Paolo.Ferrara
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È un dibattito che dura da molto tempo quello che vede protagonisti neuroscienziati, psicologici, pedagogisti e insegnanti circa la propensione e lo sviluppo di abilità negli individui. Geni si nasce o si dimentica? E ancora, si nasce con un talento innato per l’apprendimento di una lingua straniera o tutto dipende da fattori culturali e ambientali? Uno studio condotto dal Department of Neuropsychology al Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Leipzig, in Germania, ha dimostrato che lo sviluppo delle abilità in matematica di un individuo può essere dipeso dal volume di materia grigia nel cervello.

Ecco cosa dice lo studio recentemente pubblicato su PLOS Biology, rivista scientifica che ricopre tutti gli aspetti della biologia.

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Prof, non sono portato per la matematica”. È questa una delle frasi più ricorrenti pronunciate dagli studenti davanti a un brutto voto. Ma geni della matematica si nasce o si diventa? Al momento la questione è ancora aperta, ci si interroga infatti su come la variazione genetica potrebbe dare luogo a differenze di abilità matematiche negli individui. Il pensiero più diffuso, infatti, ha da sempre considerato la propensione per la matematica o come un “talentoereditario o come un’abilità sviluppatasi nel tempo grazie a fattori culturali o ambientali. Per colmare questa lacuna di conoscenze, il Department of Neuropsychology al Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Leipzig ha deciso di condurre uno studio sul tema, combinando la genotipizzazione con l'imaging cerebrale in bambini non scolarizzati e senza una formazione matematica. I risultati? Nello studio pubblicato sulla rivista scientifica PLOS Biology, gli scienziati hanno spiegato che “L'abilità in matematica dipende da una complessa interazione tra fattori genetici e ambientali e la variabilità genetica spiega circa il 60% della variabilità comportamentale. Al momento sono state scoperte diverse variazioni associate alle prestazioni matematiche, la maggior parte delle quali si trovano su geni responsabili, tra le altre cose, di codificare alcune proteine nelle cellule del tessuto nervoso. Tuttavia, al momento non si sa ancora molto su come l'espressione di questi geni sia distribuita nelle varie fasi di sviluppo del cervello”.

Dalle teorie ai risultati: c’è correlazione tra volume di materia grigia e abilità in matematica?

Per arrivare ai risultati pubblicati, il team di scienziati ha analizzato la relazione tra diverse varianti e misurato il volume di materia grigia (che riguarda principalmente la presenza di corpi di cellule nervose), in tutto il cervello in un totale di 178 bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni. Infine, ha identificato le regioni del cervello i cui volumi di materia grigia potevano prevedere i punteggi dei test di matematica che i bambini avrebbero avuto in seconda elementare. In questo processo gli scienziati si sono concentrati maggiormente sullo studio delle varianti in ROBO1, un gene che regola la crescita prenatale dello strato più esterno del tessuto neurale nel cervello, che sono associate al volume della materia grigia nella corteccia parietale destra, una regione cerebrale chiave per la rappresentazione dei numeri. Dai risultati si evince che potrebbe dunque esserci una correlazione tra le varianti di ROBO1, il volume di materia grigia nel cervello e l'abilità in matematica. Ad ogni modo, come riportato su ‘laRepubblica’, Melissa Libertus, un’esperta dell'University of Pittsburg, ha spiegato che “è possibile che gli autori del lavoro abbiano osservato l'associazione tra geni, volume di materia grigia e abilità in matematica soltanto perché i bambini che hanno partecipato all'esperimento siano cresciuti in un ambiente in cui sono stati esposti alla matematica fin da piccoli”.

Paolo Ferrara

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