
La notizia è stata riportata da 'La Stampa'. La ricercatrice ha raccontato del suo percorso, soffermandosi poi sul processo creativo dietro il suo lavoro, curiosamente tanto simile a quello dell’artista.
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Il percorso di Cristiana de Filippis
Nata a Bari 31 anni fa, Cristiana de Filippis è cresciuta a Matera, luogo che ancora porta nel cuore. L’amore per i numeri è da ricondurre alla tenera età, ovvero al periodo delle elementari: “Lo interpretavo come un gioco, mi piaceva molto, non mi pesava. Quando ho saputo che ci potevo anche lavorare, ho deciso che era la mia strada”.Il percorso di formazione di Cristiana è illuminato dalla buona stella del successo: cento e lode al liceo scientifico Alighieri, centodieci sempre con lode alla Statale di Torino, e lo stesso massimo risultato per la magistrale presso la Bicocca di Milano nel 2016. Una tripletta d’oro. E allora perché fermarsi? E infatti Cristiana non si ferma e mette in fila ancora una tappa dopo un’altra: una internship all'Inria Sophia Méditerranée, nel sud della Francia, il dottorato al Mathematical Institute di Oxford, gli inviti a parlare a Cambridge e ora un ufficio da ricercatore, al Dipartimento di Scienze Matematiche, Fisiche e Informatiche dell'Università di Parma.
Ma come mai proprio Parma? “Perché mi sono accorta che in Italia il livello della ricerca è altissimo”, spiega la ricercatrice, “e ora che l'ho toccato con mano, ne sono ancora più convinta”.
Il lavoro della ricercatrice: "Le idee brillanti sono quelle che ti vengono dopo anni che non succede niente"
Come racconta 'La Stampa', riportare i motivi per cui Cristiana de Filippis ricopra un ruolo tanto importante e onorevole all’età di soli 31 anni è un’impresa per nulla facile, comprensibile quasi esclusivamente dagli iniziati che condividono con lei gli studi matematici. Per cui ecco le sue ricerche riportate testualmente: “La teoria classica di Schauder è vera per equazioni che sono uniformemente ellittiche. La stessa cosa, non è vera nel caso di funzioni non uniformi. Collaborando con il professor Mingione, che è un luminare, ho provato a indebolire un pochino da un lato ed espandere parecchio dall'altro, con alcune tecniche di teoria del potenziale non lineare. Mi ero accorta di un certo matching tra certi parametri. Ho fatto tanti tentativi, ma non mi veniva, maledizione. Allora, ho iniziato a pensare a un altro problema, che pure non mi veniva, ma almeno mi sono accorta perché non funzionava. Sono ritornata sul primo e, alla fine, forse ho trovato la soluzione”.Ci troviamo invece su un terreno un po' più comune per quanto riguarda la metodologia che ha condotto la ricercatrice ai suoi risultati. Ad ascoltarla sembra quasi di sentire il discorso di un'artista, di una scrittrice alla ricerca dell’idea o della metafora giusta: “Qui il punto non è finire la giornata, ma finire la dimostrazione. È qualcosa che ti rimane in mente e circola lì. Dipende sempre un po’ quanto ti prende la cosa. Per alcuni, quando è finita la giornata è finito anche il teorema. Io cammino con la testa tra le nuvole, penso al conto che non mi esce e che mi ossessiona da due o tre settimane. Poi, ogni tanto cerco anche di guardare dove metto i piedi”.
Per sua stessa ammissione si tratterebbe infatti di un’occupazione “in effetti un po’ totalizzante” in cui “bisogna avere visione, capire cosa è vero e cosa no. Le idee brillanti sono quelle che ti vengono dopo anni che non succede niente, sono frutto di tanto lavoro precedente, fatto con indipendenza, creatività e il coraggio di pensare con la propria testa”.