Fabrizio Del Dongo
Genius
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Concetti Chiave

  • Il capitolo XIX è centrale nel romanzo "Ettore Fieramosca" di Massimo D'Azeglio, essendo dedicato alla famosa "Disfida di Barletta", che giustifica il sottotitolo dell'opera.
  • La scena si apre con la descrizione del campo di battaglia, un'area accuratamente preparata e situata tra Barletta e l'accampamento francese, attorno alla quale si raduna una folla di spettatori.
  • I protagonisti includono i giudici Fabrizio Colonna, d’Aubigny e Diego Garcìa de Paredes, e i padrini delle squadre Bajardo per i francesi e Prospero Colonna per gli italiani, che orchestrano l'inizio della sfida con un giuramento solenne.
  • La narrazione si focalizza sui duelli individuali, in particolare quello tra Ettore Fieramosca e La Motte, simbolizzando il confronto tra italiani e francesi e sottolineando valori di onore e virtù cavalleresca.
  • La vittoria italiana è infine sancita dal riconoscimento della bravura e cortesia dei combattenti, con un messaggio di patriottismo e onore che risuona anche nelle parole conclusive di don Consalvo de Còrdoba.

Veleno, l’oste

Bajardo, con il compito di padrino della squadra francese

Prospero Colonna, con il compito di padrino della squadra italiana

Fabrizio Colonna, con ruolo di giudice di parte italiana

d’Aubigny, con ruolo di giudice di parte francese

Diego Garcìa de Paredes, con ruolo di giudice di parte spagnola

La Motte

Brancaleone

Ettore Fieramosca

don Diego Garcia

Martellin de Lambris

Fanfulla da Lodi

Jacques de Guignes

Grajano d’Asti

Giraut de Forses

Sacet de Jacet

don Consalvo de Còrdoba

Indice

  1. Preparativi per la Disfida
  2. Arrivo dei Cavalieri
  3. Giuramenti e Provocazioni
  4. Inizio della Battaglia
  5. Scontri Decisivi
  6. La Vittoria Italiana
  7. Riflessioni e Conclusioni

Preparativi per la Disfida

Il capitolo XIX è il più atteso di tutto il romanzo perché esso giustifica il sottotitolo del romanzo, cioè “La disfida di Barletta”.

Esso inizia con la descrizione del campo scelto per il combattimento e degli interventi necessari per renderlo più adatto possibile alla sfida. Esso si trova ad uguale distanza tra Barletta e l’accampamento francese ed ha un’ampiezza di trecento passi circa per lato. Poiché nel tempo il terreno si è ricoperto di ghiaia e di sabbia, è l’ideale per offrire ai cavalli un’andatura sicura. Alcuni uomini, fin dal giorno prima, sono stati mandati a livellare le ineguaglianze del terreno e a delimitarlo con delle grosse pietre e con un solco. All’ombra di imponenti lecci, è sistemata la tribuna dei giudici, sotto un’apposita tenda, davanti alla quali sono stati sistemati i ventisei scudi con altrettante lance ed i nomi dei valorosi prescelti. Dalla campagna circostante, una folla di persone è convenuta per assistere allo spettacolo; mentre le donne e gli anziani sono seduti sull’erba, alcuni ragazzi, si sono arrampicati sugli alberi circostanti. Il panorama è molto bello: a destra si notano le foreste di elci e di altri arboscelli, in secondo piano la città di Corato che si individua facilmente per la porta difesa da una torre addossata alle rocce, dalla parte opposta si ha la spiaggia, il castello e la città di Barletta con in lontananza il ponte e l’isola di Sant’Orsola, mentre all’orizzonte si distingue l’altura del Gargano. Il sole, via via nascente sul mare, dà alla natura un aspetto pittoresco e maestoso ed assomiglia ad un globo di fuoco.

