refranco
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Habilis
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Concetti Chiave

  • Il duca Gaspare d'Oragua, nonostante la sua natura reazionaria e filoborbonica, sfrutta l'appoggio popolare per essere eletto deputato nel nuovo parlamento italiano, grazie all'aiuto del suggeritore Benedetto Giulente.
  • La famiglia Uzeda, storici detentori del potere in Sicilia, dimostra un'innata capacità di adattamento politico, passando dai borbonici ai liberali per mantenere la loro influenza.
  • Il romanzo riflette il cinismo e il trasformismo politico degli Uzeda, con il potere che rimane nelle loro mani nonostante i cambiamenti politici, evidenziando l'immutabilità della situazione siciliana.
  • De Roberto utilizza ironia e grottesco per esprimere il proprio giudizio sugli eventi, mostrando l'assurdità della folla che acclama un appartenente a una famiglia un tempo odiata.
  • La trama si sviluppa attorno alla complessa famiglia degli Uzeda di Francalanza, coinvolta in lotte di potere e avidità, con personaggi che fanno di tutto per mantenere i loro privilegi.

Indice

  1. L’eletto ringrazia il popolo
  2. La conservazione del potere
  3. Una sintesi di tutto il romanzo
  4. L’ironia e il grottesco di De Roberto
  5. I viceré

L’eletto ringrazia il popolo

Siamo circa a metà del romanzo. Il duca Gaspare d’Oragua, zio degli Uzeda, durante la recente spedizione dei Mille si è guadagnato popolarità e fama di amico del popolo. In realtà rimane un convinto reazionario e filoborbonico, ma l’appoggio popolare gli serve per presentarsi come candidato tra le file dei liberali ed essere eletto deputato nel nuovo parlamento dell’Italia unita. Alla notizia della vittoria nel suo collegio, Gaspare deve affacciarsi al balcone del suo palazzo per salutare la folla accorsa. Non sapendo che cosa dire, si affida al suo suggeritore Benedetto Giulente, un avvocato liberale che spera di essere accolto nella famiglia sposando la giovane Lucrezia Uzeda.

La conservazione del potere

Gli Uzeda, antichi luogotenenti catanesi di Carlo V, sono il tipico casato nobiliare abituato da sempre a detenere e a gestire il potere come se fosse una prerogativa familiare. L’arrivo dei garibaldini sembra mettere tutto ciò in discussione: ma è qui che scatta l’innata capacità di conservazione e di autodifesa propria di una classe abituata a comandare. Il duca Gaspare d’Oragua, zio degli Uzeda, passa infatti con disinvoltura dai borbonici alle file dei liberali e si fa eleggere al parlamento, permettendo alla casata di mantenere intatto il potere. Quando poi, sedici anni dopo, cadrà il governo della Destra storica e si profilerà un nuovo cambiamento politico, sarà il giovane Consalvo a passare alle file della Sinistra, per sostituire lo zio Gaspare a Roma.

Una sintesi di tutto il romanzo

Il potere, insomma, cambia le sue forme, ma resta sempre nelle mani degli Uzeda, come leggiamo nelle parole finali del brano: «Quando c’erano i Viceré, i nostri erano Viceré; adesso che abbiamo il Parlamento, lo zio è deputato!…», rr. 78-79). Questa frase conclusiva, rivolta dal principe Giacomo al figlio Consalvo, ci fornisce una sintesi del significato generale del romanzo. Vi rintracciamo infatti il cinismo di chi è
pronto a tutto per conservare il potere; il senso di superiorità di chi pensa di essere destinato, per natura, a comandare; la celebrazione di un trasformismo privo di ideali; infine la coscienza, definitiva e amara, che in Sicilia nulla cambierà. Nemmeno con un parlamento eletto dal popolo.

L’ironia e il grottesco di De Roberto

Pur rispettando il principio dell’impersonalità, De Roberto lascia trapelare il proprio giudizio sui fatti, caricando l’episodio di ironia e di grottesco. Grottesca, anzitutto, risulta la situazione, con la folla che acclama come un salvatore della patria un esponente di quella stessa famiglia che regnava, odiata dal popolo, fino a pochi mesi prima.

I viceré

La vicenda si svolge fra il 1850 circa e il 1882 e s’incentra sulla grande e ramificata famiglia degli Uzeda di Francalanza, un tempo viceré di Sicilia durante il dominio dello spagnolo Carlo V sull’isola (1516-1556). Intrecciando eventi diversi e complessi, l’autore delinea una ricca galleria di caratteri, colti nell’ambiente sociale dell’aristocrazia catanese di fine Ottocento. Il romanzo si apre con la morte della principessa Teresa Uzeda di Francalanza: l’intera città partecipa alla fastosa cerimonia funebre. Il testamento della nobildonna scatena le liti di figli e parenti. In lotta fra loro sono il principe Giacomo e il fratello minore, il conte Raimondo, equiparati dalla defunta nell’eredità dei beni di famiglia. Ma al complesso gioco per il potere partecipano anche il fratello Lodovico, secondogenito e quindi condannato alla carriera ecclesiastica, e i loro zii, ovvero Gaspare (il potente duca d’Oragua, eletto deputato in parlamento), il monaco don Blasco e la loro sorella, donna Ferdinanda. Tutti gli Uzeda sono accomunati dall’avidità: don Blasco si appropria dei beni dei conventi non appena questi vengono soppressi dal nuovo governo sabaudo; altri, da Gaspare al più giovane Consalvo, figlio di Giacomo, s’impegnano con ogni mezzo, compresa la corruzione, per farsi eleggere al parlamento italiano e conservare così i privilegi della famiglia.

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