
“Sei una ragazza sporca”, “Sei brutta e grassa”. Questi erano solo alcuni degli insulti con cui una dodicenne di Pescara veniva bullizzata da un compagno di classe suo coetaneo. Dalla seconda media, la studentessa è stata vittima di offese pesanti e volgari, che avevano trasformato in un incubo la sua vita scolastica.
Anche solo spostarsi tra i corridoi del suo istituto durante la ricreazione, dava modo ai bulli di prenderla di mira e la scuola, i professori, la preside non hanno mai saputo aiutarla.
Anzi, secondo la Corte d’appello dell’Aquila, l’hanno abbandonata e lasciata da sola ad affrontare le ingiustizie subite.I danni causati dal bullismo
A dodici anni, per colpa del bullismo, ha vissuto la scuola media come una prigione. Ogni mattina, non appena metteva piede nell’istituto che frequentava a Pescara, il cuore le si riempiva di paura e di angoscia. Allora perse 20 chili e fu costretta a cambiare scuola, perdendo un anno. Adesso è una ragazza di 23 anni che, grazie alla terapia e al sostegno psicologico, è riuscita a crescere e a superare i traumi lasciati dagli atti di bullismo subiti. Il supporto, di cui però aveva bisogno a 12 anni, non è mai arrivato da parte della scuola che, secondo la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, ha lasciato che la studentessa diventasse il bersaglio dei bulli. L’istituto è stato quindi condannato a risarcire l’ex allieva e i suoi genitori con ben 60 mila euro.
La sentenza
Vista la negligenza da parte del personale dell’istituto, la famiglia della studentessa ha deciso di fare causa alla scuola. Ci sono voluti ben otto anni di udienze, in cui sono state ripercorse con sofferenza i maltrattamenti subiti dalla ragazza, per emettere la sentenza, che è adesso è ufficialmente arrivata. La sentenza di appello conferma la decisione di primo grado di condannare la scuola, che dovrà risarcire i danni causati dal mancato intervento dei professori, i quali non hanno mai preso provvedimenti immediati o sufficienti ad allontanare il bullo. L’unica azione intrapresa a difesa della 12enne era stata quella di sospendere il ragazzo per una settimana, una decisione che la Corte d’appello ha comunque reputato insufficiente.
Le testimonianze
Le testimonianze degli ex compagni di classe della ragazza si sono rivelate fondamentali per decretare la sentenza definitiva. ‘Il Messaggero’ riporta le parole di una delle amiche della vittima: “Lei piangeva nei corridoi, era esasperata, andai dal preside e disse che avrebbe preso provvedimenti, capì che era a conoscenza del comportamento del ragazzino in classe”. Dopo la sentenza i giudici hanno scritto che: “a nulla rileva l'aver adottato un rigido regolamento scolastico e la sanzione inflitta a carico dei ragazzino solo dopo che la vittima aveva trovato la forza di informare il preside e denunciare l'accaduto. Il compito della scuola era quello di tutelare la minore, adempiendo all'obbligo di controllo e vigilanza prima che si verificasse la situazione di pericolo e non intervenire in un momento successivo”.
Chiara Galgano