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studenti e docenti contrari allo schwa

I risultati del sondaggio condotto da “La Tecnica della Scuola” sul tema dello schwa nelle comunicazioni scritte a scuola, parlano chiaro: i rispondenti hanno detto in massa "no"; tra gli insegnanti, ben l’87,2% si è detto contrario all’asterisco; anche otto genitori su dieci hanno espresso la loro contrarietà e la stessa percentuale è stata fatta registrare dal personale Ata e dagli studenti.

Per quanto fosse lecito aspettarsi un simile risultato, il dato sorprendente, emerso dal sondaggio, riguarda i partecipanti della Generazione Z che sembrano non essere convinti dello schwa al pari di genitori e docenti. Un chiaro segnale di come la lingua, nell’essere inclusiva, debba allo stesso tempo compiere il proprio ruolo: garantire una comunicazione efficace.

L’on. Boldrini: ”Quando si parla della collettività, cerco di usare maschile e femminile”

Della stessa opinione è anche Laura Boldrini, ex presidente della Camera, ed oggi presidente del comitato della Camera sui diritti umani nel mondo, che ha preso parte alla puntata live della Tecnica della Scuola incentrata sul tema “Lingua italiana oggi: sessista o inclusiva?”. L’onorevole Boldrini ha espresso tutte le sue perplessità circa l’adozione dello schwa nella lingua italiana, scritta e parlata: “Io non so se lo schwa sia il modo più appropriato per raggiungere l’obiettivo dell’inclusività linguistica o se ce ne siano altri: cerco sempre di ripetere il maschile e il femminile quando parlo della collettività, perché non voglio escludere il genere femminile, non voglio escludere le donne”.

Cecilia Robustelli, Accademia della Crusca: ”Se la lingua serve per comunicare, allora troviamo un mezzo che ci permetta di farlo”

Sul tema, l’onorevole Boldrini ha avuto modo di confrontarsi con Cecilia Robustelli, ordinaria di linguistica italiana all’Università di Modena e Reggio Emilia e collaboratrice dell’Accademia della Crusca: “Il problema è che questo scopo nobile dell’inclusività – ha detto la linguista - deve essere perseguito con modalità che la lingua può sopportare, ma la lingua italiana, come anche il francese e lo spagnolo, fa molta fatica a rinunciare alle desinenze grammaticali. Complicare le desinenze all’interno di un testo o di una frase, rende difficile effettuare le concordanze o mantenere la coesione e la compattezza strutturale”. Insomma, a risentirne sarebbe la comprensione del testo che non troverebbe più corrispondenza con i riferimenti logico-grammaticali. La linguista ha poi aggiunto: “La lingua è inclusiva quando permette di parlare di un certo argomento. Quindi attenzione, perché – ha concluso la professoressa Robustelli - se la lingua serve per comunicare, allora troviamo un mezzo che ci permetta di farlo”.