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santi francesi scuola AITra gli artisti di maggior rilievo dell'ultimo anno, i Santi Francesi meritano una menzione speciale. Dopo la vittoria di X Factor il successo non è tardato ad arrivare per il duo torinese, composto da Alessandro De Santis e Mario Francese.

fonte foto: via Instagram

I due si sono recentemente raccontati alla giornalista de 'La Stampa', Simonetta Sciandivasci. L'esperienza ad X-Factor 2022, i consigli alle nuove generazioni, i pericoli derivanti dall'intelligenza artificiale: i Santi Francesi in una versione inedita.

I Santi Francesi a 'tutto campo': dall'AI ai voti scolastici

Circa le novità introdotte dall'intelligenza artificiale, i due musicisti si dichiarano affascinati pur ammettendo la presenza di seri dubbi e timori. “Abbiamo saputo che esiste un software capace di produrre delle canzoni e questo da artisti per certi versi ci spaventa. C’è un senso di disumanizzazione che fa paura, ma non possiamo pensarla come sostituzione della mente umana o dell’emozione. Siamo certamente favorevoli, se ci aiuta a facilitare la vita, ma oltre spaventa un po’. Credo che in campo artistico servano ancora molto il cervello e sentimenti umani. Per contro non è giusto guardarla solo con ostilità”. Dunque, secondo loro, l’utilizzo dell’AI rappresenta sicuramente una risorsa ma ciò non deve 'sporcare' le dinamiche artistiche.

Per quanto riguarda il tema dell’ansia in riferimento a una performance, invece, ricollegabile alla pressione che spesso avvertono anche i giovani a scuola, e poi alla tensione provata durante quest’edizione, aggiungono: ”Rispetto alla gara inizialmente abbiamo vissuto male la competizione, anche perché applicare dei voti all’arte sembra assurdo. Quando però ci siamo trovati direttamente coinvolti, abbiamo capito che alla fine ciò che conta è esibirsi sul palco. Anche la sera della finale avevamo solo voglia di esibirci. E alla fine gli altri concorrenti sono diventati degli amici e sono nate anche delle collaborazioni”. Ecco come il duo consiglia agli studenti di vivere e percepire la propria vita scolastica, senza proiettarsi quindi direttamente verso il raggiungimento di un buon voto bensì pensando solamente all’ “esibizione in corso d’opera”.

Appurato che i giovani non leggono i giornali, l’intervistatrice ha chiesto loro ”Dove sbagliamo noi giornalisti? Cosa o come dobbiamo fare i giornali per farsi leggere?”. La risposta è stata chiara e, perché no, anche rasserenante: ”I giornalisti devono continuare a fare quello che fanno nel miglior modo possibile. Non è colpa vostra. Siamo noi giovani che non leggiamo, soprattutto i giornali di carta. Diverso è invece il rapporto con quelli online. Ci piace, anzi, da artisti che lavorano con le parole, cogliere la chiave di scrittura con cui un giornalista si pone. La verità è che sono semplicemente cambiati i modi di comunicare”.

Marika Ruffini