Gli spettatori, tenuti a distanza da un’apposita squadra di soldati, sono raggruppati soprattutto dove i venditori di commestibili e di vino hanno innalzato le loro tende. Fra questi ultimi si nota la presenza di Veleno che, installata la propria tenda sotto alcune frasche, si occupa di friggere, dato che la frittura è uno dei cibi preferiti dei meridionali.

Arrivo dei Cavalieri

All’arrivo dei Francesi, dalla folla sin innalza un forte mormorio. Essi, scendono da cavallo e si sistemano in prossimità della tribuna dei giudici. Intanto, anche gli Italiani stanno arrivando, visto il luccichio delle loro armi che proviene lungo la strada che collega Barletta. Giunti al campo,m scendono da cavallo e si sistemano di fronte ai loro avversari. I due padrini sono rispettivamente Bajardo e Prospero Colonna. A questo punto, lo scrittore spiega il motivo per il quale Bajardo non faccia parte dei tredici francesi prescelti, nonostante il suo estremo valore e coraggio. Il motivo è forse da trovare nel fatto che da tempo esso soffre di febbre malarica.

Giuramenti e Provocazioni

Dopo i saluti iniziali, vengono estratti a sorte i giudici. La sorte privilegia Fabrizio Colonna, d’Aubigny e Diego Garcìa de Paredes. Su di una tavola è posato un Vangelo e su di esso i giurano i 26 cavalieri, impegnandosi a non ricorrere ad inganni, di non ricorrere ad incantesimi e di ricorrere soltanto alle loro virtù e alle forze naturali. Gli Italiani vuotano sul tavolo il sacco contenenti il denaro utile per il riscatto di eventuali prigionieri. Ma i Francesi non fanno la stessa cosa e alla domanda di Prospero Colonna, La Motte, risponde insolentemente asserendo che il denaro italiano basterà, volendo affermare con questo che nessun francese sicuramente sarà fatto prigioniero e quindi non ci sarà bisogno di riscatto. Il Colonna risponde che non deve essere venduta la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. Ovviamente la risposte sprezzante di La Motte fa ribollire il sangue negli Italiani che però non reagiscono, limitandosi soltanto a scambiarsi delle occhiate fulminanti.

Terminati gli atti iniziali, ai valorosi viene accordata mezz’ora di tempo per prepararsi, dopodiché è convenuto che uno squillo di tromba darà il segnale dell’assalto.

Finito un ulteriore controllo del materiale dei cavalli, Prospero Colona invita i combattenti italiani ad essere uniti anche se provenienti da regioni italiane diverse e di sentirsi fratelli in nome dell’onore, della comune tradizione spirituale ed etnica. Incita, tuttavia, i valorosi ad una sola azione: uccidere Grajano d’Asti il traditore scellerato che scenderà in campo a fianco dei Francesi pur essendo italiano. Ettore Fieramosca, sottovoce, dice a Brancaleone che lo ucciderebbe volentieri lui, see non fosse legato ad un voto fatto a Ginevra a ritrovare il marito appena possibile. L’amico gli risponde che se ne occuperà lui personalmente perché sa molto bene dove colpire. Poiché Grajano era l’ostacolo che impediva ad Ettore e Ginevra di essere felici, Brancaleone ha sempre avuto il desiderio di ucciderlo; ora che la donna è venuta a mancare, non abbandona l’obiettivo, perché sostenuto dalle parole di Prospero Colonna. Il testo continua con la descrizione della folla sempre più silenziosa man mano che si avvicina l’inizio e con quella dell’uomo armato nonché dei cavalli, anch’essi impazienti di iniziare. Sugli scudi, gli Italiani hanno fatto scrivere delle frasi degne dell’occasione; quello di Ettore riporta il motto “Qui possit pateat saltem nunc Itala virtus” (= Almeno ora appaia quanto il valore italiano è in grado di compiere).

Inizio della Battaglia

Trascorsa la mezz’ora un araldi giunge in campo e dà tre squilli di tromba. È il segnale che la sfida ha inizio.

