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fonte foto: via Il Corriere della Sera
L'insegnante insegna, l'allievo impara.

Un 'impianto' scolastico secolare, che sta piano piano scomparendo in favore di un approccio all'insegnamento decisamente più progressista.

Ma non nella scuola di Katharine Birbalsingh, dirigente scolastica che di recente si è guadagnata il titolo di preside più severa del Regno Unito. Nel suo istituto, il 'Michaela Community School' di Wembley, infatti, si riga dritto. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: la scuola si è piazzata in cima alle classifiche di tutto il Paese, non solo per i voti dei suoi allievi ma anche per la loro preparazione

Il metodo tradizionale è antiquato, ma funziona

Una scuola, insomma, che riesce a tirare fuori il meglio degli studenti e lo fa con metodi tradizionali, quelli che oggi più di qualcuno vorrebbe accatonare: disciplina, compiti, interrogazioni e voti. In un'intervista, poi riportata da 'Il Corriere della Sera', la docente spiega i limiti di un approccio progressista, in cui il docente ”dà ai ragazzi un obiettivo e si muove tra i banchi ‘facilitando’ l’apprendimento piuttosto che insegnando”.

Secondo la preside, invece, ”l’insegnante più tradizionale si posiziona vicino alla cattedra, gli allievi guardano e ascoltano l’insegnante. L’insegnante ha il compito di guidare l’autobus, se vogliamo, e assicurarsi che ogni allievo rimanga sull’autobus”. La differenza sta nel fatto di puntare tutto sull'apprendimento, invece che sul metodo.

Ma non è tutto qui. A rendere la formula della preside Birbalsingh così rigida sono anche le regole di comportamento. Ad esempio, nei corridoi non si parla: ”Non capisco perché il silenzio è così problematico; significa che da noi i ragazzi si muovo in fretta, arrivano alla lezione successiva senza perdere tempo e hanno più possibilità di studiare”. Guai, inoltre, anche per chi si presenta a scuola senza compiti: i malcapitati devono infatti rimanere a scuola un'ora in più. E a chi l'accusa di portare avanti un metodo oppressivo, la preside risponde provocatoria: ”Vi dico io cos’è oppressivo: finire la scuola senza saper leggere bene, senza conoscere un minimo di matematica, senza cultura e senza aspettative”.

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