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Non solo studenti, professori e addetti ai lavori a confronto per capire dove può portare l’innovazione tecnologica se applicata in maniera intelligente e costruttiva al mondo della scuola. La settimana dedicata dal Miur al Piano Nazionale della Scuola Digitale è anche l’occasione per fare un bilancio – ovviamente parziale – dei primi dodici mesi di attuazione del programma ministeriale (contenuto nel pacchetto di riforme previste dalla legge sulla ‘Buona Scuola’) con cui il Governo sta tentando di dare una spinta verso il futuro al Paese, puntando proprio sulle nuove generazioni.


Ripensare il modello educativo per riavvicinarsi alla realtà

A fare questo bilancio direttamente il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, intervenuta in apertura dei lavori dell’evento, ospitato dal 25 al 27 novembre nella Reggia di Caserta. L’idea centrale è soprattutto una: con il Piano Nazionale sulla Scuola Digitale si vogliono gettare le basi di una comunità in cui formazione e attività produttive vadano a braccetto. “E’ opportuno innovare la struttura fondamentale del Paese per rispondere a un richiamo internazionale – ha sottolineato il ministro Giannini – per ripensare il rapporto tra mondo della formazione e ciò che si trova al suo esterno; per creare nuovi punti di contatto tra quello che si fa a scuola e quello che si fa nella vita di tutti i giorni”. Per fare ciò, naturalmente, bisogna ripensare anche il modello educativo sui cui viene impostata la didattica, un compito molto complesso che parte dalla scuola dell’infanzia e arriva all’università: “Significa studiare e sperimentare nuovi metodi – continua il Ministro – mettere in campo nuovi contenuti ed avere il coraggio di pensare che l’innovazione tecnologica possa portare all’avanzamento di un nuovo flusso di conoscenze”.

Molti i progetti già realizzati grazie al “coraggio dell’innovazione”

Il Piano Nazionale Scuola Digitale, in base al giudizio del ministro Giannini, ha dimostrato proprio che “attraverso il coraggio dell’innovazione - che sta cambiando anche i contenuti della didattica - si possono fare passi da gigante in tempi piuttosto stretti”. I numeri riportati parlano abbastanza chiaro: un’operazione partita a fari spenti che, dopo un anno dal via ufficiale, vede oltre il 65% dei progetti (in 35 ambiti diversi, teorici e pratici, didattici e infrastrutturali) già realizzati, con circa 500milioni di euro (sul miliardo di fondi stanziati) investiti e in gran parte già spesi. “Da questo momento – ribadisce Giannini - abbiamo la certezza che dal prossimo anno scolastico si potrà procedere con il lavoro senza timori”.

I 3 pilastri della riforma: consapevolezza, competenze, infrastrutture

Tre i pilastri fondamentali individuati dal Miur. Tutto deve iniziare dal miglioramento delle competenze, dare sempre più spazio al pensiero computazionale, ai nuovi linguaggi, per entrare in contatto con queste realtà; un obbligo morale non solo per chi un domani farà i mestieri digitali ma anche per tutti gli altri, per dialogare costruttivamente con le istituzioni, col mondo dell’economia, per conoscere le regole della vita quotidiana di domani. “Il prossimo anno – annuncia il ministro Giannini - tutte le scuole primarie avranno 60 ore obbligatorie di ‘coding’, per tentare di avere tra dieci anni una generazione completamente alfabetizzata dal punto di vista digitale”. C’è poi da potenziare, per ognuno, il proprio curriculum di cittadinanza digitale, per dare la possibilità di capire come usare e come valutare gli strumenti digitali: “Partire dalla conoscenza tecnica per sapere come utilizzare i dati a disposizione”. Da cui, secondo il ministro, discende un’altra priorità: “Formare i professori dal punto di vista digitale". Infine le infrastrutture; l’architettura su cui basare tutto questo lavoro.