I cavalieri di entrambi le parti, separati da circa centocinquanta passi da correre per incontrarsi,m allentano le briglie, levando il grido “Viva l’Italia”, da una parte e “Viva la Francia”, dall’altra. Nel campo si leva una polvere sempre più densa che impedisce agli spettatore di vedere e si sente il rumore delle lance che si spezzano contro gli scudi dell’avversario. Era visibile soltanto quanche piuma strappata dagli elmi e portata via dal vento. Nella vallata si ode il frastuono e viene notato soltanto Diego Garcia che si percuote la coscia con il pugno in segno di rabbia per non essere anch’esso fra i valorosi. Spezzate le lancia, i combattenti passano all’uso delle spade e la descrizione riporta solo rumori metallici e luccichii. Ad un tratto, dalla mischia esce un cavallo al galoppo senza cavaliere, con le briglie mezze lacerate ed una larga ferita dietro le spalle. Dopo molti passi, l’animale cade sfinito e viene riconosciuto come essere di parte francese. Fra gli episodi spicca quello dell’uccisione di Martellin de Lambris, il francese che aveva perso il cavallo. Fanfulla gli si trova vicino e con la lancia lop getta a terra dopo averlo colpito alla visiera. Martellin, però, si rialza, ma Fanfulla, con il suo tipico impeto, lo colpisce di nuovo con la spada, precisando che i denari non basteranno. Il francese cerca di alzarsi in ginocchio, ma un ultimo colpo dell’italiano lo stende a terra definitivamente. A questo punto un re d’armi dichiara che Martellin è fatto prigioniero: esso viene aiutato ad alzarsi e condotto davanti a Prospero Colonna. Dopodiché, egli si stende muto ed immobili, ai piedi una quercia. Fanfulla, rientra nella mischia e facendo roteare la spada come solo lui sa fare, chiama La Motte per nome, ricominciando a cantare la beffa de “i denari sono pochi”. Prospero Colonna pur nella sua austerità si lascia andare ad un sorriso.

Scontri Decisivi

Nel tempo impiegato da Fanfulla a battere Martellin, da parte sua Ettore Fieramosca con la lancia fa perdere le staffe a La Motte, ma non riesce a disarcionarlo. Inoltre invidioso dell’onore riportato da Fanfulla, egli cerca in tutti i modi di vincere colui che la sera della cena aveva tanto offeso gli Italiani. Nello scontro, Ettore viene ferito ad una spalla, ma, nonostante questo e con l’aiuto del cavallo, egli riesce a riprendere il vantaggio sul nemico. È evidente che lo scontro fra Ettore e La Motte, i migliori cavalieri delle due parti, se non decisivo della battaglia, almeno si configura come decisivo dell’onore. Per alcuni minuti, essi restano soli, senza che nessuno intervenga in loro soccorso, sia perché Ettore era ritenuto da tutti capace di farcela, sia perché da parte Francese si vuole evitare che si pensi che La Motte non sia in grado di affrontare il nemico con le sue uniche forze. Per questo motivo, lo scrittore interviene per sottolineare che lo scontro fra i due può essere considerato un alto esempio di arte cavalleresca. Diego Garcia de Paredes, non può stare più in sé, si alza in piedi e si porta sul ciglio del campo, tutto preso dal rammarico di poter essere solo uno spettatore. Invece, Fanfulla si fa avanti, con la spada in alto si stringe contro La Motte, ma Ettore interviene bruscamente per allontanarlo, gridando con rabbia che per vincere La Motte è sufficiente lui e non ha bisogno di nessun altro. Fanfulla reagisce violentemente e volgarmente alle parole di Ettore e preso dalla collera si getta come un pazzo fra i nemici, creando, come al solito, un grande scompiglio.

