni e durante gli allenamenti la competizione esiste e può essere fruttuosa".

Ma a scuola la situazione è ben diversa: "Tra i banchi io vedo una competizione che, in qualche modo, condanna le persone e non le porta a sostenersi l’una con l’altra. Agli obiettivi si dovrebbe arrivare tutti assieme".

Una critica amara, ma che fa riflettere: "In questi anni mi è sembrato che i compagni fossero solo il loro voto. Chi andava meglio a scuola e chi otteneva risultati più alti si sentiva superiore e screditava gli altri. Se i ragazzi si comportano in questo modo è perché sono stati spinti dalle istituzioni e da ciò che ci viene insegnato".

Il supporto da docenti e studenti

La sua protesta, però, non è passata inosservata, e in molti hanno preso esempio. E il supporto è arrivato sia da altri ragazzi che, forse inaspettatamente, anche da qualche professore.

"Mi hanno scritto alcuni ragazzi e professori esprimendo la loro approvazione. Questo mi porta a pensare che effettivamente un problema ci sia. E anche grosso".

Lo studente, inoltre, non vuole essere un "faro", ma è dispiaciuto di ciò che ha generato un gesto così semplice: "Il fatto che io abbia espresso un’opinione e abbia fatto scalpore mi dispiace: siamo in una democrazia e dire quello che si pensa dovrebbe essere la base, perché se non si discute non si migliora". 

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