Per quanto riguarda Brancaleone, fin dall’inizio egli ha preso di mira soltanto Grajano, come si era proposto e i risultati sono identici. Infatti se, venuti all’uso della spada, Brancaleone è superiore per maestria e forza, Grajano sa calcolare bene il tempo ed è sempre in anticipo sull’avversario. A questo punto, poiché la sfida durava da un’ora e mezzo, si capisce che sia gli uomini che i cavalli hanno bisogno di momento di sosta che viene concesso da un suono di tromba. Da parte francese, si registra un prigioniero e molti feriti e malmenati per cui coloro che avevano scommesso sui francesi ora cominciano ad avere qualche dubbio. Bajardo ha troppa esperienza per non accorgersi come sta andando la sfida, ma non dimostra tale sospetto e continua ad infondere coraggio nei suoi compagni.

Da parte italiana, invece la situazione è migliore e gli sfidanti italiani, non avendo necessità di molto riposo, dopo mezz’ora esatta chiedono di riprendere la sfida. È ormai opinione comune che la vittoria sarà decida in poco tempo per cui l’accanimento dei combattenti cresce a dismisura. Le piume, le gale ed i vari ornamenti sono ormai ridotti a brandelli, sono volati via o caduti nel fango e calpestati. Anche la tracolla blu che Ginevra aveva confezionato per Ettore è stata tagliata da un fendente nemico. Con la ripresa della lotta, Ettore riprende il combattimento con La Motte, Fanfulla si trova di fronte a Jacques de Guignes, mentre Brancaleone continua la sua battaglia con Grajano. Ad un tratto fra la folla si innalza un grido: Grajano è stato ferito e il sangue cola a catinelle imbrattando anche tutto il suo cavallo. Quando rotola a terra con un rumore di ferraglia Brancaleone inneggia all’Italia e precisa che è così che i traditori devono essere trattati. La caduta di Grajano, rende gli Italiani più accaniti. Infatti, Ettore raddoppia la forza dei colpi contro La Motte, lo percuote sul collo ed afferrandolo per le cinghie che reggono il petto della corazza, lo disarciona. In un lampo , Ettore si getta su di lui. Avrebbe potuto essere ucciso se non fosse intervenuto Bajardo per dichiararlo prigioniero. Dopo la vittoria su La Motte, Fieramosca vuole risalire a cavallo, ma l’animale è scomparso perché gli è stato preso da Giraut de Forses il quanto il suo era morto. Ettore capisce che soltanto a piedi non può combattere, ma non si perde di coraggio; battendo i piedi per terra come quando deve dare la biada all’animale, fa si che il cavallo venga verso di lui. Giraut de Forses cerca di impedirglielo, ma l’animale impennandosi, porta il suo cavaliere fra gli Italiani che lo fanno prigioniero senza colpo ferire. Fieramosca, da gentiluomo, lo libera dicendo che i prigionieri si fanno combattendo, non con l’imbroglio. Da parte sua il francese resta molto meravigliato e dice che se non si arrende alle armi degli Italiani, si arrende alla loro cortesia e se ne va a deporre la spada ai piedi di Prospero Colonna. Allora tutti riconoscono la cortesia e la saggezza sia di Ettore che del suo nemico francese.

La Vittoria Italiana

Per quanto la parte francese sia ridotta a nove unità e quella italiana sia ancora integra, i Francesi disarcionati si serrano uno con l’altro, ponendo ai lati i quattro uomini ancora a cavallo e così disposti riprendono a combattere. La difesa dei Francesi così schierati è strenua. È il momento più drammatico e spettacolare dello scontro di cui lo scrittore, come in un film, riesce a rappresentare la rapidità, l’irruenza e la ferocia dei valorosi italiani e la difesa disperata di quelli francesi, Dei quattro prodi francesi a cavallo, uno cade e si difende a piedi, due sono stati disarcionati ed i loro cavalli uccisi, mentre il quarto è stato fatto prigioniero. Ettore grida che i Francesi si arrendano e si dichiarino prigionieri, ma essi negano di aver ormai perso e continuano imperterriti a combattere in tutti i modi, in mezzo ad un turbine di polvere. L’esempio di Fieramosca è seguito anche da altri prodi che sospendono l’attacco. Gli spettatori fanno lo stesso e rotti gli ordini si fanno sempre più vicini ai combattenti che sono rinchiusi in un cerchio sempre più stretto. Da parte sua, anche Prospero Colonna , dopo essersi fatto largo fra la folla, interviene per indurre i Francesi ad arrendersi. Lo stesso Bajardo, considerando inutile la perdita di altre vite umane grida che i suoi si consegnino prigioniera, ma la sua voce resta inascoltata. Allora, i giudici scendono in mezzo alla folla e dichiarano vincitori gli Italiani, ma i Francesi continuano a cercare di difendersi, pur feriti e con tanto dolore da sopportare. Alla fine don Diego Garcia scende in campo e afferra Sacet de Jacet che cerca di togliere l’arma a Brancaleone e lo tira fuori dalla mischia e il suo esempio è seguito da molti spettatori.

Riflessioni e Conclusioni

Al termine del combattimento, Ettore scende da cavallo e corre da Grajano che giace immobile nerl luogo dov’è caduto. Gli si inginocchia accanto, gli solleva la testa con delicatezza e con molta cura gli toglie l’elmo. Ma Grajano è ormai morto e rivoltosi a Brancaleone, che tiene ancora in mano l’arma insanguinata con cui ha ucciso il traditore, dice al suo amico che oggi egli ha compiuto un grande atto di giustizia. Tuttavia non si può godere della vittoria perché il sangue versato è pur sempre sangue italiano. Nelle sue parole si riassumono i caratteri di tutta la letteratura patriottica del Risorgimento.

La sera stessa, il cadavere di Grajano è seppellito vicino ad un torrente, lontano dalla città perché il popolo non permette che cesso sia tumulato sul sagrato della chiesa. Da allora tale luogo viene chiamato Passo del traditore.

I Francesi fatti prigionieri non intendono pagare il riscatto e seguono a piedi i vincitori fra la folla che inneggia all’Italia e ai Colonna. Giunti alla rocca, essi sono presentati a don Consalvo de Còrdoba.

Nel suo discorso, egli afferma saggiamente che la vittoria delle armi può variare di campo da un giorno all’altro e che occorre imparare a onorare il valore ed il coraggio da qualsiasi parte esso si trovi, poiché esso è stato distribuito da Dio a tutti e non è un appannaggio della Spagna. Conclude affermando che il vero coraggio è sempre unito alla modestia. E con queste parole, i valorosi con i loro prigionieri sono congedati.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il contesto della "Disfida di Barletta"?
  2. La "Disfida di Barletta" è un evento centrale del romanzo, ambientato in un campo di battaglia tra Barletta e l'accampamento francese, preparato per un duello tra cavalieri italiani e francesi.

  3. Chi sono i protagonisti principali della sfida?
  4. I protagonisti principali includono Ettore Fieramosca per gli italiani e La Motte per i francesi, con altri cavalieri e giudici come Prospero Colonna e Bajardo che svolgono ruoli significativi.

  5. Quali sono le dinamiche iniziali tra le due squadre?
  6. Le dinamiche iniziali vedono tensioni tra italiani e francesi, con giuramenti di lealtà e provocazioni, come l'insolente risposta di La Motte riguardo al riscatto dei prigionieri.

  7. Come si sviluppa la battaglia tra i cavalieri?
  8. La battaglia inizia con un assalto dopo un segnale di tromba, con scontri violenti e strategici tra i cavalieri, culminando in duelli decisivi come quello tra Ettore Fieramosca e La Motte.

  9. Qual è l'esito finale della disfida e le sue implicazioni?
  10. La disfida si conclude con la vittoria italiana, nonostante la resistenza francese. La vittoria è celebrata, ma accompagnata da riflessioni sulla giustizia e il valore del coraggio, indipendentemente dalla nazionalità.

Domande e risposte

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